Paola Sorge, la Repubblica 13/5/2012, 13 maggio 2012
La guardava con amore, la palpava, la ricreava sognando per lei nuove fantasie. Non stiamo parlando di una delle tante conquiste femminili di d´Annunzio, ma di un tessuto di seta
La guardava con amore, la palpava, la ricreava sognando per lei nuove fantasie. Non stiamo parlando di una delle tante conquiste femminili di d´Annunzio, ma di un tessuto di seta. Metri e metri di seta frusciante che il Vate, chiuso nel suo eremo di Gardone, amava e reinventava proprio ornandola di motivi fiammeggianti, per lo più rossi e azzurri (i colori "eroici" di Fiume) che, come afferma in più di una lettera, dipingeva lui stesso «con mano volante». Mandava i suoi disegni accompagnati da precise indicazioni sulle tonalità dei colori, alla maison Paul Andrée Léonard di Milano che li stampava sulla stoffa prescelta; ne faceva poi fare foulard (i «quadrati magici») e vestiti estivi per le amanti, uno dei quali è giunto miracolosamente intatto fino a noi. Di seta, in fantasia rigorosamente rossa e blu, porta l´inconfondibile marchio di d´Annunzio e venne confezionato presumibilmente nel 1930 per Luisa Baccara (è stato esposto assieme ad altre splendide toilettes da sera della pianista veneziana, compagna ufficiale del Vate, all´Aurum di Pescara). D´Annunzio, sempre molto orgoglioso delle sue invenzioni in fatto di moda, regalava a piene mani, alle donne che attiravano il suo interesse, le sete da lui disegnate. Come quella color avorio punteggiata da macchie di colore che nel 1933 donò a Paola Borboni quando recitava con Ruggero Ruggeri e che, per un altro miracolo, è stata gelosamente conservata e oggi è ancora in ottimo stato. Siamo dunque di fronte a un sorprendente d´Annunzio designer di stoffe. Ma non solo. Da vero stilista di moda femminile, egli creava per la Baccara abiti, mantelli, camicie che faceva confezionare dalle più note sarte del tempo curandone ogni particolare con un´attenzione quasi maniacale; sceglieva per ogni capo gli accessori più adatti, dalle scarpe alle borsette, ai gioielli e tutto, ovviamente, doveva essere di «una raffinatezza estrema»; apportava modifiche di sua invenzione a modelli che giudicava insignificanti. E, dulcis in fundo, ideava per le avvenenti e giovani ospiti che allietavano le sue notti al Vittoriale, le «vesti magiche». Erano destinate all´incontro amoroso, erano camicie di seta color cipria o scintillanti d´oro e d´argento, negligé trasparenti, vestaglie di velluto e broccato, corte sottovesti in chiffon impalpabili come ali di farfalla. Prima di presentarsi al cospetto del Vate, la bella doveva abbigliarsi seguendo un rigoroso rituale. In un piccolo appartamento riservato alle giovani ospiti del Vittoriale, colmo ogni volta di doni intriganti, l´amante di turno veniva vestita, truccata, profumata da Aélis (Emilie Mazoyer), la fedele governante che viveva per soddisfare i desideri del suo padrone: calze finissime di seta, collana «ombelicale», Chanel n. 5, bocchino di onice e lapislazzuli da cui aspirare un´abdullah n.2, questa la divisa d´ordinanza di chi doveva incarnare ogni notte l´ideale di donna vagheggiato dal poeta. Disinvolta, disinibita, emancipata e raffinata. Ma soprattutto eternamente seducente. Con l´uscita di un libricino che pubblica gli atti del convegno tenuto la scorsa estate a Pescara sul rapporto del Vate con la moda (Gabriele d´Annunzio padre dello stile italiano, Silvana ed.), viene alla luce un d´Annunzio inedito che non solo detta legge in fatto di moda, ma che dipinge la seta e disegna abiti femminili con la stessa passione con cui ama le donne. È l´esteta per eccellenza che sfoga il suo estro creativo stabilendo un connubio inscindibile tra una bella stoffa e l´amante di turno, che inventa soluzioni magiche per le vesti con le quali riesce a trasformare ragazze modeste e sprovvedute in femmes fatales. Come ad esempio Jouvence (Angèle Lager) che colmò di abiti, profumi, gioielli, rosari orientali e talismani egiziani; con lui la modesta francesina si trasformava «in un raggio leggero avvolto di seta nera». Dopo una serata passata con lei, le scriveva: «…Tutto in te era sottile, leggero e trasparente come il tessuto che porta il nome di tulle…». In fondo la frase indirizzata a una delle sue tante giovani amanti dei suoi ultimi anni - «Ti amo perché ti creo» - vale per tutte le sue donne. Persino per la sua prima fidanzatina, Lalla, alias Elda Zucconi, alla quale il diciottenne poeta già imponeva i suoi gusti in fatto di moda. «…Io, vedrai, quando sarai mia, ti farò ammattire; penso già come dovrai andar vestita, ti piaccia o non ti piaccia», le scrisse in una lettera del 19 maggio 1881, «Ti farò io il figurino, un figurino co´ fiocchi e ti garantisco che dopo un mese molte signore ti imiteranno…». D´Annunzio avrebbe voluto essere un principe del Rinascimento per potersi vestire di velluto e seta. Acquistava a qualsiasi prezzo i meravigliosi e costosi broccati di Giuseppe Lisio che utilizzò per vestaglie da favola, impazziva di fronte ai fantastici tessuti di Mariano Fortuny, ordinava alla Maison Léonard quantità incredibili di velluti «lionati», di ricchi lamé, di mousseline. Quando fece apporre su alcuni capi l´etichetta "Gabriel Nuntius Vestiarius fecit" e annunciò fiero di dirigere una sartoria al Vittoriale, pensarono tutti a uno scherzo o quanto meno a un vezzo dell´ormai anziano poeta. Ma le lettere da lui inviate alle sarte Marta Palmer e Maria Testa di Milano e a Edwige Bastianini Bellmann (che qui pubblichiamo), parlano chiaro: il Vate pretende ogni volta che i suoi modelli e le sue precise istruzioni siano eseguiti alla perfezione. Certo non dirigeva una sartoria, ma gli sarebbe piaciuto un mondo farlo davvero; si contentava di trasformare ogni tanto il Vittoriale in «un laboratorio di sarte e di modiste laboriosissimo», come racconta nell´agosto del 1930. Nel suo libro dei conti aveva scritto «Ardens avaritia!» e anche in questo il Vate non si smentì mai: uno come lui che ordinava i vestiti per le cameriere nientemeno che da Poiret, il più celebre sarto di Parigi, certo non batteva ciglio di fronte ai salatissimi conti delle sarte - una semplice princesse costava circa 700 lire, un mantello dalle 900 lire in su, un abito da sera 1500 o 1700. Spesso si scordava di pagare, ma poi si faceva perdonare dalle malcapitate mandando sue foto con dedica: «A Edwige Bastianini il non rassegnato filibustiere dell´Adriatico».