Lauretta Colonnelli, Corriere della Sera 05/05/2012, 5 maggio 2012
UN COLPO DI LUCE SUI «CUPI» ANNI 30
Una lastra di ardesia nel vestibolo della cucina, visibile anche dall’ ingresso. Isabella Ferretti vi scrive il menù della sera, quando la famiglia si riunisce: «Mi ricorda i pub inglesi e le trattorie di New York dove si mangia bene con poco. Quelle buone ricette che si trovano anche a Roma, nelle vecchie osterie sopravvissute al fast food. Quando usciamo sono le nostre preferite» «C i abbiamo messo cinque anni per trovarla, ma appena l’ abbiamo vista abbiamo detto: ha un’ aria di casa. Anche se eravamo sconcertati dalle pareti rosso pompeiano con greche nere e mobili in ebano con i piedi a zampa di leone». Isabella Ferretti e il marito Tomaso Cenci cercavano l’ esatto contrario: una casa minimalista, bianca e luminosa. «E non ci era mai piaciuto Marcello Piacentini», aggiunge Isabella. Guarda caso, l’ edificio in cui avevano trovato l’ appartamento era stato disegnato a forma di stella a tre punte, negli anni Trenta, proprio dall’ architetto che durante il fascismo aveva cambiato il volto di Roma con interventi urbanistici come la Città universitaria e l’ Eur. Entrambi avvocati, romani, Isabella e Tomaso arrivavano però da New York, dove avevano vissuto per qualche anno all’ incrocio tra la Sessantesima strada e la Seconda avenue, con ristorantini casalinghi che si alternavano a piccole librerie. Queste librerie avevano fatto germogliare in loro il sogno di fondare una casa editrice per far conoscere ai lettori italiani i racconti d’ oltreoceano. Il sogno l’ hanno realizzato a Roma, quattro anni fa. Si chiama 66thand2nd, come l’ incrocio di New York. Oggi hanno in catalogo ventitré titoli e due collane: Attese, dedicata alla grande letteratura sportiva, e Bazar, che raccoglie autori di lingua inglese di etnie diverse. A queste se n’ è aggiunta una terza, Bookclub, che ha stampato «Il nuovo abbecedario russo» di Katia Metelizza, spassoso inventario della società russa contemporanea. L’ altro sogno riuscito di Isabella e Tomaso è la trasformazione dell’ abitazione romana, oppressa da ridondanze dannunziane: minimalista, chiara, piena di luce e di spazio. Con una preziosità che non avevano previsto: «Quando abbiamo cominciato a togliere tappezzerie e controsoffittature - racconta Isabella - sono apparsi affreschi, stucchi, decorazioni con grifoni rampanti, soffitti a cassettone con fregi in oro. Piacentini li aveva fatti realizzare da un pittore ungherese che collaborava ai suoi progetti, come omaggio al committente della palazzina, costruita per una cooperativa di magistrati». Ora i pavimenti in graniglia colorata dialogano di nuovo armoniosamentecon le tinte pastello dei dipinti murali. E le grandifinestre, liberate dai tendaggi, fanno entrare il sole a ogni ora del giorno. Nella stanza da letto dei padroni di casa ce ne sono addirittura quattro. In tutte le camere risplende il bianco, dalla tinteggiatura delle pareti al corian degli armadi (un materiale di origine industriale simile al legno). I bagni sono rischiarati dal cemento di luna che riveste i pavimenti e l’ interno delle cabine doccia e modella la vasca. Come antigoccia, una candida vela ricavata da uno spinnaker riciclato. Le lampade risalgono tutte agli anni Sessanta e Settanta, dalla suggestiva Patroclo disegnata da Gae Aulenti alla famosa Eclisse di Vico Magistretti. Il letto, con una semplice spalliera in ferro battuto, l’ hanno portato dall’ America. «L’ aveva comprato mio marito quando ci siamo sposati e non volevamo lasciarlo, anche se è un fuori misura, oltre due metri di larghezza, un California King, come lo chiamano làDevo acquistare le lenzuola su internet perché in Italia non se ne trovano di così grandi». In salotto soltanto un divano e la dormeuse con seduta rivestita in pelle bianca, disegnata nel 1930 da Ludwig Mies van der Rohe. Qualche libro appoggiato sul pavimento. «La biblioteca, molto ricca perché entrambi siamo da sempre lettori forti, è parcheggiata in cantina. In attesa che ci venga un’ idea convincente per costruire le librerie. Tutta la casa è cresciuta così, pian piano. Abbiamo aspettato di capire che cosa introdurvi, cominciando ad abitarla con il minimo indispensabile». In camera da letto, sopra un ripiano ancorato alla parete, troneggia la raccolta del New Yorker, «la bibbia», come lo chiama Isabella. Nel suo studio, soltanto una montagna di dattiloscritti con le proposte letterarie da esaminare. «Abbiamo dei collaboratori, ma alla fine le visiono tutte di persona. Ho bisogno di sentire se sprigionano emozioni».
Lauretta Colonnelli