Michele Arnese, ItaliaOggi 9/5/2012, 9 maggio 2012
Grillo bocciato nel fare i conti – Gli economisti iniziano a studiare il programma dei grillini
Grillo bocciato nel fare i conti – Gli economisti iniziano a studiare il programma dei grillini. Sono in particolare i professori liberisti ad approfondire idee e proposte del Movimento 5 stelle che preoccupa i maggiori partiti. E, a sorpresa, si nota una differenza. Apprezzamento, se non proprio calda condivisione, per i toni e le tesi anti casta politica e partitica. Dubbi, anzi critiche spesso serrate, per le proposte su economia, tlc ed energia. Significativo il tweet di ieri dell’economista Michele Boldrin, uno degli animatori del sito Noisefromamerika.org: «Creare un’alternativa a questa casta politica per rivoltare questo Stato come un calzino. L’unico in campo, per ora, è il Movimento 5 Stelle», ha scritto Boldrin, che è anche editorialista del Fatto Quotidiano. Boldrin è sulla stessa lunghezza d’onda di Alessandro De Nicola, avvocato liberale e liberista, nonché presidente della sezione italiana dell’Adam Smith Society: sui temi anti casta il movimento di Beppe Grillo ha «posizioni apprezzabili», ha scritto sull’ultimo numero dell’Espresso. Anche Sandro Brusco, economista che insegna negli Stati Uniti, condivide: «Occorre riconoscere al Movimento 5 stelle», ha scritto sul suo blog, «di essere l’unico movimento che si è sempre battuto contro i privilegi della casta senza se e senza ma». Se si guarda al merito delle proposte, però, i toni cambiano. «Dopo 35 anni di contributi ho il diritto di riposarmi. Non me ne frega un cazzo delle statistiche», ha detto il comico ora politico Grillo parlando del sistema pensionistico. «Sono veramente parole sconcertanti», ha ribattuto Brusco, «Sentir ribadire che la gente deve andare in pensione dopo 35 anni di contributi lascia seri dubbi sul fatto che Grillo comprenda come funziona la spesa previdenziale». Brusco è rimasto esterrefatto pure per un’altra affermazione di Grillo («le grandi banche vanno rinazionalizzate»). Il liberista De Nicola è stupito per un altro motivo: «Cinque stelle propone, di fatto, di spendere quantità enormi di denaro senza alcuna commisurazione di costi e benefici». Proposte che scasserebbero i conti pubblici, secondo l’editorialista dell’Espresso diretto da Bruno Manfellotto, come quella della «diffusione obbligatoria di Internet nelle scuole, insegnamento gratuito dell’italiano agli stranieri. Tutto bello. Chi paga?». Non mancano le proposte tra il populistico e lo statalistico. Nel programma del movimento 5 stelle si parla di «abolizione delle authority» e della «statalizzazione della dorsale telefonica, con il suo riacquisto a prezzo di costo da Telecom Italia, e l’impegno da parte dello Stato di fornire gli stessi servizi a prezzi competitivi a ogni operatore telefonico». Il capitolo «economia» dei grillini oscilla tra proposte alla Paolo Ferrero di Rifondazione comunista («Abolizione della legge Biagi») a idee ultra liberiste ma con venature dirigistiche e definizioni errate di monopolio: «Abolizione dei monopoli di fatto, in particolare Telecom Italia, Mediaset, Fs, Eni ed Enel», si legge. Nel capitolo «energia» del programma c’è una lunga sfilza di incentivi e agevolazioni pubbliche: «I grillini», dice a Italia Oggi Carlo Stagnaro, direttore studi e ricerche dell’Istituto Bruno Leoni, dopo aver letto il capitolo energetico, «non colgono la portata potenzialmente rivoluzionaria del nuovo assetto concorrenziale del mercato: anzi, concorrenza è una parola inesistente nella parte energetica del programma». «La sensazione», aggiunge Stagnaro, «è che, sebbene alcuni aspetti siano interessanti, chi ha redatto il programma abbia una qualche consapevolezza «ingegneristica» dei processi di produzione/conversione/distribuzione/consumo dell’energia, ma non abbia alcuna familiarità con le sottostanti dinamiche economiche e le opportunità che esse offrono, sia in termini di sostenibilità ambientale che di miglioramento della qualità del servizio e riduzione dei prezzi». Impostazioni simili si rilevano anche nelle parti del programma sulla «informazione». Ci sono, accanto «alla eliminazione dei contributi pubblici per il finanziamento delle testate giornalistiche», due progetti dirompenti in stile public company: «Nessun canale televisivo con copertura nazionale può essere posseduto a maggioranza da alcun soggetto privato e l’azionariato deve essere diffuso con proprietà massima del 10%» e «nessun quotidiano con copertura nazionale può essere posseduto a maggioranza da alcun soggetto privato e l’azionariato diffuso con proprietà massima del 10%».