PAOLO MASTROLILLI, La Stampa 12/5/2012, 12 maggio 2012
Jp Morgan, accuse a un trader francese - La “Balena di Londra” ha spiaggiato J.P. Morgan, facendole perdere oltre due miliardi di dollari
Jp Morgan, accuse a un trader francese - La “Balena di Londra” ha spiaggiato J.P. Morgan, facendole perdere oltre due miliardi di dollari. Non siamo ancora ad un nuovo caso Lehman, perché la più grande banca americana per assetts dovrebbe avere le risorse necessarie a chiudere il buco senza provocare catastrofi. L’autorità di controllo Sec però ha aperto un’inchiesta su questo grave campanello d’allarme, che dimostra come gli istituti finanziari “troppo grossi per fallire” sono tornati a condurre pratiche molto pericolose. A partire proprio dalla banca guidata dal mitico Jamie Dimon, che non a caso è stato uno dei critici più feroci delle regole pensate dopo la crisi del 2008 per impedire che si ripetesse. I primi segnali preoccupanti erano arrivati all’inizio di aprile, quando il Wall Street Journal aveva pubblicato un articolo in cui rivelava che un misterioso trader, soprannonimato “London Whale” o anche “Voldemort”, stava facendo operazioni molto rischiose dall’ufficio di Londra di J.P. Morgan. La banca americana aveva liquidato lo scoop, negando qualunque problema, ma da almeno un mese era sotto la lente delle agenzie di controllo. “London Whale” era Bruno Michel Iksil, un francese che vive a Parigi durante i week end, e a Londra durante la settimana. Un tipo informale, che spesso va in ufficio con i jeans neri e senza cravatta, ma è parecchio spregiudicato sul lavoro. Dall’inizio dell’anno, la sua passione erano diventati i credit-default swaps (Cds), ossia le assicurazioni sul credito: quando una compagnia deve ricevere soldi da qualcuno, può vendere il rischio a terzi pagando un premio, in cambio della certezza di essere rimborsata se il debitore non fosse in grado di onorare il proprio impegno. Iksil aveva venduto una quantità enorme di questi Cds da un indice chiamato CDX IG 9, scommettendo sulla ripresa e quindi sul fatto che le compagnie interessate non sarebbero mai fallite. Gli hedge funds come BlueMountain Capital Management LLC e BlueCrest Capital Management LP hanno notato i suoi movimenti e hanno cominciato a fare la scommessa opposta, vincendo. Quando la dirigenza di J.P. Morgan si è accorta dell’enorme esposizione accumulata, era troppo tardi: la banca aveva già perdite per 2,3 miliardi di dollari. Secondo il Ceo Jamie Dimon non c’è un rischio Lehman, perché nel solo primo trimestre dell’anno il suo istituto ha guadagnato 5,3 miliardi, e «anche considerando questa perdita, guadagneremmo comunque 4 miliardi nel trimestre in corso». Però ha ammesso che «questa storia è un uovo in faccia. Non si conduce così un business: c’è stata approssimazione e poco controllo. Ammettiamo l’errore per correggerlo, e ripartire». Non è detto che sia così facile, però. Dal 2008 in poi, la politica sta cercando di regolare il settore finanziario. Tra gli strumenti discussi nell’ambito della legge di riforma Dodd-Frank, ma non ancora varati, c’è la “Volcker Rule”, ossia una regola ispirata dall’ex capo della Fed che vieterebbe alle banche di fare investimenti e scommesse con i propri soldi. Queste operazioni si chiamano “proprietary trading” e secondo Paul Volcker comportano rischi e conflitti d’interesse eccessivi. Dimon è stato uno dei critici più aggressivi della “Rule”, arrivando a bocciarla così: «Paul Volcker ha detto che non capisce i mercati dei capitali. Questa sua regola lo prova». Dopo il caso “London Whale”, però, la politica è pronta a vendicarsi: «La perdita enorme annunciata da J.P. Morgan - ha detto Levin è l’ultima prova che le cosidette banche “troppo grandi per fallire” non devono fare queste scommesse pericolose». Perché i contribuenti si sono stancati di pagare i loro errori.