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 2012  maggio 13 Domenica calendario

Una follia uccidere Gheddafi: nessuno blocca più i terroristi - Si scrive immigrazione, ma si legge terrorismo

Una follia uccidere Gheddafi: nessuno blocca più i terroristi - Si scrive immigrazione, ma si legge terrorismo. Il ministro degli Esteri Giulio Terzi e il suo omolo­go libico Ashour Bin Khayal quel­la parola preferiscono non pro­nunciarla. Preferiscono sostituir­la con problematiche consuete e meno allarmanti. E allora ecco la conferenza stampa di ieri a Roma in cui, per la prima volta a sette me­si dalla morte di Muhammar Gheddafi, torna ad aleggiare il fan­tasma dell’immigrazione. «Temiamo un peggioramento sul fronte dell’immigrazione clan­destina. Vogliamo dare un segna­le, un avvertimento, all’Italia e al­la Ue per affrontare il fenomeno», dichiara Bin Khayal dopo l’incon­tr­o con il capo della diplomazia ita­liana. Giulio Terzi gli dà volentieri corda. «Serve un piano urgente dell’Unione europea per affronta­re il tema dell’im­migrazione clan­destina né parlerò lunedì a Bruxel­les ». L’allarme potrebbe sembra­re esagerato. Il Paese dalla caduta del regime di Gheddafi è off limits per qualsiasi immigrante africa­no. Da sette mesi a questa parte chiunque abbia la pelle troppo scura rischia di finire in galera e non uscirne più. Nei centri di de­tenzioni illegali gestiti da troppe milizie libiche fuori controllo lan­guono migliaia di africani e di libi­ci dalla pelle scura sospettati di aver aiutato il regime sulla base ­come denuncia Amnesty Interna­tional - di semplici motivazioni razziali. Dunque dov’è il rischio immigrazione? E perché la Ue, al­le prese con il caso Grecia, dovreb­be interessarsene? Per capirlo ba­sta sostituire il vocabolo immigra­zione con la parola terrorismo. O meglio ancora con la sigla di Al Qaida Maghreb. A quel punto la maledizione di un Colonnello spicciamente e allegramente eli­minato dalla Nato diventa danna­tamente chiara. Tutto inizia a di­cembre quando i miliziani tuareg del Mali, addestrati e pagati per anni dal regime di Gheddafi, ter­minano di saccheggiare gli arse­nali del vecchio regime e se ne tor­nano a casa. Grazie a quelle armi e all’esperienza acquisita impiega­no poche settimane per mettere in fuga l’esercito, conquistare il Nord del Paese e decretare la na­scita dell’Azawad, il mitico stato degli «uomini blu». Ma la realtà è assai più prosaica della mitologia. A beneficiare dei successi dei reduci di Libia sono soprattutto i capi tuareg contagia­ti dal verbo integralista di Al Qaida Maghreb. Oggi Timbouctu ed il Nord del Mali sono un territorio fuori controllo. Come l’Afghani­stan di Bin Laden nella seconda metà anni Novanta. Come la So­malia degli sheebab. Da quel­l’enorme base senza legge i terrori­sti fondamentalisti possono allun­gare i tentacoli sull’intera Africa settentrionale e cercar di colpire l’Occidente. La Libia, da questo punto di vista, è particolarmente vulnerabile ed attraente. La Nato, dopo aver assicurato l’eliminazio­ne Gheddafi, ha chiuso la propria missione senza curarsi di garanti­re la sicurezza dei confini o di aiu­tare un Consiglio Nazionale di Transizione alle prese con decine di milizie allo sbando. I militanti di Al Qaida Maghreb, gli stessi che hanno tenuto prigioniera Maria Sandra Mariani e ancora non han­no restituito Rossella Urru, sono dunque liberi di scorrazzare dal Mali alla Libia, liberi di fornire ap­poggi e armi ai gruppi libici più vi­cini al terrore fondamentalista. Al Qaida Maghreb e i suoi sodali, co­me hanno dimostrato le vicende della Urru e della Mariani e quella tragica di Franco Lamolinara in Nigeria, sono in grado di farci mol­to male. Molto più male degli im­migrati manovrati da Gheddafi. Soprattutto perché hanno a dispo­sizione centinaia, forse migliaia, di missili antiaerei Sam 7 saccheg­giati nei depositi del vecchio regi­me. Secondo le stime del Pentago­no, che ha lanciato una missione per recuperarli o riacquistarli, al­meno 10 mila di quei missili sono finiti in mani ignote. Almeno qual­che centinaio è sicuramente arri­vato nel Mali ed è a disposizione di Al Qaida Maghreb. Da li posso­no facilmente raggiungere le no­stre coste. E una volta in Italia pos­sono facilmente venir utilizzati per colpire un aereo di linea. Ecco perché Giulio Terzi non ha dubbi. In Libia il rischio immigrazione è stato sostituito dalla minaccia ter­rorismo e l’Europa, compiaciuta o indifferente di fronte all’elimina­zione di Gheddafi, deve far i conti con le drammatiche e rischiose conseguenze delle proprie scelte.