Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  maggio 11 Venerdì calendario

La felpa di Mr Facebook che irrita Wall Street «Un genio irrispettoso» – Chissà se Mark Zuckerberg, il ventottenne genietto che sta portando il suo Facebook in Borsa, ci ha pensato su o no prima di comparire a Wall Street, lunedì, con la sua solita felpa con piccolo cappuccio sulle spalle

La felpa di Mr Facebook che irrita Wall Street «Un genio irrispettoso» – Chissà se Mark Zuckerberg, il ventottenne genietto che sta portando il suo Facebook in Borsa, ci ha pensato su o no prima di comparire a Wall Street, lunedì, con la sua solita felpa con piccolo cappuccio sulle spalle. Di certo è che ci ha fatto fessi tutti con quella sua idea di presentarsi nel tempio della Finanza senza cambiarsi d’abito e ignorando le regole formali che (almeno quelle) ancora valgono nel caos dell’economia mondiale. Inchiodandoci di nuovo a discutere se l’abito faccia il monaco o meno, e del fatto che per quanto oggi il mondo in generale e l’estetica in particolare siano molto più casual e flessibili, ci sono alcune occasioni e luoghi solenni, che vanno onorati al di là del capriccio personale. E a cominciare proprio dall’abito. È quello che ha sostenuto, anche a nome della categoria, l’analista finanziario Marc Patcher che, parlando con Bloomberg tv, ha accusato Zuckerberg di immaturità: «Dovrebbe avere più rispetto verso gli investitori e le persone che vuol convincere a credere nella sua azienda, perché in fin dei conti sta chiedendo i loro soldi» ha detto Patcher, ricordando a Zuckerberg che non può essere sempre Casual Friday: c’è un tempo per ogni cosa. E subito la rete si è inchiodata sul tema, a twittare e a postare pro e contro i nuovi «moralizzatori», e a suggerire ironicamente di comprare un nuovo oggetto del desiderio, la Executive Hoodie, cioè una speciale felpa con cappuccio in tessuto gessato tempestivamente arrivata sul mercato in onore di Mark Zuckerberg: «La voglio subito» ha scritto Cathy Hein segnalando il neo prodotto nel sito Simply Zesty. Mentre Daryl Yeo si chiede: «Perché mi eccita il fatto che Mark Zuckerberg irriti i banchieri?». D’altra parte come imbrigliare nei rigidi canoni formali un talento libero e nevrotico come quello di Zuckerberg, che ha sempre fatto di testa sua, sin dai tempi dell’università in cui, isolato dai compagni, precocemente seguiva le sue intuizioni miliardarie, presentandosi spesso per strada e agli appuntamenti in infradito se non in pigiama, come ha documentato il film dedicato alla sua vita prodigiosa e controversa, The Social Network. La cravatta se la è messa una volta sola, l’anno scorso, per incontrare Obama, ma non ha spiegato perché. Forse perché lui, come gli altri talenti della New economy prima di lui, vogliono fare a modo loro e dettare le regole o perché hanno fatto della flessibilità una bandiera, in alcuni casi una nuova ossessione: Steve Jobs (che anche da Obama si era presentato con il maglione semicolloalto nero) e Bill Gates, per esempio, odiavano i bottoni e difatti resta nell’immaginario collettivo quella foto di loro due in maglietta nel 1990, con la didascalia «Tre bottoni in due». E ancor oggi Bill Gates è perlopiù in camicie con scarsi bottoni e senza cravatta, gente che come Giorgio Armani potrebbe permettersi qualsiasi lusso e invece adotta delle simil divise, per non oscurare il brand. E intanto cambia, e parecchio, l’estetica dell’economia mondiale. In Italia ci ha pensato Sergio Marchionne a fare del suo maglioncino a girocollo un tormentone estetico-finanziario. Che l’abbia fatto per introdurre nelle nostre testoline riottose quel concetto ostico di flessibilità, o invece per stornarle da altre riflessioni più complesse, di sicuro è riuscito a inchiodarci sulla sua fenomenologia e a finire, con tutto il maglione, nei titoli non solo dei giornali ma dei libri: «La strategia del maglione» è un testo di Maria Elena Scandaliato in cui si racconta l’avventura italiana dell’ad della Fiat. E in un altro libro, «L’uomo dal maglione nero», si scopre che quei golf che ormai sono la sua griffe, hanno anche un lato patriottico, visto che si è fatto ricamare su ognuno un piccolo stemma tricolore, come ha raccontato a Marco Gregoretti un cugino abruzzese. Anche se pure lui, Marchionne, talvolta capricciosamente, proprio come il golden boy di Facebook, si diverte a scompigliare le carte, e mentre è comparso in maglione persino in sedi istituzionali come il Quirinale e Palazzo Chigi, nel febbraio scorso ha deciso per una volta di cambiarsi ed è andato alla Camera in giacca e cravatta. Ma forse il più flessibile di tutti, per non dire fricchettone, resta Roberto Formigoni che talvolta ha esportato le sue giacche colorate e le camiciole a fiori nella sede del Pirellone. Carly Fiorina, ex ceo di Hewlett-Packard, intanto, ha scritto a Zuckerberg una lettera aperta con qualche saggio consiglio per uscire vittorioso dal delicato momento della quotazione supermiliardaria: «Sii paziente. E soprattutto non farti distrarre, focalizzati sulle tue strategie». Se mai ce ne fosse bisogno!