Renato Mannheimer, Corriere della Sera 13/5/2012, 13 maggio 2012
I risultati delle ultime amministrative hanno dato una scossa violenta alla vita dei partiti. L’elevato tasso di astensione, il gran numero di schede bianche e nulle (di cui troppo poco si è parlato) e il successo di un movimento antipartitico come la lista 5 stelle hanno mostrato tutta la debolezza delle forze politiche tradizionali nell’opinione pubblica italiana
I risultati delle ultime amministrative hanno dato una scossa violenta alla vita dei partiti. L’elevato tasso di astensione, il gran numero di schede bianche e nulle (di cui troppo poco si è parlato) e il successo di un movimento antipartitico come la lista 5 stelle hanno mostrato tutta la debolezza delle forze politiche tradizionali nell’opinione pubblica italiana. D’altra parte, questo scarso appeal dei partiti era già stato indicato dalle ricerche che mostravano il decrescere progressivo del grado di fiducia nei loro confronti. Diversi esponenti politici avevano obiettato che, malgrado il consenso per l’insieme delle forze politiche si fosse costantemente ridotto, il supporto per i singoli partiti — ciascuno si riferiva in particolare al proprio — non aveva probabilmente subito un trend siffatto. I risultati delle elezioni hanno mostrato che le cose non stanno così. Ma lo hanno indicato, prima e dopo le consultazioni, anche le risposte ai sondaggi, che ci offrono una serie di indicazioni ulteriori a quelle emerse dal voto. Essi confermano ad esempio come anche la fiducia espressa per ciascun partito sia molto esigua. Ad esempio, dichiara di avere fiducia nel Pd, che è la forza che ottiene il maggiore livello relativo di consenso, solo il 16% dell’elettorato, mentre il 77% manifesta l’atteggiamento opposto. Naturalmente la maggioranza (67%) degli elettori di questo partito gli conferma il proprio supporto, ma ben un terzo di questi ultimi afferma invece di non nutrire fiducia. Ancora più critica è la situazione del Pdl, verso il quale la fiducia espressa ammonta, nell’insieme dell’elettorato, al 9%, mentre assume un orientamento contrario l’85%. Anche in questo caso, la maggioranza (ma meno ampia, il 59%) dei votanti per Berlusconi e Alfano ribadisce il proprio consenso, ma il 40% degli stessi lo nega. Questi dati spiegano in larga misura il recente risultato elettorale negativo del Pdl, ma mostrano al tempo stesso come la crisi di questo partito perduri ben oltre il momento del voto. Anche per le altre forze politiche, la grande maggioranza degli italiani esprime sfiducia. La forza in assoluto meno «gettonata» è, coerentemente con altre rilevazioni precedenti, la Lega. La sfiducia verso i partiti si inquadra in un più generale trend di disaffezione da tutte le principali istituzioni politiche, anch’esso accentuatosi nelle ultime settimane. L’indice sintetico di fiducia per le istituzioni politiche elaborato da Ispo (che misura, attraverso un algoritmo statistico, il consenso verso diverse istituzioni, dall’Ue al Parlamento, al Governo, fino al presidente della Repubblica) mostra al riguardo un calo drastico dal valore di 48,4 registrato lo scorso novembre al 25,5 di oggi. A questo calo di fiducia complessiva corrisponde una altrettanto drastica diminuzione del livello di interesse verso gli avvenimenti politici. Anche questo è un trend in corso da molto tempo: sei anni fa, nell’aprile 2006, il 56% della popolazione dichiarava di essere in qualche misura («molto» o «abbastanza») interessato alla politica. Oggi questa percentuale si è drasticamente contratta, superando di poco il 30%, ciò che significa che il 70% degli elettori — era il 43% nel 2006 — afferma di non occuparsi di vicende politiche. Insomma, la politica è seguita oggi da meno di un italiano su tre. Appare relativamente più interessata la generazione di età centrale (35-55 anni), specie tra coloro che si collocano nel centrosinistra o nella sinistra tout court. L’interesse è poi notevolmente più alto (61%) tra i laureati. D’altra parte, il calo di attenzione per la politica è percepito anche soggettivamente dagli stessi cittadini. Ben il 43% dichiara infatti di avere ridotto il proprio interesse per le tematiche politiche anche (per alcuni, specialmente) a seguito dei numerosi scandali che hanno coinvolto in questi mesi svariati partiti ed esponenti politici. Un fenomeno siffatto si è manifestato con particolare intensità tra i meno giovani, tra le casalinghe e, ovviamente, tra i meno partecipi politicamente. Il quadro complessivo che emerge da questi dati è dunque assai critico. I risultati del primo turno della amministrative non sono che un segnale evidente del clima di opinione del Paese. Alla sfiducia nelle istituzioni — e nei partiti in particolare — corrisponde un senso di impotenza (e talvolta, ma in modo minoritario, di rabbia) tra i cittadini che finisce col tradursi nella scelta di forze politiche che «rappresentino» la protesta o, più spesso, in un disinteresse per quanto accade nel mondo politico che si traduce nell’astensione. E persino per il governo Monti — che ha assunto inizialmente l’immagine di reazione «tecnica» ai partiti tradizionali — si registra in queste settimane un drastico calo di consensi.