Luciano Moggi, Libero 11/5/2012, 11 maggio 2012
MARADONA RITROVA MOGGI «AIUTAMI CON IL FISCO»
Metti un giorno a Dubai con Maradona, un invito dello sceicco, un incontro annunciato e caloroso. Con Diego non ci eravamo mai persi di vista, un rapporto sempre franco e cordiale, fin da quando ero il direttore generale del Napoli. L’avevo rivisto a Torino, quando ero alla Juve, in quella occasione mi propose giocatori argentini, era accalorato nel farlo, difendeva le sue valutazioni, ma sul punto non ci incontrammo. Lo rividi con piacere a Napoli nel giorno dell’addio di Ferrara al calcio giocato, la sua presenza cambiò faccia all’evento, sembrava la partita del “suo” addio, Ciro però l’aveva messo in conto, gli bastava sapere e si sapesse che Diego era tornato a Napoli solo per lui.
A Dubai Diego sta da re. Vive in un complesso faraonico, tra piante, fontane e cascate d’acqua, c’è da dribblarle per non cadere, il complesso sta su un’isola artificiale, la Jumeirah Palm. Tutto è grandioso e studiato, anche i particolari. Quando Diego rientra nella sua suite, non c’è il suono sommesso del piano bar ma quello dell’arpa alla quale attende una giovane donna. Mi accoglie in questo paradiso, mi pare quello di sempre, ha voglia di fare e di farsi sentire come una volta, come se gli anni non fossero passati. Rivela un suo progetto, dedicato ai ragazzi di 14 e 16 anni. «Ecco soprattutto per loro vorrei lasciare un segno». Il calcio degli emirati arabi è appena agli inizi, però gli piace la gente che non lo assilla. Ci tiene a dire “qui sto bene e vorrei restarci”. Credo che sappia che è arrivato a Dubai soprattutto per motivi di immagine. Chi più di Maradona poteva infatti attirare l’attenzione sulle nascenti ambizioni dell’ Al Wash e del suo presidente Marwan? La Società è giovane, il presidente ammira il calcio europeo e vorrebbe prenderlo a modello, e semmai copiarlo, come fece il Giappone che ha poi mandato suoi giocatori in Italia. Lo sceicco lo vuol fare, non so se lo farà ancora con Maradona, Diego ci vuol stare, sicuramente fino al 2013 secondo contratto. «Al di sopra di tutto – dice – metto sempre il Boca, ribadisco che ci andrei anche a piedi. Ma penso anche al Napoli, anzi penso molto alla città cui sono rimasto attaccato e ai suoi tifosi. So di averli fatti felici, so che mi sono stati vicini quando ho attraversato momenti difficili, so che nessuno mi ha mai dimenticato». Ha ragione Diego, a Napoli nessuno lo ha dimenticato, sulle mura di alcune case campeggia la scritta “il sole risorgerà ancora”, il sole per i napoletani è Maradona.
«Il mio problema – continua – è che voglio tornare a Napoli libero da qualunque incombenza e senza che qualcuno mi tolga orologi o orecchini. Debbo risolvere quella questione del fisco, che mi fa rabbia e mi intristisce. Io evasore? Neanche per idea. Ho preso di petto la questione, ed ho fiducia nel mio avvocato. Questa vicenda mi sembra un incubo».
La questione è affrontata proprio in questi giorni, Diego potrebbe anche presentarsi di persona accanto ai suoi difensori. Per chi non lo sapesse la cosa nacque quando l’esattore dell’agenzia delle Entrate bussò alla casa che era stata di Maradona e non lo trovò, non era più in Italia, l’accertatore stampigliò sulla missiva “sloggiato e sconosciuto”. Siniscalchi, uno dei suoi primi avvocati, bollò la burocratica espressione, «Maradona sconosciuto? Ma si può?».
«Mi hanno tolto 18 anni di amore dei napoletani», ribadisce, gli hanno sottratto anche occasioni di lavoro in Italia, aggiungo io, Diego si mise in gara a “Ballando con le stelle”, d’improvviso dovette smettere, il fisco esigeva per legge gli introiti del contratto. Diego è nell’età in cui ti prende anche la nostalgia, ed è sincero quando dice che vorrebbe venirsi a prendere un caffè a Piazza Plebiscito, assieme a Bagni, Bruscolotti, Giordano, Renica, alcuni dei compagni con cui visse i suoi sette anni napoletani. «Sarebbe molto bello camminare nei luoghi che sono rimasti impressi nella mia memoria». Gli dico che la ressa per vederlo sarebbe quella di sempre.
Non esiste nella storia del Napoli chi abbia saputo trasmettere alla città e al suo popolo più passioni ed emozioni di quelle che ha dato Maradona. Stento anche a trovare casi di medesima intensità nella storia del calcio, e non è a dire che ciò accade perché la gente di Napoli vive normalmente in eccesso le proprie emozioni. È vero, i napoletani gli hanno perdonato tutto, e ciò non è stato sempre un bene, tutti a gara nel blandirlo, ad esempio la mia posizione diversa era in minoranza.
Si può discutere Maradona, ci si può infilare ancora una volta nella stucchevole domanda se sia stato più grande lui o Pelè, ma se dici a Diego che qualcuno discute ancora su questo tema, reagisce come morso da una tarantola. I raffronti tra diverse epoche non si dovrebbero mai fare, se qualcuno però vuole sapere il mio parere non ho dubbi, il più grande è stato Diego.
Ieri è stato il 25° anniversario del primo scudetto del Napoli. Seguirono il secondo, la Coppa Uefa, la Supercoppa italiana e la Coppa Italia, vinta nello stesso anno del primo scudetto. Imprese tutte grandi, ma al primo amore si resta sempre attaccati di più, così come l’amore per Diego, che resta sconfinato per i napoletani. E quando gli dico che Napoli potrà essere ancora nel suo destino, il sorriso che gli apre la bocca dimostra quanto e da quanto tempo ci pensa.
Luciano Moggi