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 2012  maggio 15 Martedì calendario

MA IL DESTINO DI YULIA DIVIDE GLI ANIMI UCRAINI: «UNA GUERRA TRA BANDE» —

Alla fine sarà il calcio a raccontarci la Storia. E a dirci se un Paese dove affondano le radici d’Europa sia veramente tornato nel suo alveo o ne rimanga ancora tagliato fuori. Quanti leader dell’Unione diserteranno gli stadi dell’Ucraina, durante i campionati europei che si aprono tra poco più di un mese?
Di tutte le domande sollevate dal dramma di Yulia Tymoshenko, l’ex premier e leader dell’opposizione tenuta in carcere e probabilmente picchiata dopo una condanna che tutti definiscono politica, è quella sportiva a toccare di più la sensibilità collettiva degli ucraini. I quali sembrano guardare con stanchezza e scetticismo allo scontro tra il presidente Viktor Yanukovich e l’eroina della Rivoluzione arancione, mescolando scontento e delusione verso il primo a una profonda diffidenza verso la seconda.
A spiegarmelo è Andrij Shevchenko, campione amato anche da chi milanista non è. Lo incontro al GolfStream, il green dove si rilassa tra un allenamento e l’altro: «L’Ucraina è un grande Paese di 48 milioni di abitanti. La gente aspetta da cinque anni Euro 2012, è fiera e orgogliosa di quanto abbiamo fatto. Si sentirebbe umiliata da un boicottaggio. Lo sport e la politica hanno linguaggi separati. Se occorre dare un segnale per il trattamento riservato a Tymoshenko, scelgano altri mezzi, non il calcio».
Giunge attutito a Kiev l’eco sinistro dalla prigione di Kharkiv, dove l’ex premier è stata detenuta fino a pochi giorni fa, prima di essere trasferita in ospedale. La capitale è in piena febbre da Europei: risplendono le cupole d’oro di Santa Sofia, si danno gli ultimi tocchi all’arena provvisoria che permetterà di seguire le partite nel Kreshatyk, il cuore della città, parchi e spazi verdi appaiono curati alla perfezione.
L’ex primo ministro, che soffre di ernia del disco e ha perso 11 chili in quasi tre settimane di sciopero della fame, ha finalmente accettato cure mediche, sotto la supervisione di un neurologo tedesco di sua fiducia. È stato il primo spiraglio in una contesa che ha covato sin da ottobre, quando Yulia Tymoshenko venne condannata a 7 anni di carcere per abuso di potere, prima di esplodere sulla scena internazionale due settimane fa, con la pubblicazione delle foto dove lei mostrava le ecchimosi, che sarebbero state provocate dai pugni delle guardie.
Ora però l’affaire torna a farsi incandescente, dopo che la Procura ucraina ha annunciato di voler addirittura formalizzare contro Tymoshenko l’imputazione di concorso nell’omicidio di un deputato di Donetsk e della sua famiglia, avvenuto nel 1996. Lanciata dal figlio della vittima, unico sopravvissuto all’attentato, l’accusa sarebbe sostenuta da un uomo già condannato all’ergastolo per lo stesso caso e improvvisamente disposto a testimoniare. «Legarmi a quella vicenda è assurdo, spero che la gente capisca l’inconsistenza di questa costruzione e chi possa beneficiarne», dice dall’ospedale Tymoshenko, in una dichiarazione affidata al suo avvocato. Il nuovo addebito potrebbe costarle altri 25 anni di carcere.
«È ridicolo — mi dice la figlia Evgeniya, appena tornata da Kharkiv — è la prova ulteriore che il regime di Viktor Yanukovich la vuole tenere in carcere il più a lungo possibile perché la teme». Evgeniya, che sta portando in tutta Europa il drammatico appello della madre, ha detto di averla trovata «indebolita, sotto una terribile pressione psicologica, guardata a vista, ma decisa a lottare». Per lei, il boicottaggio dei campionati minacciato dai leader europei ha senso: «Non si può sorridere accanto a uno che usa metodi repressivi, sarebbe come appoggiarlo».
Ma nella percezione del Paese profondo il caso Tymoshenko non appare così netto e la solidarietà verso l’ex primo ministro non è così marcata. Non si schierano con lei le ragazze di Femen, che a seno nudo denunciano la corruzione e le violazioni dei diritti umani: «Lei e Yanukovich sono due facce dello stesso sistema, litigano per i loro interessi sulla pelle del Paese. Solo che adesso sono a ruoli alternati e al potere c’è lui», dice la loro leader, Anna Gutsol. E mi spiega che nelle carceri ucraine muoiono ogni anno migliaia di detenuti per maltrattamenti o sevizie: «Era così anche quando Tymoshenko era primo ministro. Ma nessuno ne ha mai parlato».
Taras Chornovil è un deputato indipendente alla Rada, il Parlamento ucraino; in passato ha lavorato sia con Yanukovich che con Yulia Tymoshenko. Ed è il primo a riconoscere che l’ex primo ministro sia «vittima di una atrocità intollerabile». Ma ricorda che fu Tymoshenko, durante la campagna elettorale del 2010, quando fu sconfitta in un’elezione assolutamente regolare, a promettere a Yanukovich la galera: «Purtroppo la politica in questo Paese è ancora la continuazione dell’antica lotta tra la mafia di Donetsk, che fa capo a Yanukovich, e la mafia di Dnepropetrovsk, di cui Tymoshenko è l’erede».
Forse anche per questo, il dramma dell’eroina della Rivoluzione arancione non ha smosso di molto la sua popolarità, risalita, ma ferma intorno all’11%, contro il 22% di Yanukovich, che è in calo. Il vero cruccio degli ucraini sembra essere il destino di Euro 2012. Non perdonerebbero uno schiaffo dei leader europei. Significherebbe fare del calcio una guerra diplomatica: «Perderemmo tutti», conclude Andrij Shevchenko.
Paolo Valentino