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 2012  maggio 15 Martedì calendario

Si lascia morire di fame, choc in prigione - L’ultimo atto di ribellione è stato quello di strapparsi dal braccio l’ago della flebo che lo alimentava

Si lascia morire di fame, choc in prigione - L’ultimo atto di ribellione è stato quello di strapparsi dal braccio l’ago della flebo che lo alimentava. Pop Virgil Cristria, 38 anni di Bucarest, detenuto nel carcere di Lecce, è morto per le conseguenze di uno sciopero della fame iniziato 50 giorni fa. L’uomo lo aveva cominciato perché chiedeva di poter essere ascoltato da un giudice al quale avrebbe voluto dichiarare la sua innocenza rispetto alle accuse che lo tenevano in carcere da dodici anni. Pop Virgil Cristria stava scontando ora a Lecce una condanna definitiva a 18 anni di reclusione per un cumulo di pene derivanti da furti e rapine che aveva commesso soprattutto in Campania. La sua detenzione in cella era cominciata nel 2000 nel carcere di Avellino, poi era stato trasferito nella casa circondariale di Benevento. In ogni carcere l’uomo professava la sua innocenza e chiedeva a tutti di poter incontrare un magistrato con il quale parlare, al quale spiegare la sua situazione e, soprattutto, dichiarare la propria innocenza. Anche a Lecce - ricorda il vicedirettore del carcere Giuseppe Renna - Pop Virgil Cristria aveva chiesto di incontrare un giudice. E per questo da 50 giorni non mangiava più niente. Quattro giorni fa le sue condizioni sono peggiorate. L’uomo era stato trasferito nell’ ospedale «Vito Fazzi» e seguito costantemente da una équipe di medici. Sandro Rina, dirigente medico del carcere leccese di Borgo San Nicola, spiega: «Rifiutava il cibo in maniera categorica, voleva parlare con il magistrato. “Mi deve ascoltare - diceva - e lui mi deve liberare”». Una richiesta diventata ormai un’idea fissa, tanto da richiedere il supporto di uno psicologo e di uno psichiatra. Ma nessuno è riuscito a fargli cambiare opinione. Pop Virgil ha continuato a non mangiare e a strapparsi ogni volta l’ago della flebo che gli garantiva il minimo per tirare avanti. «Non aveva grosse possibilità economiche - ricorda il vicedirettore Renna - e non aveva famiglia. In carcere lo aiutavamo come potevamo e anche i volontari gli sono stati sempre vicino. In realtà lui non si era adattato mai a nessun istituto, continuava a dichiararsi innocente». Ricostruendo la storia del 38 enne romeno, si è scoperto che anche in carcere Pop Virgil riusciva sempre a peggiorare la sua situazione con una condotta turbolenta. Una conferma della sua ribellione a qualsiasi forma di detenzione. Poi alla fine di marzo l’inizio della protesta più clamorosa. Il rifiuto totale di mangiare. Con le sue condizioni psicofisiche in continuo peggioramento. Durante lo sciopero della fame Pop Virgil ha anche chiesto la sospensione condizionale della pena che non gli è stata concessa. Nessun ascolto, nessuno sconto. E così il 38enne ha deciso di lasciarsi andare sempre di più. Dopo la scelta di strapparsi l’ago dal braccio, le sue condizioni sono precipitate in pochissimo tempo. Poi la morte. Sulla fine di Pop Virgil Cristria ora indaga la Procura di Lecce. Il sostituto procuratore Carmen Ruggiero ha sequestrato le cartelle cliniche dell’ uomo e la documentazione sanitaria che lo riguardava custodita nel carcere di Lecce. Di lui resta quella continua richiesta di incontrare un giudice. Mentre dal carcere di Lecce si leva un grido d’allarme: «I casi come questo sono decine - aggiunge il vicedirettore Renna e riguardano detenuti che andrebbero seguiti altrove, in strutture idonee. Invece…».