Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  maggio 14 Lunedì calendario

DALLA FINANZA ALL’ANTIPOLITICA: I NEMICI DELLA MONETA UNICA

L’euro ha oggi numerosi nemici. Ancora pochi anni orsono, erano pochi e isolati. Nessuno prendeva sul serio gli attacchi dei ministri del governo Berlusconi o le critiche pungenti della stampa anglosassone. Il primo segnale d’allarme è stato la crisi del debito sovrano greco nell’autunno del 2009. Nel frattempo, ancor più dopo le recenti elezioni politiche e amministrative in Francia, Grecia, Germania e Italia, la situazione si è aggravata. Gli scettici si sono trasformati in avversari. Approfittando della crisi economica e sociale, si sono fatti avanti. Sull’euro si profila quindi una battaglia che potrebbe diventare sanguinosa. Bisogna fermarli prima che la loro azione nefasta agisca sui nervi scoperti dei governi e della politica. Un fallimento dell’euro segnerebbe sia la fine del progetto storico cui generazioni di governanti hanno lavorato indefessamente, sia della presenza dell’Europa nella comunità internazionale. Vale quindi la pena di conoscere più da vicino questi avversari, esterni e interni, per meglio contrastarli. Per prima, una parte della finanza internazionale dominata da hedge funds aggressivi e insofferenti verso regole e freni, è inesorabilmente attratta verso la prospettiva del guadagno immediato, trascura le conseguenze delle proprie azioni (vedi le operazioni a rischio di JPMorgan), ignora la storia e i travagli del vecchio continente, avversa l’Unione Europea perché unica a mantenere un sistema non interamente dominato, grazie all’economia sociale di mercato, dalla logica del profitto. Influenzata da una corrente di pensiero diffusa negli Stati Uniti, ritiene illusoria un’Europa politicamente e militarmente unita e preferisce di gran lunga una zona di stabilità strategica estesa alla Turchia. L’euro viene considerato un fattore di precarietà. Non si spiega, altrimenti, l’accanimento implacabile con cui banchieri, politici, economisti anglosassoni ne profetizzano la fine e banalizzano le conseguenze di un’uscita della Grecia dalla moneta unica. Vi è una seconda micidiale miscela: la combinazione fra nazionalismo, ignoranza, paura, egoismo, linfa dei movimenti estremisti. Beppe Grillo secondo cui l’euro non deve rappresentare un tabù, le posizioni della Lega Nord, l’abolizione dell’euro perseguita da Marina Le Pen in Francia sono un esempio calzante della grettezza mentale di tanti europei. Un ulteriore oppositore è la criminalità organizzata, a suo agio nel caos, insofferente di ogni regola di vita civile e che ambirebbe a trasformare l’Europa in un immenso Libano.
I sostenitori della fine dell’euro hanno torto marcio. La moneta unica esprime una volontà di vita comune fra gli europei. La sua difesa richiede un’azione politica di altissimo profilo animata da passione civile. La politica assomiglia invece a un somaro condannato a tirare il carretto dell’euro. In Italia i leader dei partiti di centrosinistra o di centrodestra, pur assai loquaci, sono taciturni su questioni che coinvolgono il futuro del Paese e non trovano il tono giusto per parlarne. Quando lo fanno, affrontano la moneta unica sotto il profilo finanziario, ma l’economia non è tutto. Ne parlano come se le responsabilità fossero altrove e se noi fossimo vittime sacrificali dell’intransigenza tedesca. Si capisce, pensano alle elezioni e non si rendono conto d’infliggere un altro colpo mortale alle aspettative delle giovani generazioni già ampiamente sacrificate. Buona parte del sistema politico va pertanto inclusa nella lista degli oppositori (al quarto posto) con l’attenuante di una certa inconsapevolezza. Anche la televisione, soprattutto il servizio pubblico, avrebbe potuto essere attiva nel creare un rapporto di solidarietà fra cittadini e moneta unica. Ha dato invece corda a incompetenti e opportunisti della politica. È un miracolo, attribuibile a una tradizione europea ancora radicata e alla saggezza del popolo italiano, che non sia ancora sorto un partito antieuro.
L’Europa è impegnata in una corsa contro il tempo. Passi falsi sulla Grecia porteranno gli speculatori alla vittoria: un trionfo della finanza sulla politica. Un’uscita di Atene dall’eurozona susciterebbe risentimenti e veleni capaci d’inquinare l’intero continente. Sarebbe la fine dell’unità europea. Certamente la Grecia è uno Stato fuori dal mondo nella sua inettitudine e irresponsabilità. Non è una buona ragione per incrinare il principio della solidarietà intereuropea. Nel 1914, la Serbia era un piccolo e marginale Paese balcanico: eppure fu all’origine di tragico sconquasso. Per tutte queste ragioni occorre affrontare a viso aperto i nemici dell’euro e sconfiggerli.
Antonio Puri Purini