PAOLO BARONI, La Stampa 11/5/2012, 11 maggio 2012
Indagati l’ex dg Vigni e il collegio dei sindaci - Dice il comandante della guardia di Finanza di Siena: «L’indagine è a 360 gradi e si sta valutando anche l’ipotesi che la Banca Mps possa essere stata danneggiata»
Indagati l’ex dg Vigni e il collegio dei sindaci - Dice il comandante della guardia di Finanza di Siena: «L’indagine è a 360 gradi e si sta valutando anche l’ipotesi che la Banca Mps possa essere stata danneggiata». «Tra le piste investigative c’è anche quella che Mps possa essere stata vittima», puntualizza il colonnello Gianpaolo Mazza. Che ieri ha dichiarato chiusa l’attività di perquisizione annunciando che tutti i documenti, sia cartacei che informatici, sono stati spediti al Nucleo Valutario della Gdf di Roma. In tutto fanno dieci scatole. «Si tratta di leggere bene tutti i documenti per capire se tra le cose scritte si coglie anche un non scritto» spiega una fonte. Che fuor di metafora parla di possibili «condizioni capestro» poste cinque anni fa al Monte dei Paschi al momento di acquisire dal Santander la banca Antonveneta. Del prezzo lievitato improvvisamente da 6,3 a 10,1 miliardi si sa tutto e tanto si è detto e scritto. Ora si tratta di capire se quel prezzo, tra l’altro non avallato da nessun tipo di due diligence come avviene sempre in occasione di transazioni così importanti, rispondeva alle condizioni ed ai valori di mercato di fine 2007 oppure nascondeva «altre finalità». Chi ha potuto vedere l’ordinanza con cui il sostituto Antonino Nastasi ed i pm Nicola Marini e Aldo Natalini hanno disposto le quasi settanta perquisizioni di giovedì riferisce che l’inchiesta riguarda innanzitutto l’ex direttore generale del Monte Antonio Vigni, dimessosi a inizio anno e liquidato con un buonuscita di 4 milioni di euro. «Vigni+altri» è scritto sul documento. Gli «altri» sarebbero i tre componenti del vecchio collegio sindacale cui spettava il controllo sugli atti del top management della banca, a cominciare dal presidente Tommaso Di Tanno, uno dei fiscalisti più in vista della capitale, docente di diritto tributario all’università di Siena, in passato consulente del ministro delle Finanze diessino Vincenzo Visco. Se un problema di valutazione dell’Antonveneta è alla base dell’inchiesta è naturale che Di Tanno venga sottoposto a indagini, lo stesso dicasi per gli altri due sindaci, Pietro Fabretti e Leonardo Pizzichi. Non solo, ma in base alla legge 231 la stessa banca finirebbe sotto inchiesta per «responsabilità oggettiva» posto che i magistrati ipotizzano i reati di aggiotaggio, alterazione dei valori di borsa e ostacolo all’attività di vigilanza. Quello che pensa dell’operazione-Antonveneta Di Tanno l’ha spiegato bene pochi giorni fa, il 27 aprile, nel corso dell’assemblea dei soci della banca al termine del suo mandato. A suo parere tutti i documenti trasmessi al collegio sindacale erano corretti, sia dal punto formale che sostanziale. «Il valore patrimoniale della banca era di 2,3 miliardi e fu acquistata per 9 miliardi. Non entro nel merito se il prezzo di 9 miliardi fosse appropriato» , spiegò Di Tanno, aggiungendo poi, tra le proteste molto vivaci di tanti piccoli azionisti, che la due diligence preventiva sulla banca veneta «non fu fatta», ma tuttavia i dati «risultarono veritieri». Il lavoro di verifica dei finanzieri partirà da proprio da qui, dall’origine dell’operazione Antonveneta, dal contratto con gli spagnoli e dalla valutazione «stellare» attribuita alla banca padovana, finita prima nel mirino della Popolare di Lodi, quindi conquistata da Abm Amro e poi passata alla maxi cordata Santander-Rbs-Fortis ed infine rivenduta a Rocca Salimbeni in seguito allo «spezzatino» del gruppo olandese. Altrettanta attenzione verrà posta a tutti i passaggi relativi agli aumenti di capitale che si sono succeduti dal 2008 in poi per far fronte all’operazione, agli strumenti finanziari utilizzati, ed al ruolo svolto da consulenti e partner dell’operazione, in primis Mediobanca, Deutsche Bank e Jp Morgan che affiancarono Mps e la fondazione azionista. «E’ un’operazione complessa - ha spiegato ieri il colonnello Mazza - . Si deve verificare se l’acquisizione ha portato tutti gli altri effettiche si sono verificati sul mercato». Si parte dunque con l’ipotesi dell’aggiotaggio per poi allargare eventualmente il ventagliodei reati man mano che il lavoro di indagine e gli accertamenti produrranno nuove evidenze. Anche l’ipotesi ventilata ieri da “la Stampa”, un’operazione estero su estro da 1,5 miliardi transitata da Londra a favore di ignoti beneficiari, resta in piedi: da oggi, carte alla mano, si cercheranno riscontri, ma soprattutto omissioni «sospette». Il «non scritto» insomma. Allo stesso tempo, anche il numero degli indagati, per ora fermo a quota quattro potrebbe anche aumentare: i nomi di alcuni dei 38 perquisiti mercoledì dalla Fiamme gialle potrebbero infatti finire per allungare la lista.