C.P., Corriere della Sera 13/5/2012, 13 maggio 2012
Che si assuma l’accento del luogo in cui si vive è noto, ma che ciò accada anche a chi arriva, per esempio, da un lontano Paese africano riesce ancora a sorprenderci
Che si assuma l’accento del luogo in cui si vive è noto, ma che ciò accada anche a chi arriva, per esempio, da un lontano Paese africano riesce ancora a sorprenderci. Secondo uno studio dell’Università della California pubblicato su Attention, Perception & Psychophysics, invece, è del tutto normale, perché tutti siamo imitatori inconsci dei nostri interlocutori: tale emulazione involontaria avrebbe uno scopo socializzante, aiutandoci a entrare in contatto con il prossimo e indicherebbe che il cervello è sensibile al modo in cui il linguaggio viene articolato, cioè non solo sentito, ma anche "visto". Gli psicologi americani hanno infatti dimostrato che, se ascoltiamo qualcuno osservando le sue labbra e poi ne ripetiamo il discorso a voce alta, parliamo proprio come lui. «Quando noi neurologi pensiamo al linguaggio — dice Gabriele Miceli, Direttore clinico del Centro di riabilitazione neurocognitiva mente/cervello dell’Università di Trento — pensiamo subito all’area di Broca, regione del cervello di sinistra, implicata in quasi tutte le capacità connesse a parola, articolazione, lessico, elaborazione dei suoni verbali eccetera. Ma l’avvento delle neuroimmagini, dalla TAC alla risonanza magnetica funzionale, ci ha costretto a rivedere molti dogmi, mostrandoci che il linguaggio provoca un’attivazione cerebrale bilaterale». Del resto nemmeno queste tecniche possono chiarire tutto. La risonanza magnetica funzionale, ad esempio, fornisce eccellenti immagini, ma dice poco sui cambiamenti ultrarapidi che si verificano in una certa area cerebrale: quando parliamo dobbiamo recuperare nel nostro archivio nomi, verbi, aggettivi adatti e integrarli fra loro. Il tempo per questi processi è di circa 40 millisecondi. Che cosa succede in quell’infinitesimo tempo ancora non lo sappiamo: quando cerchiamo di correlare un aspetto cognitivo come il linguaggio con un substrato anatomico come le aree cerebrali abbiamo il problema di mettere insieme due aspetti di uguale estrema complessità e ciò non è sempre possibile. «Ciò che emerge con chiarezza — conclude Miceli — è che la percezione e la produzione dei suoni del linguaggio richiedono una complessa interazione di strutture cerebrali e che l’area di Broca è coinvolta nella produzione, ma non nella comprensione dei suoni, che avviene sopratutto nelle aree uditive primarie dei lobi temporali». C. P.