ItaliaOggi 8/5/2012, 8 maggio 2012
La zavorra delle imprese italiane è il sistema fiscale In riferimento a quanto riportato nella prima pagina di ItaliaOggi Sette di ieri, vorrei precisare che l’anticipo del pagamento del 30% per affrontare il ricorso tributario è del tutto illegale
La zavorra delle imprese italiane è il sistema fiscale In riferimento a quanto riportato nella prima pagina di ItaliaOggi Sette di ieri, vorrei precisare che l’anticipo del pagamento del 30% per affrontare il ricorso tributario è del tutto illegale. Infatti la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo il solve et repete con sentenza numero 21 del 31 marzo 1961 per contrasto con gli articoli 3, 24 e 113 della Carta. Ma ci sono altre situazioni che hanno del paradossale. Ecco cosa è successo alla mia azienda. Una decina di anni fa prendiamo una commessa importante. Un ordine che ci porta un fatturato di quasi un miliardo di lire e utili per 300 milioni. Si trattava di materiale ad elevato contenuto tecnologico e altrettanto elevato valore aggiunto. Arriva l’ora di fare il conto con il fisco e scopriamo che in tasca non ci rimane nulla. Tasse alte costringono ad aumentare i prezzi e così sui mercati internazionali ci siamo trovati con prezzi doppi di quelli dei nostri concorrenti. Non ci vuole molto a capirlo: se gli svizzeri pagano un’imposta sulle imprese non superiore al 20% e noi subiamo un carico fiscale che arriva tranquillamente all’80% è evidente che pur in presenza di un costo della mano d’opera superiore, il prodotto italiano deve costare di più. Ora grazie alla possibilità di sfruttare nuove conoscenze commerciali mi ritrovo con in mano un ordine per la fornitura di materiale ad alta tecnologia per il Sudest asiatico. Si tratta di una commessa (iniziale) del valore di circa 6 milioni e mezzo, con la possibilità di entrare nel giro dell’elettrificazione di gran parte delle isole del Pacifico, un business da far girare la testa. A questo cliente ho detto di no e ho rifiutato l’ordine. Non intendo più assumermi dei rischi, mettere il mio tempo e il mio know how a servizio di un paese che non rispetta i più elementari diritti umani. Chi me lo fa fare di impegnarmi per fatturare, assumere personale, dare lavoro, se poi alla fine mi ritrovo senza neanche l’indispensabile per sfamare la mia famiglia? Quanto costa allo Stato il mio no a quei 6 milioni di euro di fatturato, che sarebbero potuti diventare molti di più? È questo l’effetto di un fisco vessatorio. In compenso. Nel 2007 abbiamo partecipato a un bando della regione Piemonte per finanziamenti a fondo perduto per la ricerca. Il progetto è stato condotto in collaborazione con un partner nordirlandese per la costruzione di generatori eolici di piccola potenza. Per ottenere quei fondi bisognava rendicontare le spese sostenute attraverso fatture quietanzate. In alternativa si poteva ottenere l’80% del contributo presentando una fideiussione o una polizza assicurativa. Le banche in quel periodo facevano notevolmente fatica a erogare prestiti, figurarsi una fideiussione per 240 mila euro. Così decidiamo di iscrivere un’ipoteca volontaria sui beni immobili di proprietà della società a favore della banca per l’ottenimento della fideiussione. Peccato che mentre stavamo mettendo in atto il tutto, arriva Equitalia che iscrive lei stessa ipoteca legale sui beni immobili di proprietà della società, e in ogni caso questa segnalazione appare subito in centrale rischi per cui anche disponendo di altri asset diventava impossibile ottenere fideiussioni in presenza di certi dati in centrale rischi e in presenza di bilanci non soddisfacenti (causa cali di commesse e fatturato). Tanto per dare un ordine di grandezza del danno causato, secondo le stime della Bwea (British Wind Energy Association) il mercato dei generatori eolici di piccola taglia per il solo mercato interno britannico è stato stimato in circa 600 mila unità nel decennio dal 2010 al 2020. Grazie alle politiche commerciali particolarmente aggressive del nostro partner nordirlandese pensare di ottenere una fetta di mercato pari al 10% era un obiettivo perfettamente alla nostra portata. Il progetto in assenza di intoppi sarebbe dovuto terminare con la messa in commercio dei generatori eolici entro la fine del 2009, a causa di questi problemi è terminato a gennaio 2012. Nel 2002-2003 c’è anche stato un contatto importantissimo con la sede di Mitsubishi Industry Automation nell’Illinois. Anche in quel caso i numeri erano particolarmente invitanti ma a causa del problema dell’elevata pressione fiscale che ci rende non competitivi sul mercato internazionali, un’ottima occasione si è trasformata in un nulla di fatto. Tutto ciò per dire che quando si parla di rilancio della competitività del sistema paese, la prima cosa da fare sarebbe quella di togliere i freni, e quello fiscale è uno dei più importanti. Ing. Andrea Bucci