Fabio Pavesi, Il Sole 24 Ore 16/5/2012, 16 maggio 2012
IL CONTO DI ATENE AL TAVOLO DI FRANCIA E GERMANIA
La miopìa dell’Europa a guida germanica nell’imporre austerità e rigore alla Grecia ha già avuto un costo salatissimo. Quello politico è di aver radicalizzato e rafforzato le posizioni dei fautori di un’uscita dall’euro; quello economico è tutto scritto nei bilanci delle banche di tutta Europa e di conseguenza nella continua caduta dei prezzi dei titoli del credito.
Solo per stare alle banche elleniche, il prezzo dello stillicidio greco ha pesato per 28 miliardi di euro. Sono le perdite messe a bilancio dai primi 5 istituti per lo swap sui titoli governativi in portafoglio. Ventotto miliardi sono una cifra colossale, dato che le varie National Bank of Greece, Piraeus Bank, Alpha Bank, Ate Bank ed Efg capitalizzano oggi tutte insieme un decimo di quei 28 miliardi. Banche zombie direbbe qualcuno. Chi mai metterà mano al portafoglio per iniettare soldi freschi per un valore dieci volte tanto il prezzo di mercato delle banche di Atene? Il Governo, tramite il pacchetto di aiuti internazionali, che può svanire di colpo se la Grecia uscirà dall’euro? I privati? Coloro cioè che hanno già visto un taglio di due terzi nel valore dei vecchi bond greci? Non pare proprio.
Perdite per 80 miliardi
Ma il conto non si ferma certamente alla Grecia. I creditori privati (in gran parte banche) avevano in pancia 200 miliardi di bond ellenici. Tolti i 50 miliardi detenuti dalle prime banche greche e i 50 miliardi in pancia alla Bce restavano prima dell’approvazione dello swap 100 miliardi appannaggio di banche europee e americane. Lo scambio con i nuovi bond di Atene ha significato perdite per circa il 70% del valore dei vecchi titoli: in soldoni tolte le grandi banche Usa, gli istituti europei hanno incamerato perdite per almeno 50 miliardi. Sommateli alle perdite subìte dalle banche sotto il Partenone e il sacrificio chiesto al sistema bancario del Vecchio continente vale finora 80 miliardi.
Ma questo è il passato. Se domani Atene decide di lasciare la moneta unica anche i nuovi bond rischiano di diventare carta straccia e allora il conto finale pagato all’agonia ateniese può giungere ad almeno 100 miliardi.
E i segni della ferita greca nei conti bancari sono tuttora visibili. L’altroieri il Credit Agricole ha di nuovo ripulito le scorie greche. Tra la svalutazione dei bond e gli accantonamenti per la banca greca Emporiki, di cui la banca francese detiene una quota di capitale, il prezzo pagato nel primo trimestre è stato di 940 milioni di perdite.
Ma il fardello per le banche del prezzo pagato all’agonia di Atene pesa ormai da molto tempo. L’ipotesi sempre più accreditata di un’uscita dalla moneta unica ha visto sia lunedì che martedì la picchiata dei titoli bancari in tutta Europa.
La crisi delle banche Ue
E ad andare a ritroso si scopre che da inizio 2010, dall’avvio della crisi ellenica, le banche di Atene hanno azzerato di fatto il loro valore con perdite tra il 90% e il 97%. I due big spagnoli (Santander e Bbva) hanno dimezzato le quotazioni in soli due anni e mezzo. Ancora più pesante il bilancio per Intesa Sanpaolo (-65% da inizio 2010) e UniCredit con un sonoro -82 per cento. Ovvio che per l’Italia conti il forte peso specifico delle banche sul listini e quindi se si vende Italia, si vendono in primis le banche.
Bruciati 270 miliardi
Ma anche la solida Germania paga dazio all’insistita agonia di Atene: Deutsche Bank lascia sul terreno dall’inizio della crisi greca ben il 35% del suo valore, mentre per Commerzbank la caduta è del 68% a fronte di un Dax positivo per il 3%. E il terzetto britannico (Lloyd’s; Barclays e Rbs) vede perdite per un terzo del valore contro l’indice che perde solo il 4 per cento. L’effetto domino per le banche di tutta Europa in realtà c’è già stato. E se si guarda all’indice bancario dello Stoxx600 si scopre che da inizio del 2010 sono stati bruciati 270 miliardi di capitalizzazione. In buona parte sull’altare di Atene e della miopìa della Merkel.