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 2012  maggio 11 Venerdì calendario

Pizza, mozzarella e branzino nella Little Italy di Serbia – Alle cinque della sera trovare un taxi nel centro di Kragujevac è un´autentica impresa

Pizza, mozzarella e branzino nella Little Italy di Serbia – Alle cinque della sera trovare un taxi nel centro di Kragujevac è un´autentica impresa. Sono tutti in fila, non alla stazione o all´aeroporto che qui nemmeno c´è, ma ai cancelli della Fiat. In attesa che impiegati e tecnici italiani del nuovo stabilimento in Serbia, circa 3000 persone, si mettano a loro volta in coda per tornare a casa o in albergo. Nessuno "scandalo", però, quella del taxi non è un lusso, ma soltanto un´esigenza. La fabbrica è decisamente fuori mano, non ci sono mezzi di trasporto pubblico, le tariffe poi sono più che accessibili e l´azienda rimborsa ai fuori-sede l´importo della corsa. Certo è un business piovuto dal cielo per gli autisti di questo pezzo di Serbia dimenticata che in pochi mesi, grazie all´arrivo della grande fabbrica italiana, ha visto crescere il proprio Pil trasformandosi in una piccola provincia del nostro stivale. Una Little Italy in piena regola. I primi a fiutare che il vento stava cambiando sono stati come sempre bar e ristoranti. Via le vecchie insegne in inglese tipo "London" o "Time" per far subito posto ai più accattivanti "Duomo", "Pane e Vino", "Da Vinci", "San Pietro" e al classico, errore compreso, "Pizza napolitana". Di alberghi, grandi o piccoli, qui o in zona non è che ce ne fossero molti. Città industriale, sede della Zastava, sulle cui ceneri è sorto il modernissimo stabilimento voluto da Marchionne che da questa estate inizierà a produrre la nuova 500L, Kraguejevac ha provato a ristrutturare i pochi che già c´erano e a trasformare in mini residence parte del proprio patrimonio immobiliare. Per farla breve, un bivani, arredato, completo di Internet e tv via cavo, non lo si trova a meno di 400-500 euro. «Il prezzo ovviamente sale - spiega in perfetto italiano Liliana Balgojevic della Agencija Nekretnine - se l´appartamento è più grande e in pieno centro». Cifre tutto sommato abbordabili, ma assolutamente off-limits per i locali, il cui reddito per i pochi che un lavoro ce l´hanno non arriva a 200 euro. Tremila nostri connazionali, più centinaia di altri dell´indotto che collabora con l´industria torinese, non potevano in una città di meno di duecentomila abitanti non produrre una piccola rivoluzione. A cominciare da quella alimentare. Tanto che la catena di supermercati Metro ha visto aumentare in maniera massiccia il consumo di pasta, mozzarella, parmigiano, rucola e spezie varie. E soprattutto è stata costretta ad approvvigionarsi di pesce fresco che in un Paese in cui si mangia prevalentemente carne era poco richiesto anche perché assai costoso. E così la vendita di branzini, spigole, orate e tonno fresco è in un amen lievitata di oltre il 200 per cento. Taxi, ristoranti, alberghi, pranzetti a base di pesce potrebbero far pensare che questa massa di italiani in trasferta sia qui a fare la bella vita. Niente di più falso. I turni di chi sta addestrando il personale locale o sta provvedendo a mettere tecnicamente il nuovo stabilimento in grado di poter funzionare sono massacranti. Dieci, dodici ore al giorno che non lasciano il tempo di far altro, una volta usciti dalla fabbrica, che di tornarsene a casa. Il discorso cambia nei week-end, quando ci si può concedere qualche svago in più. Il ristorante dell´hotel Zelengora è diventato nei fine settimana una sorta di casa Italia. Un punto di incontro di buona parte delle nostre tute blu di Kragujevac. «Non è che qui si mangi granché bene - spiega Luigi Spizzichino della Iscot Italia, un´azienda che si occupa per conto della Fiat di pulizia industriale - ma è un modo per ritrovarsi, per parlare nella nostra lingua». Oltre che cucina nostrana l´hotel Zelengora offre anche dell´altro. Come "il giro vincente", visita - il venerdì e il sabato - al Grand Casino di Belgrado. Costo 1500 dinari, circa 15 euro, partenza alle 19 e ritorno all´una di notte. Cibo, gioco, mancano solo le donne. Che qui sono belle e sulle prime sembravano anche molto disponibili. Giusto il tempo di capire che quei giovanotti venuti dall´Italia erano semplicemente in cerca di uno svago. Le eccezioni non mancano. «Ma sono percentualmente irrilevanti», ironizza Sasa, proprietario del "Dolce Vita" e testimone, lui dice, di molte love story. A dirla tutta, se un problema c´è, è quello della lingua. Il serbo è difficile e tranne che per Ziveli (cin cin), Nema veze (non importa), Polako (piano) doberdan (buongiorno), dobravece, (buonasera) e poco altro, comunicare è difficile. Ne sa qualcosa Fabio che uscito di notte da una discoteca prima di tornarsene a casa, in taxi ovviamente, è stato costretto a farsi il giro di quasi tutta la città.