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 2012  maggio 14 Lunedì calendario

Maurizio Cevenini, 58 anni, fisico asciutto e capelli ricci, sposato, una figlia trentenne di nome Federica

Maurizio Cevenini, 58 anni, fisico asciutto e capelli ricci, sposato, una figlia trentenne di nome Federica. Consigliere regionale dell’Emilia-Romagna e consigliere comunale di Bologna per il Pd, in città lo conoscevano tutti come “il Cev” o “Mister Preferenze” per via dei quasi 20mila voti che riusciva a raccogliere ogni volta che si candidava alle elezioni (addirittura sui biglietti della lotteria alla festa dell’Unità stampavano la faccia sua per venderne di più). Da consigliere comunale, in quindici anni di carriera, aveva unito in matrimonio nella Sala Rossa più di 4.500 coppie. Tifoso sfegatato del Bologna, girava con una Smart colorata di rosso e di blu, come la squadra del cuore. Figlio di barbiere, entrò alla clinica Villalba come centralinista per uscirne trent’anni dopo amministratore delegato. Ambizioso e pieno d’autostima, talvolta amava parlare di sé in terza persona. Nel 2010 accarezzava il sogno di diventare sindaco di Bologna: ci sarebbe pure riuscito se non gli fosse capitata, in piena campagna elettorale, un’ischemia che lo costrinse all’ospedale per qualche giorno ma soprattutto lo spaventò. Allora con le lacrime agli occhi annunciò: «Abbandono il sogno della mia vita, questo campanello d’allarme mi ha reso vulnerabile». Scrisse insieme alla figlia un’autobiografia intitolata Bologna nel cuore, in cui raccontava di aver avuto, nemmeno quarantenne, una trombosi: «Una riga orizzontale bianca in un occhio mi impediva di vedere, un oculista mi disse che ero stato fortunato e mi chiese di rallentare i ritmi. Ma avevo troppe cose da fare». A maggio dell’anno scorso rientrò nel consiglio comunale e poi nell’assemblea regionale e provinciale del Pd, qualcuno parlò di una candidatura da onorevole, ma lui confessava: «Io volevo fare il sindaco». Forse anche per questo desiderio mai realizzato, nell’ultimo periodo appariva provato e i sorrisi gli si spegnevano in viso. Martedì sera lo si aspettava per una festa tra tifosi bolognesi. Alle 21 gli telefonarono per chiedere quando arrivasse: «Questione di minuti», la risposta. Invece, ancora nel palazzo della Regione, con grafia curata scrisse su un biglietto: «Pensate a mia moglie e a mia figlia». Lo lasciò sulla scrivania e salì fino al balcone del settimo piano. Si buttò di sotto, finendo venti metri più in basso (per la botta si ruppero perfino le mattonelle del pavimento). Lì per lì una guardia giurata in servizio di vigilanza sentì un tonfo, fece un giro per controllare ma senza notare nulla di strano. Lo trovarono solo la mattina dopo. Martedì sera, nella sede della Regione in viale Aldo Moro, a Bologna.