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 2012  maggio 11 Venerdì calendario

Intervista a Matteo Renzi. «Sfido Bersani alle primarie, dovrà farle Non è legittimato da quelle 2009» ROMA — «Se i dirigenti del Pd pensano di aver vinto queste elezioni vuol dire che vivono nell’iperuranio»: Matteo Renzi non si smentisce mai

Intervista a Matteo Renzi. «Sfido Bersani alle primarie, dovrà farle Non è legittimato da quelle 2009» ROMA — «Se i dirigenti del Pd pensano di aver vinto queste elezioni vuol dire che vivono nell’iperuranio»: Matteo Renzi non si smentisce mai. Pane al pane e vino al vino, senza troppe diplomazie o giri di parole. Sindaco, comunque il Pd ha tenuto. «Non ha senso dire "siamo solo feriti ma non siamo morti". Continuare a dare una lettura relativa di queste elezioni senza sottolineare il dato più importante che è quello dell’astensionismo mi sembra una cosa ridicola. Quando a Genova vota un elettore su due qualche domanda bisognerà pur porsela. E mi pare che l’astensionismo, unito al voto di protesta, fotografa un’Italia totalmente diversa da quella che emerge dai commenti dei leader dei partiti. Dopodiché, per carità, io sono molto felice che il Pd prenda qualche sindaco in più del passato, però è anche vero che lascia sul terreno 91 mila voti. È una cifra bestiale. Persino dove abbiamo vinto abbiamo perso molti consensi». In compenso la destra è andata malissimo. «Alla destra si potrebbe dedicare una puntata di Chi l’ha visto. Ma attenti a entusiasmarsi troppo: sottovalutare Berlusconi oggi sarebbe un clamoroso errore. Il centrodestra oggi non ha più niente da perdere e quindi potrebbe buttare il tavolo all’aria». Ossia mandare a casa Monti? «No, parlo del tavolo politico. Berlusconi potrebbe inventarsi un nuovo soggetto. E questo provocherebbe il bis del ’93. Io sento un’assonanza tra quel periodo della gioiosa macchina da guerra di Occhetto e questa fase. Sia dal punto di vista del tipo di coalizione — la foto di Vasto — sia per la sicurezza di vincere che sembra albergare in larga parte dei nostri dirigenti. Attenzione: lo ripeto, Berlusconi può rialzare la testa, inventarsi una cosa nuova e poi noi passiamo i prossimi cinque anni, dal 2013 al 2018, come un gruppo di alcolisti anonimi a chiederci perché abbiamo perso elezioni che avevamo già date per vinte. E non vorrei essere scortese con gli alcolisti anonimi». Intanto c’è chi parla ancora di elezioni anticipate. «Se nel centrosinistra c’è, come io credo, la tentazione di costringere Berlusconi a staccare la spina a Monti per andare alle elezioni a ottobre, vuol dire che ci si sta preparando a commettere un errore politico bestiale». E che cosa dovrebbe fare nel frattempo il Pd? «Io so quello che faccio io adesso: chiedo formalmente al segretario del mio partito di convocare le primarie del Pd. Non vorrei che Bersani pensasse di fondare la propria legittimazione sulle primarie del 2009. Se si vota a marzo del 2013 si facciano le primarie a ottobre o a novembre, senza inventarsi alibi». Renzi, lei parla di primarie del Pd, non di coalizione. «Io sono per farle di partito, come in tutti i Paesi civili. Bersani le vuol fare di coalizione? Ci spieghi perché. In Francia Hollande non le ha fatte con Melenchon». E se Bersani vince, lei che fa? «Se ottiene un voto in più degli altri ha il diritto di essere lui il candidato e tutti noi gli daremo una mano con correttezza ma l’idea di andare a ricercare la sua legittimazione su primarie di tre anni fa, cioè di un’era geologica fa, perché in politica è cambiato tutto, sarebbe assurdo. Bersani deve avere il coraggio di indire le primarie. Mettendosi in gioco lui, se lo ritiene, ma è ovvio che parteciperanno anche altri. Ognuno con il proprio programma». Cioè? «Ognuno dovrà dire come la pensa, quello che intende fare. Per esempio, io trovo timido il Pd sulla legge elettorale perché non può esser un meccanismo alla fine del quale non si sa chi ha vinto le elezioni. Che sia il modello francese, inglese o uzbeko, la sera alle dieci e mezzo si deve sapere chi ha vinto. E ancora, per dirne un’altra. A me non piace l’idea novecentesca del partito che ha il segretario: pensare di togliere il nome dal simbolo, di combattere la personalizzazione così. Oggi la comunicazione è tutto nella vita politica e lo abbiamo visto anche con i movimenti di Grillo e dintorni». Lei accennava alla legge elettorale. Ma crede che i partiti riescano a fare le riforme? «Questa classe politica è già sufficientemente screditata ma se non le fa si condanna al suicidio. Hanno toccato la pensione alla signora sessantenne, possibile che non riescano a toccare il numero dei parlamentari?». Tornando alle primarie, potrebbero cambiare le regole. «Non si cambiano le regole quando fa comodo e il gioco è in corso. Io le preferisco di partito, ma se le vogliono di coalizione bene. Però con le stesse regole con cui sono stati eletti Prodi, Veltroni e Bersani. Non si inventino giochetti strani. Che siano primarie aperte a tutti». Insomma, Renzi, lei è rimasto il rottamatore di sempre. «Mi hanno dato del maleducato quando ho usato il termine rottamazione. Ora posso dire di essere stato fin troppo sobrio: non rivendico il copyright. Avevamo semplicemente detto quello che pensa l’ottanta per cento della gente». Oggi sul Fatto Quotidiano Flores D’Arcais sostiene che dovrebbe essere rottamato anche lei, sindaco. «Quando io andavo all’asilo Flores era stato già espulso dalla Fgci per trotzkismo». E cosa pensa di Grillo? «Che dovrebbe fare un monumento ai partiti politici. Lui è il campione delle contraddizioni: ha sempre affermato tesi che ha poi smentito. Mi riferisco al Beppe Grillo testimonial pubblicitario e poi fustigatore degli spot, al Grillo testimonial delle convention aziendali e oggi fustigatore dei costumi. Dopodiché dice delle cose vere: dopo due, tre mandati i parlamentari non dovrebbero più ricandidarsi. Il Pd ha questa regola interna ma è un partito che si fonda sulle deroghe. Torniamo invece a vivere sulle regole». Maria Teresa Meli