Mario Margiocco, Il Sole 24 Ore 15/5/2012, 15 maggio 2012
I RINVII ALLA LEGGE IMPOSTI DALLE LOBBY
Chi si sente più tranquillo perché ieri la Casa Bianca ha difeso la necessità di una riforma finanziaria, cosa evidente anche prima del caso JPMorgan, dovrebbe considerare forse alcuni aspetti, non sempre narrati come meritano. Partendo da quanto ha detto mercoledì scorso deponendo davanti a una commissione del Congresso l’ex presidente della Federal Reserve, Paul Volcker, 84 anni, che alla riforma finanziaria ha legato il suo nome con il noto ormai Volcker rule, la norma che proibirebbe operazioni di trading in proprio da parte di banche garantite dal denaro pubblico.
«Potrei raccontarvi per un giorno intero storielle di che cosa stanno facendo i lobbisti per rendere il tutto più complicato», ha detto Volcker ai senatori della Commissione bancaria. La strategia per far fallire una riforma già di suo non particolarmente dura, ma comunque utile come la legge Dodd-Frank firmata da Barack Obama nel luglio 2010, si è articolata su tre fronti: lentezza del provvedimento, che in gran parte è ancora inapplicato e nemmeno scritto, nelle norme attuative; ampio spazio ai lobbisti per scrivere queste norme; ampia possibilità di rinvii e di «casi particolari», formula che, cautelava l’ex senatore democratico Ted Kaufman, significa scappatoie, poter fare in pratica quello che la legge proibisce in teoria.
La legge di riforma, in realtà, c’è o non c’è? Non c’è, anche se il presidente Obama nel suo discorso sullo stato dell’Unione del gennaio scorso l’ha indicata fra le grandi realizzazioni del primo mandato.
Quello da lui firmato ormai quasi due anni fa è un quadro d’insieme, non un provvedimento applicabile. Il 67% delle scadenze per la preparazione dei testi definitivi è stato mancato, e solo il 27% dei quasi 400 testi definitivi è pronto: questo dice il progress report sulla Dodd-Frank dello studio legale DavisPolk, nella sua ultima edizione del 1 maggio.
La novità portata dal caso JP Morgan e dalle sue perdite subite con i cds, i più pericolosi fra i derivati protagonisti centrali della crisi finanziaria del 2007-2008 e delle scommesse sulla bolla immobiliare americana, è di tipo più politico ormai che finanziario. Si sapeva benissimo che Wall Street, e altri, continuavano le partite ad alto rischio tipiche del decennio scorso, Il caso JP Morgan ha provato che lo faceva anche, maldestramente, la migliore delle banche, quella uscita meno acciaccata dalla Grande Crisi.
La politica deve, dovrebbe muoversi. Obama dice che ha agito, ma onestamente i risultati ancora non si vedono. Nemmeno, come conferma DavisPolk, sulla carta, a volte. Lo sfidante repubblicano Mitt Romney, come noto, segue la linea che il mercato non sbaglia mai se non marginalmente, attribuisce la responsabilità del 2007-2008 in modo sproporzionato a Washington e poco alle grandi banche, e quindi la Dodd-Frank dovrebbe morire. Un infanticidio. Ed essere sostituita da norme «di buon senso».
Può darsi che il caso JP Morgan aiuti ad accelerare i lavori e a riportare i testi della legge a proporzioni e complessità gestibili. Ma per ora sui tre grandi passi avanti che la legge prometteva di fare solo uno resta credibile. Ed è quello che sottopone a controllo l’enorme e pericoloso shadow banking, prima battitore libero. Gli altri due pilastri sono la Volcker rule e la normativa sui derivati.
La Volcker rule, che vuole impedire in definitiva alle banche di mettere a rischio con le operazioni in proprio i depositi dei clienti costringendo la mano pubblica a salvarli, sembra destinata ad entrare in vigore non fra due mesi come previsto, ma fra due anni, secondo gli ultimi orientamenti della Federal Reserve. Va ancora «studiata».
Sui derivati il nocciolo della questione era limitare severamente i contratti otc, over the counter, cioè a trattativa privata, senza registrazione. La Sec ha concesso recentemente per alcune categorie di utilizzatori enormi franchigie, spostando l’assicella da un massimo di 100 milioni a uno di 8 miliardi, voragine attraverso cui può passare moltissimo.
Gli Stati Uniti sono in una campagna elettorale all’ultimo voto e il caso JP Morgan ha ricordato che la partita delle nuove regole finanziarie non è né completata, come dice Obama, né pressoché inesistente, come dice Romney. E questo accade forse perché, per le spese elettorali di entrambi, i contributi di Wall Street sono così importanti?