Alessandro Gnocchi il Giornale 15/5/2012, 15 maggio 2012
Lo Stato deve vivere di donazioni volontarie - Voilà. Il filosofo tedesco Peter Sloterdijk prende la rincorsa e tira una bella sassata nella finestra, scuotendotutteleposizioniconsolidate sull’argomento scottante per eccellenza in tutta Europa: le tasse
Lo Stato deve vivere di donazioni volontarie - Voilà. Il filosofo tedesco Peter Sloterdijk prende la rincorsa e tira una bella sassata nella finestra, scuotendotutteleposizioniconsolidate sull’argomento scottante per eccellenza in tutta Europa: le tasse. Come spesso gli accade, nel saggio Lamano che prendee la mano che dà ( Cortina, pagg. 138, euro 13) riesce a risultare irritante per tutti:socialisti di ritorno,sostenitori assortiti del Welfare, fans liberali dello Stato minimo. Il pamphlet in libreria in questi giorni riprende e sviluppa una durissima polemica nata sui giornali tedeschi a partire da un articolo di Sloterdijk stesso pubblicato dalla FrankfurterAllgemeine Zeitung nel 2009.Ecconeunassaggio:«GliStati fiscali organizzati reclamano ogni annolametàdeibeneficieconomici delle proprie classi produttive per poi riversarli al fisco, senza che le persone coinvolte tentino di salvarsi con la sola reazione plausibile, la guerra civile antifiscale». Apriti cielo.Inizia una battaglia a colpi di editoriali in cui Sloterdijk rincara la dose: la tassazione non hafondamentademocraticheesia-modunquenellemanidiunaclep-tocraziachedeprimeloslancioim-prenditorialeealimentailclienteli-smocona sunzioni irresponsabili nel settore pubblico; l’Europa non viveinunregimeliberalemaassoggettata a una forma appena mascherata di socialismo reale; l’imposta progressiva sul reddito è una formadiespropriodegnadelcomunismo; levecchiecategorie disfruttatori e sfruttati sono completamentesuperate, ancheseiprogressisti, rimastiindietro dimezzosecolo, fingono il contrario: oggi i primi coincidonoconlecategorieimproduttive che campano, grazie al fisco, su quelle produttive;il Welfare ha dato vita a uno Stato mammone, iperprotettivo,che priva di ogni spirito d’iniziativa i suoi figli,in larga parte aspiranti dipendenti pubblici; la sinistra,un tempo portavoce di interessi discutibili ma nobili, oggicoincideconlarichiestadiportare il prelievo al 60 per cento e oltre; ilgovernoelamacchinadellariscossione neppure più si chiedono se il loro operato sia lecito:pagare è un atto dovuto. Ce n’è abbastanza per scatenare un putiferio.Ma non è tutto. Infatti Sloterdijk riesce a scontentare (moltissimo)anche la parte liberale. Lo Stato minimo non pare tra i suoi obiettivi principali. Il suo scopo è piuttosto accrescere il senso di responsabilitàdeicittadini.Lasoluzione indicata ha fatto sganasciare dalle risate i critici. Per il filosofo va abbattuta l’imposizione fiscale: le tassedevono essereun donospontaneo delle classi più agiate a quelle meno abbienti. Tu chiamala se vuoi filantropia. Prevedibili le reazioni: l’uomo è avido e meschino, mai sarà solidale con i suoi simili se una forza esterna (lo Stato) non lo obbliga. Sloterdijk disprezza questo punto di vista che considera un insiemedi«stereotipiclassisti antiborghesi in vigore nel XIX secolo e negli anni Venti e Trenta del Novecento, riciclati dopo il 1967 dall’ala leninista delmovimento studentesco.Seguono i binari ormai inculcati di una sociologiasbagliata,secondo la quale una società borghese non sarebbe altro che un mosaico di soggetti rapaci». Misantropia sinistrorsa, in sintesi. Ma come cancellare questo tipo di mentalità? E quiarriviamoalversanteinaccettabile per un liberale del pensiero del filosofo: attraverso una capillare opera di istruzione che«rimodelli» la testa dei cittadini, educandoli al culto del bene comune. Il ministero del Tesoro dovrebbe diventare una sorta di ministero dell’Educazione specializzato in Antropotecnica( concetto allabasedelle opere maggiori di Sloterdijk, come Sfere , che qualcuno considera troppo vicine all’eugenetica). Aldilàdellemoltepolemiche,restano alcune analisi fulminanti. A esempio, Sloterdijk riconduce lo scetticismo dei ceti medi nei confronti dello Stato, la dissoluzione dellaborghesia,la scomparsadella fedeltàcheinpassatolegavaipartiti all’elettorato, il crescente disgustoperla politicaallamedesimaradice: «unnumerocrescentediindividui non può evitare di nutrire l’impressione che non abbia alcun senso impegnarsi per la collettività ». Colpa della «mano che prende », quella dello Stato, che ci tratta come debitori fin dalla nascita.Nel nome del bene pubblico.Che stranamente coincide sempre con quello dell’apparato statale, e non col nostro.