MARINA VERNA, La Stampa 14/5/2012, 14 maggio 2012
Hannelore, la ragioniera che sfida la politica del rigore - Le donne funzionano in modo diverso dagli uomini, non meglio o peggio
Hannelore, la ragioniera che sfida la politica del rigore - Le donne funzionano in modo diverso dagli uomini, non meglio o peggio. Hanno altri pensieri, altre esperienze, altre priorità». E così, «funzionando» in modo diverso e infilandosi là dove gli uomini non volevano andare per esempio, a raccogliere i cocci delle sconfitte - la socialdemocratica Hannelore Kraft è arrivata per la seconda volta in venti mesi in cima al suo Land, il Nord Reno-Vestfalia. Rieletta con un programma di spesa dopo che il suo governo era caduto per eccesso di debiti. E c’è pure chi la suggerisce come antiMerkel alle elezioni federali del 2013. Due donne diametralmente opposte, due politiche inconciliabili: il rigore contro l’indebitamento. Il destino del nuovo ministro-presidente è già nel nome: Kraft, forza. E di forza gliene è occorsa tantissima per coprire la lunga strada che da Müllheim - la cittadina della Ruhr dov’è nata nel 1961, figlia di un tranviere e una commessa - l’ha portata ai palazzi del potere di Düsseldorf, l’elegante capitale del Land dove però lei non abita: la sua città è sempre Müllheim, di cui ha conservato il forte accento e i modi semplici e solidi. E dove vive con il marito, conosciuto ai tempi della scuola a una festa di Carnevale, e il figlio diciannovenne. Lì ha studiato, ha preso un diploma e ha cominciato a lavorare in banca. Ma era una vita troppo piccola. Così si è iscritta all’Università e ha studiato economia, laureandosi a Duisburg a 28 anni, con un intermezzo al King’s College di Londra. Il nuovo lavoro è conseguente: consulente aziendale per la piccola industria. Il suo mondo è quello: la Ruhr operosa e modesta. La politica arriva, un po’ a sorpresa, nel 1994, alle elezioni comunali a Müllheim. Serve un volto nuovo, lei è capace, dopo pochi mesi ha già un ruolo di responsabilità. Bastano sei anni per fare il salto nel parlamento regionale e poche settimane per diventare ministro degli Affari federali ed europei, poi dello Sviluppo tecnologico. Il grande salto avviene nel 2005 quando, dopo 39 anni di governo ininterrotto, la Spd è battuta dalla Cdu e perde il Land. I politici locali, stravolti i e avviliti, non sanno come ricominciare. Affidano a lei la riscossa, nominandola nei posti-chiave che servono a prepararla: capogruppo al parlamento, responsabile del partito. È la prima donna eletta in quelle cariche. Cinque anni dopo Kraft restituisce il Land al suo partito, anche se con un governo di minoranza. Da ministro-presidente dimostra che cosa significhi «funzionare diversamente». Fa una classica politica socialdemocratica: più giustizia sociale, più asili, scuole mgiliori, aiuti alle famiglie. Per lei i debiti sono «denaro ben investito». «È la regina del debito, una irresponsabile», la accusano dall’opposizione. Effettivamente, Kraft spende molto, oltre a non aggredire il debito (172 miliardi di euro): abolisce le tasse universitarie che il suo predecessore aveva appena messo, riforma il sistema scolastico, promulga nuove leggi per l’integrazione. Tutte riforme che costano. Nel 2011 il deficit è di tre miliardi e la Corte dei conti boccia una manovra perchè contempla troppi nuovi debiti. A marzo 2012, davanti a una finanziaria che prevede un deficit ancora superiore al 2011 - 3,6 miliardi - l’opposizione fa cadere il governo. Ma oggi Kraft è di nuovo in sella con una percentuale altissima, che le consentirà di formare una maggioranza con i verdi. «Non dobbiamo solo risparmiare», è stato il mantra ripetuto in campagna elettorale. «Risparmiamo in modo coerente, miglioriamo le entrare, ma ricordiamoci che nessun bambino deve restare indietro. Perché se resta indietro ci costerà molto di più». Conti alla mano, ha dimostrato che spendere bene per la famiglia e l’istruzione permette di ridurre gli immensi costi delle «riparazioni» per i disastri familiari e scolastici. Ogni anno, ha ricordato, «il Nord Reno-Vestfalia paga 23 miliardi in “riparazioni” su un bilancio di 55 miliardi. Perché non aiutiamo prima genitori e insegnanti? A conti fatti, spenderemo meno». E gli elettori le hanno creduto.