Jenner Meletti, la Repubblica 15/5/2012, 15 maggio 2012
Padova, un giorno a scuola con gli aspiranti imam – PROPRIO come a scuola. L´imam-docente sta salmodiando il Corano, nella sala convegni di un hotel 4 stelle in zona fiera, e il cellulare di un imam-scolaro si mette a squillare senza sosta
Padova, un giorno a scuola con gli aspiranti imam – PROPRIO come a scuola. L´imam-docente sta salmodiando il Corano, nella sala convegni di un hotel 4 stelle in zona fiera, e il cellulare di un imam-scolaro si mette a squillare senza sosta. Nessun imbarazzo, per fortuna: anche la suoneria dello "studente" racconta una frase del Corano. «Oh uomini, abbiamo creato popoli e tribù perché vi possiate conoscere… L´uomo nobile ama Allah…». Inizia così il «primo tirocinio per qualificare 20 imam» - che già guidano moschee italiane - e insegnare loro «la preparazione dei discorsi e le tecniche della comunicazione». Una scuola di solo quattro giorni ma che è appena l´inizio di un tour in decine di città italiane. «Dobbiamo imparare - dice Imad Moussalit, imam a Parma e vicepresidente dell´associazione Al Qods Acharif - a parlare non solo ai nostri credenti ma anche a tutta la comunità che ci ospita: l´Italia». Non è facile il mestiere dei preti cattolici, usciti dai seminari dopo 12 anni di studio e con 2.000 anni di esperienza alle spalle. Immaginiamo le difficoltà di un imam nato dall´altra parte del Mediterraneo e chiamato a guidare i suoi fedeli in terra straniera. «È per questo - racconta Imad Moussalit - che dobbiamo studiare. Vede, l´imam non è solo colui che guida la preghiera cinque volte al giorno. Deve rispondere alle domande dei credenti sul culto, sui rapporti sociali, sui costumi e su come si deve comportare un musulmano in una realtà diversa dalla nostra. Per questo, innanzitutto, dobbiamo darci da fare e impadronirci della lingua e della cultura italiana». L´imam di Parma, arrivato da Rabat dieci anni fa, parla un italiano perfetto e sul suo lavoro potrebbe scrivere un manuale. «Nostro compito è chiarire ai fedeli e ai non fedeli la distinzione che esiste fra ciò che è cultura e consuetudine araba e ciò che è islamico. Un esempio? Non è un dovere vestirsi alla maniera araba per essere un buon musulmano: non esiste il vestito islamico. Un altro esempio? Il fidanzamento. Nei nostri paesi l´uomo si fidanza andando direttamente a parlare con i genitori di lei, e solo dopo può conoscere la ragazza. Ecco, questa scuola ci insegna invece che secondo l´Islam questo non è l´unico modo possibile per fidanzarsi. È possibile incontrarsi per esempio all´università, o in città, e l´Islam dice che questa non è una perversione. Si andrà dai genitori dopo questo incontro». L´esperienza di Imad Moussalit arriva dalle mille «Qutba» (sermoni) tenute nella moschea parmigiana. «Due coniugi che fanno assieme colazione al bar nei nostri Paesi sono malvisti. Qui - lo spiego ai miei fedeli - succede il contrario e i coniugi sono visti bene. Dunque, in Italia un musulmano può fare colazione con la moglie in un luogo pubblico». Ma ci sono problemi ben più pesanti. «Certo, c´è la politica. Noi siamo per il dialogo fra le religioni ma ci dà fastidio chi usa il cristianesimo per fini politici. C´è chi cita Gesù per dire "date a Cesare ciò che è di Cesare" ma solo per chiedere a Cesare di mandare via gli stranieri». Il dottor Abdellah Ben Arfa, direttore dell´Isesco, se gli si chiede di moschee e terrorismo si inalbera subito. «Questa è una provocazione. Lo sapete che se due musulmani si incontrano in moschea si salutano dicendo: "La pace sia con te"?. L´Islam è pace e questa scuola serve anche a combattere il radicalismo di chi male interpreta il Corano. Noi diciamo chiaramente che le moschee debbono rispettare la legge italiana. Diciamo che gli imam debbono avere mezzi intellettuali adeguati e anche indipendenza finanziaria per essere solidi nella guida. Le moschee non sono luogo di formazione di terroristi ma luogo di fede e cultura di un Islam legale e riconosciuto. Non vogliamo una religione sotterranea e invitiamo gli italiani a entrare nei nostri luoghi di preghiera. In molte moschee si parla anche in italiano, con una traduzione della "Qutba" dell´iman perché ci sono i musulmani nati qui che non conoscono l´arabo. E anche gli italiani che hanno scelto l´Islam». Non è un caso che la prima scuola per imam sia partita da Padova. Qui, a gennaio, presso la facoltà di sociologia è stato aperto, primo nel nostro continente, il "Master in studi sull´Islam d´Europa". Direttore Vincenzo Pace, condirettore Khalid Rhazzali, anche lui arrivato piccolissimo dal Marocco. «Vogliamo costruire professionisti - dice il docente nato a Rabat - in grado di volgere uno sguardo attento alla realtà complessa e plurale dell´Islam». A sostenere il master, fra gli altri, le Acli Veneto, l´associazione islamica italiana degli imam e della guide religiose, il governo del Marocco che ha finanziato dieci borse di studio. I venti imam che ieri hanno fatto il primo giorno di scuola sono arrivati in Italia dall´Egitto, dalla Somalia, dalla Tunisia e dal Marocco. Solo uno è italiano. Si è convertito trent´anni fa ed è imam a Bologna. Per l´inaugurazione del corso era stata preparata una sala molto grande. Si annunciava l´arrivo del sindaco Flavio Zanonato, del prefetto, del questore e del vescovo monsignor Antonio Mattiazzo. Nessuno di loro si è presentato. «Della nostra iniziativa - racconta Abdellah Ben Arfa - avevamo parlato con Gianfranco Fini in Arabia Saudita. Avevamo incontrato anche il ministro Frattini e un monsignore del Vaticano che segue il dialogo interreligioso. A Padova e a tutte le città dove si faranno i corsi voglio ricordare solo una cosa: le nostre moschee sono sempre aperte. E accoglienti».