Lauretta Colonnelli, Corriere della Sera 25/04/2012, 25 aprile 2012
SI CHIAMAVA CARLO CASTELLI IL PASQUINO DI URBANO VIII
Quod non fecerunt barbari, Barberini fecerunt (Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini): per secoli si è cercato l’ autore della celebre pasquinata apparsa sulle colonne del Pantheon nel 1624, quando Maffeo Barberini, diventato papa l’ anno precedente col nome di Urbano VIII, incaricò il Bernini di fondere le travi di bronzo dell’ antico tempio per costruire gli ottanta cannoni di Castel Sant’ Angelo e il baldacchino nella basilica di San Pietro. Ora il nome di colui che condannò l’ attività edilizia del papa è stato scoperto per caso da Sandro Barbagallo, storico dell’ arte dell’ «Osservatore Romano». Si tratta di Carlo Castelli, all’ epoca canonico di Santa Maria in Cosmedin e ambasciatore del Duca di Mantova presso la Santa Sede. «A rivelarcelo con certezza - racconta Barbagallo - è lo stesso Urbano VIII. Sto portando avanti una ricerca sul significato esoterico di certe pitture e sono andato a leggermi il diario del papa, conservato nella biblioteca apostolica vaticana come Codice Urbinate 1647. A pagina 576v mi sono imbattuto nella rivelazione». Ecco il racconto del pontefice: «Dalle lingue malediche e detrattori di fama contaminata fu decantato lo spoglio d’ un ornamento antico, benché ciò sia stato vero di haver levato quel Metallo, ma estimato ancor bene e posto, per essere stata ornata la Chiesa de’ SS. Apostoli, e si è visto a tempi nostri sopra di questi Critici la maledizione di Dio, perché l’ Agente del Duca di Mantova che fu Detrattore di aver affissi i Cartelli di quell’ infame Pasquinata da famiglia Barbera ad Barberina, egli morse d’ infermità e nel letto chiese perdono a Papa Urbano Ottavo». Confessione in punto di morte, quindi. Anche se il nome di Carlo Castelli era già circolato. Nel vocabolario della Treccani per esempio, che riporta la pasquinata e, tra parentesi, «di cui sembra sia stato autore il mantovano Carlo Castelli». Più accreditata ancora era l’ identità del senese Giulio Mancini, che fu medico personale di Urbano VIII, curò Caravaggio durante il soggiorno romano dell’ artista presso il cardinal De Monte e ne scrisse la prima biografia. Un’ altra ipotesi era che la pasquinata fosse frutto d’ una protesta corale di popolo. Finché visse, Castelli cercò di nascondere la bravata, anche perché, come fa notare Barbagallo, rischiava la decapitazione. «All’ epoca si era molto severi con i detrattori del pontefice, soprattutto se ecclesiastici». E Castelli, morto il 4 dicembre 1639, era sacerdote, canonico, protonotaro apostolico e cameriere d’ onore del papa che aveva criticato.
Lauretta Colonnelli