GIANLUCA PAOLUCCI, La Stampa 10/5/2012, 10 maggio 2012
“Ora ci sono le condizioni per la vendita di La7” - Nel 2008 avevamo un debito che in rapporto al fatturato era più o meno pari al rapporto deficit pil del paese, e avevamo un grave problema di competitività
“Ora ci sono le condizioni per la vendita di La7” - Nel 2008 avevamo un debito che in rapporto al fatturato era più o meno pari al rapporto deficit pil del paese, e avevamo un grave problema di competitività . Due caratteristiche emblematiche della struttura economica italiana che guarda caso avevamo anche noi. Se vogliamo trarre un auspicio per il futuro dell’Italia, direi che cosi come abbiamo migliorato le nostre condizioni cosi si possono migliorare quelle del nostro paese. Oggi abbiamo riportato il debito al livello del fatturato, abbiamo recuperato competitività e e abbiamo fatto la nostra spending review tagliando costi per oltre 4 miliardi. Siamo tra le società di tlc quelle che possono guardare al futuro con maggiore serenità». Franco Bernabè. guarda ai conti di Telecom Italia senza nascondere la sua soddisfazione. «La cosa più importante è quanto è accaduto sul mercato italiano, dove nonostante il contesto stiamo recuperando posizioni di mercato e competitività». A proposito di problemi dell’Italia, cosa pensa dell’operato del governo Monti? «E’ stato fatto in poco tempo un lavoro eccezionale . La percezione dell’Italia nel contesto internazionale è radicalmente cambiata. Oggi abbiamo recuperato una credibilità che a livello internazionale avevamo perso. Certo resta tanto da fare. Se utilizziamo ancora la metafora di Telecom Italia: io ho avuto 4 anni, il governo Monti sono 6 mesi che lavora. Il paese ha bisogno di stabilità e Monti deve garantire questa stabilità. Credo d’altra parte che le velleità elettorali dopo le ultime amministrative siano tramontate». Siete preoccupati per la politica della presidente argentina Kirchner? «In Argentina abbiamo avuto un periodo di estrema difficoltà e tensione. Devo dire che da quel periodo siamo usciti in modo molto positivo da tutti i punti di vista. Non credo che quanto successo nel caso YpfRepsol possa accadere anche nel nostro caso”. In Brasile invece siete reduci da una vicenda poco bella, l’uscita del numero uno di Tim Brasil Luca Luciani, indagato a Milano per le sim false. «Abbiamo preso atto delle conclusioni delle indagini e abbiamo deciso che Luciani non era più compatibile con noi. Una grande società deve essere come la moglie di Cesare: non deve essere solo virtuosa ma anche apparire virtuosa. In Italia ce ne preoccupiamo poco e anche per questo probabilmente forse tolleriamo comportamenti che altrove non sarebbero accettati. Per noi la reputazione è importante. Anche se questo comporta di prendere decisioni difficili, com’è il caso del Brasile. Contestazioni sull’operato di Luciani in Brasile non ce ne sono? «No, assolutamente no». Tornate ad investire in Italia? «La cosa che segna il passaggio del 2012 è il rilancio degli investimenti. Già l’anno scorso per la prima volta abbiamo ricominciato a comprare, investendo 1 mld di dollari in Brasile e in Italia abbiamo acquistato le frequenze Lte. Quest’anno ci sarà un rilancio degli investimenti. Nella banda ultralarga fissa, stiamo posando fibra a spron battuto in tutte le principali città italiane, nel mobile abbiamo messo la rete a 42 mb nelle grandi città e stiamo già iniziando lo sviluppo delle reti di questa generazione a banda ultralarga. Quanto contate d’investire? «In tre anni 9 miliardi euro, solo in Italia» E questo è compatibile con la riduzione del debito? «Deve esserlo. E’ il nostro obiettivo primario e manterremo le promesse. Nel cda di oggi (ieri, ndr) abbiamo annunciato i piani di dismissione per la nostra attività nei media, in futuro valutemo la cessione di altri asset non strategici, tenendo presente l’obiettivo della riduzione del debito. Ecco, La7. Telecom non sarà più un editore dunque? «Non mi considero un editore. Telecom è una società che ha anche una televisione e che ha permesso a questa televisione di esprimersi con la massima libertà». E adesso l’obiettivo di Telecom è quello di dismettere questo asset, non solo la parte broadcasting ma anche le reti? «Sì, però salvaguardando il ruolo e la funzione de La7. La dismissione di asset nei media come i nostri richiede due condizioni: la massima trasparenza e la salvaguardia dei valori che La7 ha creato in questi anni. Fino ad oggi non c’erano le condizioni, oggi ci sono. Poi io personalmente non ho mai svenduto nessun asset. All’Eni ho venduto 300 società e non ho avuto una polemica». In questo Paese ci sono due temi difficile da toccare: Telecom e le Tv. Entrambe fanno parte della storia politica e finanziaria degli ultimi 20 anni. E qui si intrecciano tutte e due le storie. «Bene. Vedremo, sono molto tranquillo. La cosa importante è fare le cose con serietà». Si è parlato di un interesse di De Benedetti, le risulta? «Ma sa, gli interessi non sono chiacchiere sui giornali, sono cose concrete. Non essendoci una procedura in corso non ho elementi per dire se c’è un interesse o meno». Avete un tempistica per l’operazione? «Contiamo di chiudere in tempi ragionevoli». Puntate a vendere le due parti insieme o cercate due acquirenti diversi? «Ci lasciamo aperta qualsiasi opzione». La parte broadcasting è un bel boccone. «A livello mondiale i soldi ci sono». Ma è attrattivo adesso per un investitore estero comprare asset in Italia? «L’interesse c’è e inoltre in questo momento gli asset italiani costano relativamente poco. Un investitore serio, di lungo periodo, trova qui un governo serio che sta facendo delle riforme importanti e asset che possono crescere di valore».