Pierluigi Magnaschi, ItaliaOggi 11/5/2012, 11 maggio 2012
Senza appoggi, i grandi scienziati restano piccoli – Familismo amorale. Spirito di clan. Cordate. Mafiosità soffici ma anche imperiose nei loro effetti finali
Senza appoggi, i grandi scienziati restano piccoli – Familismo amorale. Spirito di clan. Cordate. Mafiosità soffici ma anche imperiose nei loro effetti finali. Il mondo universitario italiano è malato. E non da oggi, purtroppo. Gli itinerari che portano alle cattedre sono dei percorsi a ostacoli in cui si tiene conto, certo, della competenza acquisita, ma anche (e, alle volte, soprattutto) della fedeltà, della sudditanza, della consanguineità. Chi non sta al gioco, è fuori, anzi out. I percorsi sono lenti, complessi ma, tutto sommato, anche sicuri. Per gli ammanicati, è ovvio. Per conquistare una cattedra bisogna iscriversi alle camarille (non è necessaria la tessera, basta l’odore; come ben spiega, del resto, l’etologia alla quale anche noi siamo sottomessi). È un sistema governato da regole non dette, anche se molto influenti e dove non è prevista la possibilità di new entry. Anche Albert Einstein dovrebbe mettersi in coda. Che ciò sia vero lo dimostra la vicenda di Massimo Zeviani, 56 anni, direttore dell’Unità di neurogenetica molecolare dell’Istituto neurologico Besta di Milano che, dal gennaio prossimo, andrà a Cambridge come capo della Mitocondrial Biology Unit della famosa università inglese. Un dipartimento, questo, che è cosi famoso e autorevole da essere stata diretto, in questi ultimi 14 anni, dal premio Nobel John Walker. Un riconoscimento così alto, per un’attività di così avanzata specializzazione, attribuito a un ricercatore italiano, dovrebbe riempirci di orgoglio. E invece ci riempie di tristezza perché Massimo Zeviani, non essendo inserito nelle cordate giuste, non è mai riuscito a vincere una cattedra universitaria in Italia, anche se ha tentato più volte. È andato a vuoto nonostante abbia ottenuto riconoscimenti internazionali come il premio «Brain» per la ricerca neurogenetica e abbia pubblicato l’esito delle sue ricerche in riviste come Nature e Science sulle cui colonne arrivano soltanto i ricercatori ipermeritevoli di tutto il mondo. Per toccare con mano la distanza abissale che separa il polveroso e incartapecorito mondo universitario italiano da quello inglese può essere sufficiente analizzare la procedura seguita per l’assunzione di Zeviani a Cambridge. Lo scienziato del Besta presentò un curriculum vitae all’università inglese. Dall’Ateneo, molto interessato alla biografia scientifica del ricercatore italiano, venne subito la richiesta per un incontro di un’ora con 15 fra scienziati e dirigenti dell’università stessa. All’incontro, Zeviani si presentò con il solo ausilio di una penna da pc che conteneva le sue ricerche e i suoi programmi. Superato positivamente il colloquio, la commissione, nel giro di 24 ore, gli disse che il posto era il suo.