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 2012  maggio 12 Sabato calendario

FALCHI AFFAMATI, GABBIANI DA SALVARE. IL DIFFICILE MESTIERE DELL’ANIMALISTA

Roma, pomeriggio sereno. Sto leggendo Il corridoio di legno, romanzo crudele di Giorgio Manacorda e, proprio mentre l’io narrante strangola una domestica sordomuta, ecco un botto sulla finestra. Vado a vedere: aggrappato al davanzale c’è un rapace ignaro delle dure trasparenze, che esibisce uno stupore gallinaceo. Meno male che la finestra era chiusa, altrimenti il falchetto mi avrebbe strappato gli occhi, meritandosi l’indulgenza di qualche animalista. Non parlo dei benemeriti che salvano i cagnolini dalla vivisezione, ma dei militanti che ridacchiano quando un cacciatore scambia l’amico per un cinghiale e (ops) l’abbatte. Io amo gli animali, però distinguo. Alcuni mi piacciono soltanto crudi, altri soltanto cotti, altri sia crudi che cotti, altri né crudi né cotti. Questione di gusti.
Dopo queste laiche riflessioni, scorgo in cielo un branco di falchetti, in caccia di gabbiani. Alcuni dei quali, impauriti, atterrano in via del Corso e passeggiano tra le schiere umane dello shopping. Oddio, sarà un ulteriore sintomo di degrado urbano, l’incombere dei rapaci? No, semmai è un ritorno ai tempi in cui i sacerdoti aruspici dell’Urbe scrutavano i voli degli uccelli, per ricavarne incitamenti ad infliggere la pax romana ai popoli che vivevano in santa pax.
A patto di tener chiuse le finestre, i falchi su Roma risultano meno fastidiosi delle nuvole di storni che bombardano i lungotevere con i loro spruzzi bianchicci e con le grandini d’ossi indigeriti di ciliege o di olive. È questo, il degrado? Ma no, guardiamo in basso. Sotto questo cielo di Piazza del Popolo, palcoscenico turistico di «Roma Capitale», trionfano le buche, i sampietrini sconnessi, le moto parcheggiate su ogni marciapiede. E il Campidoglio non si vergogna.
I falchi romani sono lassù, lasciamoli volare. Però, per chi facciamo il tifo? Per la libertà dei rapaci o per l’incolumità dei gabbiani? La correttezza ecopolitica nasconde, spesso, qualche contraddizione. Da un blog del Fatto quotidiano, per esempio, apprendo che nelle scuole elementari milanesi vengono somministrati cibi biologici, menù dietetici perfetti. Peccato che a troppi ragazzini non piacciano. Così 143 tonnellate di alimenti finiscono nella spazzatura. Poi la tv ci commuove, mostrandoci la fame di tanti bimbi africani.
Giuliano Zincone