Cesare Maffi, ItaliaOggi 10/5/2012, 10 maggio 2012
Per Napolitano Grillo non si vede – Qualcuno ricorda Mordecai Richler? È uno scrittore canadese, del quale Giuliano Ferrara s’innamorò d’improvviso, infliggendo per settimane un tormentone indicibile sul Foglio trasformato in una sorta di agente letterario del romanziere, che ai lettori del quotidiano poteva interessare ma anche riuscire indifferente o del tutto sgradito
Per Napolitano Grillo non si vede – Qualcuno ricorda Mordecai Richler? È uno scrittore canadese, del quale Giuliano Ferrara s’innamorò d’improvviso, infliggendo per settimane un tormentone indicibile sul Foglio trasformato in una sorta di agente letterario del romanziere, che ai lettori del quotidiano poteva interessare ma anche riuscire indifferente o del tutto sgradito. Qualcuno ricorda Pietro Taricone? Eroe del Grande fratello, fu oggetto di un tormentone, sempre per opera di Giuliano Ferrara, il quale invase giornalmente il proprio quotidiano di presenze tariconiane. Questo per dire che quando una persona intelligente, una splendida penna, un commentatore raffinato come Ferrara, s’invaghisce di qualcuno, i suoi lettori sono costretti a subire ininterrotte sviolinature, non di rado stucchevoli, prive di qualsivoglia spirito critico. Di recente Giulianone si è innamorato di Mario Monti. Prima lo detestava, in forme persino violente, siccome colpevole di stuprata democrazia in quanto non eletto dal popolo (che poi in Italia, come in quasi tutti gli altri paesi, non esista l’elezione diretta del presidente del Consiglio, a Ferrara nulla importa). Per settimane derideva «il Preside» come pessimo docente, incapace di risolvere i problemi. Dopo di che, il colpo di fulmine. Da qualche settimana i fedeli del Foglio assistono, verosimilmente imbarazzati, alla difesa quotidiana del governo da parte del proprio giornale preferito, una difesa estesa alla ribadita proposta d’insediare la grande coalizione come forma di governo, se non permanente, certo per il prossimo decennio. Il «tutti per l’Italia» i foglianti l’intenderebbero come una chiamata a raccolta, in un unico fronte, di tutti i moderati, i conservatori, i liberali, gli anticomunisti, i laici e cattolici ostili alla sinistra. Ferrara interpreta il motto come insegna per un nuovo compromesso storico, che accomuni destra e sinistra in veste di riformatori. Quel che impressiona è l’adeguarsi dei redattori alle nuove intuizioni ferrariane, sicché perfino i sospiri di questo o quel politico sono interpretati sul Foglio come sostegno alle larghe intese. Nei titoli lo stesso Cav viene dipinto come «grancoalizionista» (27 aprile). Intervistato lunedì durante lo spoglio delle schede comunali, Ferrara ha dichiarato: «Berlusconi non sa che cosa fare, non ha la minima idea di cosa fare, l’unica cosa che ha capito è di dover appoggiare il governo Monti». È vero che il Cav annaspa nel vuoto, ma che l’unico tratto positivo della sua recente linea politica consista nel nuovo scopo per il quale sfegatatamente si batte Ferrara, è indiscutibilmente troppo. Sempre lunedì, nel suo consueto, fosforescente editoriale, l’Elefantino ha perfino tessuto l’elogio dell’Imu sulla prima casa, per attuare «uno scambio con i servizi del territorio», lamentandosi del mancato corale appoggio al governo. Corollario di questa ossessione filomontiana sono le ineffabili riduzioni a zero del successo dei grillini. Che un movimento non strutturato, vivente sulla rete, privo di concreti addentellati territoriali, senza storia, raccolga il 10%, o quel che sia, di voti di protesta, a Ferrara è parso insignificante e si è sfogato con ripetute irrisioni, sul Foglio di ieri, sulla supposta insignificanza di un movimento che avrebbe ottenuto la vittoria a Sarego Vicentino o dove che sia. Forse sarebbe il caso di riflettere un po’, su questo acquisto di percentuali a due cifre da un non-partito. E, tanto per dirla fino in fondo, sarebbe il caso che ci riflettesse un po’ il capo dello Stato: sia perché non è proprio usuale sentire un presidente della Repubblica commentare un risultato elettorale, sia perché, se non è un “boom” elettorale quello conseguito da Grillo, bisognerebbe chiarire con quale parametro verrebbe giudicata rilevante un’affermazione alle urne. Occorrerebbe passare da zero alla maggioranza assoluta in un colpo solo?