Nino Sunseri, Libero 10/5/2012, 10 maggio 2012
MEDIASET VALE 11 MILIARDI IN MENO
Schermo oscurato per Mediaset in Borsa. All’indomani di una trimestrale molto deludente, che ha fatto germogliare i giudizi negativi delle principali case d’affari, il titolo lascia sul terreno l’11,72% a 1,448 euro. Poco prima si era spinto fino a 1,418 euro che rappresenta il nuovo minimo storico. Molto intensi i volumi: trattato quasi il 4% del capitale. Il pessimismo sembra ormai essersi impadronito stabilmente del Biscione. In sette anni la quotazione è passata dalla punta più alta di 11,3 euro al minimo di oggi. Una perdita che, in percentuale è pari al 90% circa. In termini di capitalizzazione un salasso di 11 miliardi: il 13 aprile 2005 l’impero televisivo del Cavaliere valeva più di tredici miliardi. Oggi non raggiunge i due.
Quel giorno la Fininvest annunciò il collocamento del 16% di Mediaset portando la partecipazione al 34%. La cassaforte di casa Berlusconi collocò le azioni intorno ai 10,7 euro. Incasso circa 2,1 miliardi e fu la sola a fare un affare. I compratori non hanno mai ottenuto soddisfazione Il titolo non più rivisto quel tetto. Ma anche i conti, progressivamente, hanno perso smalto. L’utile del 2005 toccò la vetta di 603 milioni. Da allora è cominciato un lento declino che, a quanto pare, non si è ancora arrestato.
Gli analisti vedono poche speranze di recupero nella seconda parte dell’anno viste le prospettive della raccolta pubblicitaria. Né consola l’andamento del business della pay tv per la quale Banca Akros ritiene «già molto ottimistico« il mantenimento di perdite operative 2012 in linea con quelle dello scorso anno (che furono di 68,5 milioni).
L’azione di riduzione dei costi, senza una ripresa dei ricavi, servirà solo a limitare la caduta degli utili già in flessione dell’85% sul trimestre (da 135,8 a 38,9 milioni). In diminuzione il fatturato: da 1,12 miliardi a 977,8 milioni.
Le case di investimento puntano il dito contro la nuova modalità di presentazione dei dati sulla pubblicità che appare assai poco trasparente. Quasi che non si volesse dare al mercato l’esatta percezione sulle singole attività: «È stato modificato il reporting aggregando i dati di raccolta sui canali generalisti, la pay tv e altri in un unico calderone. È diventato quindi più difficile avere una chiara visione in questa fase» scrive Equita Sim. Le banche d’affari si mostrano preoccupate per il pesante andamento della raccolta pubblicitaria anche nel secondo trimestre: il management, presentando i dati ha prospettato un -10% anche per aprile e per maggio e auspicato un possibile recupero a giugno. Per Barclays la raccolta pubblicitaria complessiva del secondo trimestre potrebbe attestarsi a -8,5%. Tutti gli analisti hanno rivisto al ribasso il target di prezzo sul titolo: Nomura è la più severa e indica un riferimento a 1,4 euro. Il più ottimista (per esempio Intermonte) non supera 1,7. Solo due giorni fa i suoi esperti erano convinti che potesse arrivare a 2,1 euro. Hanno cambiato idea.
Soprattutto il mercato appare molto preoccupato per l’assenza di prospettive. La diversificazione nel campo della produzione si è rivelata un fallimento. L’incursione su Endemol (mamma del Grande Fratello) è costata, tutto compreso, non meno di un miliardo. La pay tv, nonostante gli sforzi, non sfonda a causa della concorrenza di Sky. Infine i mercati: Italia e Spagna (con Telecinco). Vale a dire i due Paesi europei che, dopo la Grecia sentono maggiormente i morsi della crisi.
A questo punto, spiegano gli analisti, l’azienda dovrebbe varare un vigoroso piano di riduzione dei costi puntando soprattutto sul ridimensionamento dell’organico. Una prospettiva che a Berlusconi non piace. Tuttavia la prospettiva è di lasciare a secco a Fininvest. Già Mondadori ha interrotto i dividendi. Manca solo che Mediaset faccia altrettanto.
A proposito della casa editrice di Segrate c’è da segnalare il nuovo scambio di asprezze fra Carlo De Benedetti e Marina Berlusconi. Al centro della lite, come sempre, i 564 milioni di indennizzo che Fininvest ha dovuto pagare alla Cir per il Lodo Mondadori. L’Ingegnere sostiene la gravità del danno subito essendo stato estromesso dalla gestione della casa editrice. Marina gli risponde ricordando la soddisfazione con cui venticinque anni fa aveva accolto la sentenza. Ora la parola spetta alla Cassazione. La decisione è attesa da un momento all’altro.
Nino Sunseri