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 2012  maggio 15 Martedì calendario

L’EURO È A RISCHIO, SI SALVI CHI PUÒ


L’euro rischia di non esistere più. L’area della moneta unica non è mai stata vicina a spezzarsi come in queste ore, schiacciata ormai con evidenza dal peso del rigore di Angela Merkel. Nell’Eurogruppo di ieri sera – e probabilmente anche nell’Ecofin di oggi – la tensione è sembrata altissima, e la sensazione era che la Grecia possa rappresentare la falla attraverso cui fare naufragare l’intera barca dell’euro. I Paesi del vecchio Continente ormai non riescono più a sopportare il peso del rigore e il buio totale non solo sul prossimo, ma anche sul remoto futuro. La musica è la stessa in larga parte d’Europa. In Grecia sono stati massacrati i partiti che si erano uniti nel governo voluto dalla Merkel, ed è probabile che il fallimento di ogni trattativa per la formazione del nuovo governo porterà quel paese (attraverso nuove elezioni) all’uscita dalla moneta unica. Nelle amministrative italiane il copione è stato lo stesso: punite duramente – chi più chi meno, ma tutte – le forse politiche che sostengono il governo Monti, ancella vivente del rigore voluto dalla Merkel. Ha perso Nicolas Merkozy in Francia, e nonostante le rassicurazioni della vigilia, il nuovo presidente Hollande sembra intenzionato a rimettere in discussione il fiscal compact che incombe minaccioso su tutta Europa. In Olanda il premier Mark Rutte ha dovuto gettare la spugna proprio per la mancanza di una maggioranza parlamentare sull’approvazione delle misure di austerità imposte dai tedeschi. Si voterà a settembre e anche lì è attesa una messe di voti per la destra no-euro. Il 31 maggio prossimo l’Irlanda voterà il referendum sul fiscal compact, e ancora una volta l’area dell’euro potrebbe essere messa a rischio dalla scelta di quel Paese. Domenica anche le elezioni nella più grande regione tedesca hanno dato una lezione sonora alla Merkel, indebolendo ulteriormente il politico a cui è più legata l’immagine dell’eurozona attuale.
Se si mettono in fila tutti gli avvenimenti, è sempre più chiaro che appena si chiede ai popoli un giudizio sulla moneta unica, il pollice è radicalmente verso. Finora si è fatto di tutto per non sottoporre al giudizio dei popoli la moneta unica. Ma sarà sempre più difficile evitarlo. Sta accadendo per l’euro un po’ quel che è accaduto con i costi della politica in Italia: i difetti ci sono sempre stati, ma per gli elettori diventano insopportabili solo quando non si vede più alcun beneficio.Sei politici fanno crescere un Paese, lo fanno stare meglio e lo rendono più ricco, nessuno si chiede quanto costino. Se accade il contrario, quello diventa il problema principale.
Il beneficio della moneta unica è stato quello di stabilizzare le economie del vecchio Continente, tenere a bada l’inflazione (che in effetti per dieci anni è stata mediamente del 2%), abbassare il costo del denaro, in modo che tutti potessero accedere a finanziamenti senza torcersi il collo. Beneficio per le imprese che dovevano fare investimenti, ma anche per i singoli cittadini (ad esempio con i costi del mutuo casa). Stabilità, inflazione bassa, denaro a disposizione di tutti a basso costo e quindi competitività aumentata, Pil in crescita. Queste erano le promesse dell’euro, questo in effetti è avvenuto (sia pure con le distorsioni del change over in Italia) per alcuni anni. Poi la magia si è spezzata. E nessuno di quei capisaldi è più in piedi: la stabilità è una barzelletta, l’inflazione è cresciuta, il costo del denaro è aumentato, la sua disponibilità si è ridotta fino alla scomparsa. Questo fallimento di fatto è aggravato dalle politiche di rigore dell’eurozona, che più vengono applicate, più peggiorano la situazione. Procedendo su questa strada anche tecnicamente la dissoluzione dell’eurozona inizia a non essere più considerata un’eresia. Uno studioso di valore (che ha avuto anche esperienza politica e di governo) come il professor Paolo Savona solo qualche mese fa considerava impossibile l’ipotesi per l’Italia, che avrebbe aggiunto danni a danni ormai subiti. Viste le politiche applicate dalla religione del rigore professata dalla Merkel e di cui Monti è stato fedele discepolo, anche Savona (vedasi intervista di oggi a Libero) sembra invertire la considerazione: solo svolte radicali in politica economica possono blindare la convenienza dell’Italia a restare nell’eurozona. Altrimenti sarebbero più numerosi gli svantaggi dei vantaggi. Attenzione, dice Savona: la svolta deve evitare qualsiasi ricetta di inasprimento fiscale. E – dice il professore – quella patrimoniale tanto cara al Pd e alla sinistra italiana sarebbe «l’ultima eresia prima del completo suicidio della politica e dei tecnici». Una novità però c’è: la Merkel e il rigore dei tedeschi oggi sembrano in minoranza in Europa. La filosofia dell’eurozona potrebbe essere rivoltata come un calzino. Ha un governo forte in Francia per farlo, servirebbe un governo vero anche in Italia, la Spagna non si tirerebbe indietro, Olanda e Irlanda potrebbero essere della partita. Se si vuole salvare l’euro, la prima cosa da fare è allontanare il peso tedesco che lo sta spezzando.

Franco Bechis