Claudio Plazzotta, ItaliaOggi 8/5/2012, 8 maggio 2012
2 pezzi La7 e Mtv in pancia a Telecom – L’ipotesi che si fa strada in maniera più autorevole sul futuro di Telecom Italia Media è la seguente: scorporo di La7 e di Mtv Italia, che andrebbero direttamente in pancia a Telecom Italia; la nuova TI Media si ridurrebbe a Timb, la divisione che svolge l’attività di operatore di rete; a questo punto TI Media potrebbe allearsi con il Gruppo Espresso, unire i multiplex, trovare un partner finanziario, creare una nuova società al 33% ciascuno e sviluppare il business proprio nel comparto di operatore di rete, facendo così concorrenza diretta a Mediaset, che si è molto rafforzata nel settore con l’acquisizione delle torri Dmt
2 pezzi La7 e Mtv in pancia a Telecom – L’ipotesi che si fa strada in maniera più autorevole sul futuro di Telecom Italia Media è la seguente: scorporo di La7 e di Mtv Italia, che andrebbero direttamente in pancia a Telecom Italia; la nuova TI Media si ridurrebbe a Timb, la divisione che svolge l’attività di operatore di rete; a questo punto TI Media potrebbe allearsi con il Gruppo Espresso, unire i multiplex, trovare un partner finanziario, creare una nuova società al 33% ciascuno e sviluppare il business proprio nel comparto di operatore di rete, facendo così concorrenza diretta a Mediaset, che si è molto rafforzata nel settore con l’acquisizione delle torri Dmt. Ecco qui lo scenario che il mercato si attende aspettando i cda di Telecom Italia e di TI Media, convocati per domani. E a questo proposito, proprio la società presieduta da Franco Bernabè precisa «che nel corso della riunione del consiglio di amministrazione del 9 maggio verranno esaminate le diverse opzioni strategiche riguardanti la partecipazione di controllo in Telecom Italia Media». In questo modo, quindi, si valorizzerebbe il business di operatore di rete, l’unico veramente interessante tra gli asset TI Media, mentre le attività televisive propriamente dette rimarrebbero sul groppone dell’azionista Telecom, in attesa di compratori. Acquirenti che, in realtà, stentano a farsi avanti coi chiari di luna attuali, la crisi economica, gli ingenti investimenti necessari a mantenere alti gli ascolti di canali televisivi nazionali e generalisti. Mtv Italia, di cui TI Media controlla il 51%, potrebbe rientrare alla base, e cioè a Viacom Italia. Il canale ex musicale, e ormai sostanzialmente generalista, è in grossa crisi di fatturato (-24,5% nel 2011 a 73,8 milioni di euro), assicura ancora un ebitda positivo (6,6 mln, giù del 46% sul 2010), e può ritagliarsi un suo spazio anche nella tv di domani. La7 ha migliorato i suoi risultati negli ultimi anni, tanto che i ricavi, nel 2011, sono saliti a 140 milioni di euro (+21% sul 2010) con un ebitda vicino al pareggio (-1,5 mln). Ma, come sanno in tanti, il 2011 è stato un anno magico, con l’effetto Mentana, la voglia di cambiamento da parte dei cittadini-telespettatori. Poi la caduta di Berlusconi ha rimescolato le carte, gli ascolti ora sono tendenzialmente al ribasso, gli investimenti nel palinsesto diventano molto gravosi. È Timb, invece, la divisione dalle uova d’oro di TI Media. Nel 2011 il fatturato è stato di 55 milioni di euro, con ebitda a 23 milioni. E nel 2012 le previsioni degli uomini dell’a.d. Giovanni Stella parlano di «aumento di ricavi e di redditività di Timb». Ecco perché bisogna puntare i fari sulle attività di operatore di rete. È lì la chiave di volta del sistema TI Media. Il titolo di quest’ultima ha fatto un balzo ieri del 21,78% a 0,175 euro. Da Tmc in poi, una tv sempre in rosso – La7 e la vecchia Telemontecarlo ricordano un po’ quei ristoranti che cambiano continuamente gestione, insegna, menù, stile, atmosfera. Sono su una strada principale di una grande città, i locali a fianco funzionano, allegri e affollati. E loro invece no. I clienti languono, gli chef, anche di fama, si dimettono, i tavoli restano vuoti, i conti vanno a rotoli. E si passa la mano. Non si chiude, però. C’è sempre qualcuno, un sognatore, un visionario, un imprenditore un po’ eccentrico, disposto a rilevare il business, con una sorta di accanimento terapeutico su un esercizio commerciale che, per destino, congiunzioni astrali, fato, è destinato comunque all’insuccesso. Ecco, in due parole questa è la storia di quella televisione nata nel 1974 a Montecarlo da un gruppo di uomini d’affari franco-monegaschi, che, all’epoca, avevano intuito come aggirare il monopolio Rai: la tv è straniera, ma il segnale può essere diffuso da ripetitori italiani. L’inizio della fine data 1982, quando nel capitale di Tmc entra, col 10%, proprio la Rai, timorosa che Tmc potesse finire a Canale 5. Quella rete così diversa, così monegasca, diventa a tutti gli effetti una televisione italiana. I conti sono in rosso, ma la brasiliana Rede Globo, nel 1985, crede di poter fare qualcosa di grande: si compra il restante 90%, lavora insieme con la Rai, e prova a far crescere Tmc. Niente da fare. Nonostante i notevoli investimenti e la vasta library di contenuti messa a disposizione dal magnate carioca Roberto Irineu Marinho, il bilancio in rosso prosegue. Dal 1990 al 1995 è la volta del gruppo Ferruzzi, che vede anche in Tmc uno strumento per imporsi sullo scenario economico-finanziario nazionale. Il palinsesto si arricchisce, gli ascolti restano modesti, di notevole rimane solo il disavanzo. Dove non erano riusciti né Marinho, né Raoul Gardini, poteva forse riuscire Vittorio Cecchi Gori? Il produttore prende il controllo di Tmc nel 1995 e sprofonda in un baratro di debiti da cui esce solo nel 2000, quando la maggioranza di Tmc passa a Seat Pagine Gialle. L’amministratore delegato di Seat, Lorenzo Pellicioli, ha progetti ambiziosi: ingaggia Ernesto Mauri per guidare la nuova avventura, e poi Roberto Giovalli come direttore di rete, e volti del calibro di Gad Lerner, Fabio Volo, Luciana Litizzetto, Fabio Fazio. Si cambia il nome (da Tmc a La7), il simbolo del canale è un nanetto (e gli share, in effetti, resteranno di quella dimensione), nel logo La7 si introduce una freccia, simile a quella che appare sullo schermo dei pc quando si muove il mouse, come simbolo di modernità e di era internet. È l’estate del 2001, Sabrina Ferilli resta in perizoma al Circo Massimo per lo scudetto della Roma, La7 fa il pieno di ascolti. In luglio, però, Marco Tronchetti Provera prende il controllo di Telecom Italia, e quindi di Seat, e il giocattolo di Pellicioli viene smontato e portato a più miti consigli, per non disturbare troppo le reti di Silvio Berlusconi, che ha vinto le elezioni ed è a Palazzo Chigi. C’è, tuttavia, una continuità col passato: i rossi di bilancio, uno dietro l’altro, per centinaia di milioni di euro. In dieci anni le perdite di Telecom Italia Media ammontano a un miliardo di euro. In genere, una azienda di questo tipo porterebbe i libri in tribunale e amen. Anche le ultime gestioni di Giovanni Stella, quelle che avrebbero dovuto risanare i conti, per una ragione o per l’altra hanno comunque sempre terminato gli esercizi con rossi monstre: dopo la perdita di 93,9 mln di euro del 2008, ecco il -72,5 mln del 2009, il -54,4 mln del 2010, il -83 mln del 2011. È andata meglio La7, ma peggio Mtv. E, insomma, un azionista vorrebbe vedere, almeno qualche volta, alla fine di tutto questo vortice, un segno positivo all’ultima riga del bilancio, un po’ di utile. Ma se la storia insegna qualcosa, ecco: dalle parti di Tmc e La7 questo sembra proprio impossibile. Mentana, direttore del Tg di La7, spiega in una intervista al Giornale che «oggi chi compra La7 lo fa solo per il business della tv». Nel caso di La7 verrebbe però da chiedersi: quale business? Si ipotizza che un interesse possa esserci da parte del Gruppo Espresso. L’attività televisiva, tuttavia, non si è certo rivelata un grande affare finora per Carlo De Benedetti: si è comprato Rete A-All Music nel 2005 per 115 milioni di euro, e da allora ha inanellato sempre e solo perdite, per un ammontare complessivo di circa 50 milioni di euro, con 7,2 mln di rosso nel 2011. Per questo De Benedetti, al limite, sarebbe interessato solo alle attività di operatore di rete in pancia a TiMedia, quelle di Timb.