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 2012  maggio 11 Venerdì calendario

Allarme casa, il Nord Est non compra più - Il settore è per ora soltanto sfiorato dalla crisi. Non travolto

Allarme casa, il Nord Est non compra più - Il settore è per ora soltanto sfiorato dalla crisi. Non travolto. Ma sintomi di cambiamento ini­ziano a comparire, e infatti gli ope­ratori immobiliari guardano con attenzione i nuovi dati di uno stu­dio dell’Agenzia del territorio in collaborazione con l’Abi, l’Asso­ciazione bancaria italiana: il volu­me di compravendite di abitazio­ni nel 2011 in Italia è diminuito del 2,3%, con 62 milioni di metri qua­dri venduti (-1,5). Sono solo segnali, appunto, non allarmi. Ma questi indizi indi­cano una decisa sofferenza del Nord, e in particolare del nord est: è questa,secondo lo studio,l’ area dove si registra il maggior calo del­le compravendite (-3,4% rispetto al 2010). E analizzando i redditi medi delle famiglie italiane (poco al di sotto dei 42mila euro l’anno) la ricerca sottolinea una difficoltà maggiore al Settentrione. «Sem­bra che a pagare maggior pegno al­la recessione - scrive l’Abi - siano state le famiglie settentrionali, con un reddito oggi inferiore del 4,8% rispetto al punto di picco in­dividuato, mentre le famiglie del resto d’Italia hanno limitato le per­dite dal punto di picco ad un 2-2,5%».Come punto di picco si in­tende il momento in cui la media dei redditi familiari in Italia ha toc­cato il livello più alto, nel primo se­mestre del 2008. Scrive ancora l’Abi che, pur con stipendi medi normalmente inferiori almeno del 34% rispetto al Nord, le fami­glie meridionali in questo mo­mento «presentano in media le migliori condizioni di accesso al­l’acquisto di una abitazione». Si tratta quindi per ora di avvisa­glie, primi sintomi. Ma nonostan­te la tenuta ancora provata del mercato immobiliare italiano, «più solido di quello di altri Pae­si », è importante «tenere un oc­chio sulle tendenze del mercato ­commentava alla presentazione del rapporto il sottosegretario al­l’Economia, Vieri Ceriani - per­ché le bolle speculative possono causare crisi finanziarie sistemi­che ». Su scala nazionale, il 2011 non è stato un anno di brusca frenata per gli acquisti e le vendite di im­mobili. La flessione (leggera) non è stata per esempio affiancata dal crollo dei prezzi. Secondo l’Abi, il valore di denaro circolante è so­stanzialmente stabile (-0,4%), 101,8 miliardi, e il costo degli ap­partamenti non si sta abbassan­do. La quotazione media ha rag­giunto i 1.584 euro al metro qua­dro, in leggero aumento (0,7%). Ci­fre che sembrerebbero schizofre­niche rispetto ai 130mila posti di lavoro che si teme andranno persi nel 2012, ai suicidi giornalieri di imprenditori al lastrico. Ma per la casa si continua a spendere e a indebitarsi, anche se con meno facilità rispetto al passa­to, e con differenze tra grandi città e piccole provincie. Come se la ca­sa di proprietà fosse un’illusione che ancora resiste, forse l’ultima rimasta viva. Il costo medio di un’abitazione in Italia è di circa 160mila euro, corrispondente a «quasi quattro anni di stipendi medi». Secondo la ricerca si tratta di un prezzo accessibile:oggi«po­co­più della metà delle famiglie ita­liane può accedere all’acquisto di una abitazione», sostiene l’Abi. Ma il rialzo dei tassi di interesse ha portato a un aumento della rata di circa 40 euro al mese. Una fami­glia media paga 698 euro. Il nume­ro dei nuovi mutui è diminuito del 4,5%, anche questo un indizio non grave ma tenuto d’occhio. La prospettiva di pagamento medio è di 23 anni e 5 mesi. Nelle grandi città il mercato resi­denziale sembra non risentire del­la crisi, ed è stato anzi nel 2011 più vivace rispetto al 2010. Da Roma a Milano a Palermo, l’andamento ha segnato un aumento del 2,4%. Si è venduto e comperato moltissi­mo soprattutto a Torino (+6,9) e a Firenze (+6). Il fatturato nelle otto grandi città italiane è cresciuto del 3,2%. Il record dei costi va a Fi­renze, con 313mila euro medi, ad­dirittura più di Roma, con una me­dia di 300mila. Ma questa anoma­lia si spiega con il boom degli ac­quisti di monolocali nella Capita­le, aumentati di oltre il 18%.