ROBERTO GIOVANNINI, La Stampa 14/5/2012, 14 maggio 2012
Il Paese delle opere mai finite - Solo pochi giorni fa il governo ha deciso di «riprogrammare» su nuove voci di spesa 2,3 miliardi di euro
Il Paese delle opere mai finite - Solo pochi giorni fa il governo ha deciso di «riprogrammare» su nuove voci di spesa 2,3 miliardi di euro. Soldi pubblici che erano stati impegnati per infrastrutture e programmi pubblici ma che non sono mai stati spesi. L’Italia non sa spendere, ma e se non si spende e non si investe l’economia certamente non cresce. Il guaio è che purtroppo, come dimostra il nostro mostruoso debito pubblico, è vero anche l’opposto: l’Italia spende tantissimo e spreca tantissimo. Ed è vera anche una terza, impietosa, constatazione: siamo specializzati nel buttare miliardi e miliardi di euro in opere pubbliche «incompiute». Ponti, acquedotti, dighe, strade, ferrovie che o dopo essere state avviate non sono mai state completate, oppure il classico esempio è quello della «eterna» Salerno-Reggio Calabria - i cui lavori proseguono da anni e non finiscono (letteralmente) mai. Doveva costare 7000 miliardi di lire nel 1995, siamo a 12-13 miliardi di euro. Il frutto della Casta Il paesaggio italiano è costellato di viadotti monchi e lasciati a metà, di ecomostri di cemento con i tondini rugginosi, di rovine che sembrano lasciate da alieni impazziti. E la fortunata serie di libri sulle varie «Caste» ormai ha reso popolare, quasi leggendario, il velenoso frutto della scelta di «dare lavoro» (e generare clientele) gettando soldi pubblici a palate in opere inutili. O irrealizzabili. L’«Anagrafe»? Non c’è Sembrerà strano, ma non siamo nemmeno in grado di sapere quante siano queste opere pubbliche incompiute. Per poi decidere quali abbattere, quali completare, quali lasciare monumento allo spreco. Chi dice 390, chi 320; ma si tratta soltanto di stime. A quanto sembrava, il governo Monti pareva intenzionato a risolvere questa lacuna, e nel decreto «Salva Italia» è stato inserito un articolo (il 44 bis) che istituisce presso il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti «l’elenco-anagrafe nazionale delle opere pubbliche incompiute». Un’anagrafe dello spreco articolata su base regionale, in cui si devono indicare le percentuali di completamento o le possibili destinazioni alternative. Senonché il ministero - gestito dal viceministro delle Infrastrutture Mario Ciaccia, sotto l’egida del titolare dello Sviluppo economico Corrado Passera - aveva tre mesi di tempo per stabilire le procedure di questa anagrafe. Il decreto è diventato legge il 23 dicembre, i tre mesi sono scaduti il 23 marzo, e non è successo nulla. Anche l’Anagrafe è «incompiuta». Una diga impossibile La Diga dell’Alto Esaro, nella provincia di Cosenza, è stata definita nell’ottobre del 2010 dal presidente della Calabria Scopelliti «opera essenziale per lo sviluppo». Purtroppo si è deciso di farla nel 1979, i lavori sono cominciati e subito bloccati nel 1981 perché - ahimé - una frana rendeva impossibile agganciare il corpo di cemento della diga al costone montano. Invece di chiudere il discorso i lavori continuano, con varianti progettuali. Nessuna sa quanto si sia speso. Si parla di 950 milioni di euro. La stazione senza binari È quella di Matera: c’è l’edificio, ma non c’è la linea ferroviaria. Nel 1981 si decise di realizzare la linea ferroviaria tra Matera e Ferrandina; peccato che durante i lavori di scavo di una galleria si scoprirono sorgenti di acqua e un deposito di gas naturale. La stazione è stata completata, la ferrovia è bloccata. Ci è costato 500 miliardi di vecchie lire. Costi impazziti Dal 2001, con la cosiddetta «Legge Obiettivo», il governo Berlusconi decise la realizzazione di ben 228 opere strategiche, per una spesa totale di 125,8 miliardi di euro. Secondo il Quinto Rapporto di attuazione del 2010, le «opere strategiche» sono diventate 348, ma il costo complessivo stimato fino al 2013 è lievitato a 358 miliardi. Un aumento del 250%. Sempre secondo il rapporto, delle prime 228 opere, solo il 19,72% era stato completato. Il 25,21% in fase di realizzazione. Il 55,07% ancora allo stato di progettazione. Soldi che hanno prodotto soltanto carta. Superstrada senza fine L’idea era quella di tagliare gli Appennini tra Ancona e Perugia. I lavori sono cominciati nel lontano 2001, ma non sono finiti come previsto nel 2004. Il tracciato prevede molti trafori, ma a quanto pare una galleria è stata completatamente sbagliata. Al 2012 sono pronti soltanto alcuni tratti. Stesso discorso per il «quadrilatero umbro-marchigiano», che dovrebbe costare 2,2 miliardi. Manca ancora la metà dei fondi. Variante a rischio frane È l’aorta del traffico autostradale del paese. Della Variante di Valico, 62,5 km tra Sasso Marconi e Barberino, se ne parla da vent’anni. È stata deliberata nel 1998, i lavori cominciati nel 2002. L’apertura al traffico era prevista per il 2009, ma adesso si parla del 2013. Il costo è quasi raddoppiato: adesso si stima 3,7 miliardi di euro. E secondo una perizia dei costruttori della Galleria di Ripoli, Toto Costruzioni, una frana di 40 milioni di tonnellate ha già danneggiato il profilo del traforo. E sono a rischio anche i piloni di un viadotto della vecchia Autosole.