Chiara Lalli, la Lettura (Corriere della Sera) 13/05/2012, 13 maggio 2012
AVERE FIGLI PER EGOISMO
«Naturalmente non ti serve la patente per avere figli. Non devi dimostrare nulla. Ti serve una licenza per pescare, ti serve una licenza per fare il barbiere, ti serve una licenza per vendere hot dog. E poi leggi di questi poveri bambini, maltrattati e denutriti, e ti chiedi: perché a questi genitori è stato permesso di averli?». Così Boris Yelnikoff/Larry David spegne l’entusiasmo della sua giovane e allegra fidanzata durante un giro in bicicletta nel film Basta che funzioni di Woody Allen.
Yelnikoff è un eccentrico e un misantropo ma senza dubbio coglie un punto: fare il genitore è molto complicato, eppure non esiste nessuna patente genitoriale. Ma c’è di più: perché avere un figlio?
Ci sono alcune questioni che siamo abituati a non mettere quasi mai sotto esame: tra queste una è proprio la ragione per avere figli. È più facile che si chieda a qualcuno perché non ha figli, e spesso si avverte un rimprovero taciuto o dichiarato: hai qualcosa che non va, sei egoista o magari malato se non li hai. Per quale ragione invece non ci si interroga sul perché fare figli?
Fare un figlio è forse l’atto letteralmente più egoistico che possa esistere. Decidiamo noi per lui senza potergli chiedere il consenso e quando potremmo farlo la decisione è stata già irrimediabilmente presa: è impossibile retrocedere alla non esistenza.
Ogni tanto qualche filosofo e scrittore si è avventurato in questo terreno, ma le discussioni più numerose riguardano alcuni aspetti e modalità della riproduzione — come l’ammissibilità morale delle tecniche riproduttive o la composizione della famiglia — piuttosto che l’avere un figlio come una questione di per sé moralmente rilevante. Avere un figlio sembra essere considerato un fatto, qualcosa che accade e su cui non c’è tanto da scervellarsi e da domandare.
Nel suo ultimo libro, Why to Have Children? («Perché avere figli», Mit Press), la filosofa canadese Christine Overall parte proprio dalla sorpresa per questa incompletezza: l’avere figli — scrive — dovrebbe richiedere una giustificazione razionale, non foss’altro perché decidiamo di portare all’esistenza un altro essere umano.
Overall ci porta per mano in un’analisi affascinante e inconsueta, ci costringe a riflettere e a interrogarci su questioni che spesso diamo per scontate. E ci avverte: se basta non desiderare un figlio per non farlo, desiderarlo non è una condizione sufficiente per rendere morale la decisione opposta. Quali sono le buone ragioni per avere figli? Molte di quelle comunemente addotte, secondo Overall, sono fallaci.
Invocare l’orologio biologico, per esempio, sembra davvero insoddisfacente in un contesto ove le presunte spinte biologiche sono tanto mischiate ad altri tipi di molle decisionali: sociali, emotive, culturali. Ma soprattutto ammettere una ragione evolutiva non spiegherebbe perché non sottoponiamo questo desiderio ancestrale ad analisi razionale: lo facciamo con l’amore e con il sesso, perché non con l’essere genitori?
Non solo: sottrarre la decisione di riprodursi al campo della morale significherebbe ridurla a un destino biologico, a qualcosa che ci accade indipendentemente da noi, un accidente tra i tanti slegati dal nostro volere. Se a lungo è stato così — e se in alcuni luoghi e circostanze lo è ancora — è vero che per molte persone oggi la riproduzione è diventata sempre più una scelta, a volte contro il nostro destino biologico: ricorrere alle tecniche riproduttive e adottare sono modi per aggirare un ostacolo naturale alla riproduzione biologica.
L’intento di Overall non è quello di diventare un giudice o un controllore morale, né tantomeno di suggerire un divieto giuridico, ma solo di esplorare un terreno trascurato dal punto di vista della moralità della scelta: un esercizio di responsabilità. Ogni scelta ha come prerequisiti la libertà e l’essere informati delle opzioni. Nelle azioni non scelte non c’è alcuno spessore morale.
Tra le domande riguardo al fare o non fare figli ce ne sono due particolarmente controintuitive e per questo interessanti: per quali ragioni sarebbe morale farli? In quali circostanze non esiste una giustificazione razionale? Siamo abituati a pensare che sì, certo che è morale — o addirittura siamo abituati a non porci proprio la domanda. Se proviamo a rispondere potremmo avere delle sorprese.
È sempre preferibile l’esistere al non esistere? Quante persone fanno figli per ragioni sbagliate? Storicamente ci sono ragioni che oggi forse fanno storcere il naso: avere un figlio per continuare la dinastia o per usarlo per stringere alleanze e come forza lavoro. Oggi possono presentarsi in forme diverse: lasciargli lo studio da avvocato, il cognome importante o investirlo delle nostre insoddisfazioni. E ancora: affidargli l’incarico di badare a noi quando saremo anziani. Non potrebbero essere ragioni immorali?
Overall analizza poi un altro possibile ostacolo: essere troppo giovani o troppo vecchi — quest’ultima è una variabile cangiante a seconda del sesso. Si pensi infatti alle controverse gravidanze in età avanzate per le donne, considerate vecchie dai 35 anni in poi, e alle paternità di 60enni, 70enni o uomini più anziani.
La filosofa affronta anche molte obiezioni, come la possibile estinzione della specie umana. Nonostante le apparenze, non può essere facilmente usata come controargomento. Sarebbe un male? Solo dal nostro punto di vista, che però è uno tra i tanti. Come il tardo Lev Tolstoj aveva scritto, l’estinzione della specie umana potrebbe essere addirittura giusta, se considerata dal punto di vista del pianeta e delle altre specie.
La decisione di avere figli ha una vaga somiglianza con la scommessa di Blaise Pascal sul credere o no in Dio. Soprattutto per un aspetto: non si può non decidere, o meglio non ci si può illudere che non decidere sia moralmente neutrale. Se scegliamo di astenerci, quella sarà una risposta connotata moralmente.
Overall ci aveva avvertito fin dall’introduzione: se aspetti di essere del tutto convinto che sia il momento giusto per fare figli, potresti attendere per sempre. Fare figli è una decisione spesso profondamente irrazionale. Ma non per questo automaticamente immorale, e il libro si chiude con l’invito — dopo tutto questo pensare — a farne magari più di uno.
Chiara Lalli