Antonio Polito, Corriere della Sera 15/05/2012, 15 maggio 2012
ILLUSIONI E AMBIGUITA’
Quando un presidente francese affretta la cerimonia dell’insediamento per correre a Berlino, come accadrà oggi a Hollande, c’è poco da discutere su dove sia il centro del potere europeo anche dopo la vittoria socialista in Francia. La Merkel è certamente ferita dalle urne, ma gli elettori del Nord Reno-Westfalia non hanno votato contro l’austerità in Grecia o in Italia. Semmai hanno votato contro l’austerità nel loro Land, di gran lunga il più indebitato di Germania, preferendo restare nelle più generose mani della governatrice socialdemocratica Kraft.
L’incontro di oggi a Berlino non dovrebbe dunque suscitare troppe aspettative di una svolta nella crisi europea. Bisognerà fare attenzione alle ambiguità lessicali. Merkel ha ammorbidito il suo linguaggio, è pronta a dare a Hollande ciò che aveva già deciso di concedere presentandolo come un «protocollo per la crescita»; Hollande è pronto a incassare e a venderlo ai francesi come la riscrittura del «patto fiscale». Per lei la crescita sono le riforme strutturali di cui parla Draghi, per lui innanzitutto iniezioni di spesa pubblica. Troveranno un compromesso, magari sui project bond, usando i soldi già stanziati dei fondi strutturali e del bilancio della Ue, e lo chiameranno «patto per la crescita». Ma quello che dovrebbe essere chiaro fin d’ora, soprattutto a noi italiani, è che più spinta alla crescita non vorrà dire meno rigore. Anzi: per poter investire, si dovrà risparmiare.
Nuove risorse pubbliche potrebbero infatti venire oggi soltanto da più tasse o da più debiti. Forse alla fine la Germania ci concederà, una tantum, di pagare i fornitori della Pubblica amministrazione senza che la spesa venga calcolata come nuovo debito; ma è molto improbabile che arrivi a breve la golden rule, e cioè la possibilità di mettere tutta la spesa per investimenti produttivi fuori dal calcolo del deficit. Al prossimo vertice europeo se ne comincerà al massimo a parlare, perché prima va deciso quali sono investimenti produttivi e quali invece sono spese travestite. La Germania non vuole aprire scorciatoie per i furbi nel patto appena scritto. E va notato che tra le proposte di Hollande mancano proprio quelle più radicali come la golden rule o gli «eurobond». Il nuovo presidente francese è in realtà partito molto basso, e, come sempre avviene al suk europeo, rischia di avere anche meno di quanto chiede. E una ragione c’è: la crisi greca.
La tragedia nazionale in corso ad Atene può infatti aprire un gorgo capace di risucchiare molti altri Paesi. Se per Spagna e Italia il contagio rischia di venire da una crisi di fiducia sul debito, come dimostra l’impennata degli spread, per la Francia può avvenire attraverso il sistema bancario, molto esposto con la Grecia. Hollande scoprirà che c’è un solo modo per proteggersi dai mercati: stare attaccato alla Germania.
Come ha scritto ieri Franco Venturini, il voto tedesco non autorizza dunque a credere in una svolta keynesiana. In Germania non esiste un «partito della spesa». Anzi, si potrebbe aggiungere che l’ennesima batosta della sinistra radicale di Linke, nostalgica dell’assistenzialismo dell’Est, e la sorprendente tenuta dei liberali, alleati del cancelliere, dimostrano piuttosto il contrario. In Germania non è nato nessun partito anti-euro o anti-austerità, come nel resto d’Europa. I sondaggi dicono che il 70% dei tedeschi non darebbe un soldo ai greci se prima non eleggono un governo che rispetta i patti. E la Spd non è certo un partito sbarazzino. Nel 2005 Schröder perse le elezioni, a causa del successo della sinistra estrema, proprio perché aveva portato a compimento un duro programma di riforme del welfare che trasformarono la Germania da «malato d’Europa» in Paese del «secondo miracolo economico». Dopo di lui fu un ministro delle Finanze socialdemocratico, Steinbrück, a inserire il vincolo del pareggio di bilancio nella Grande Coalizione guidata dalla Merkel. I partiti popolari tedeschi sanno essere impopolari, quando serve. Se qualcuno si è dunque convinto che stia per tornare l’epoca dei pasti gratis, si sbaglia. Alexis Tsipras, il leader della nuova sinistra greca, li propone letteralmente per gli studenti e metaforicamente per tutti i concittadini. Ma la sua idea che si possa restare nell’euro senza rispettare le regole europee è il contagio greco che la Germania teme più di ogni cosa. E farà di tutto per impedirlo.
Antonio Polito