FRANCESCA SCHIANCHI, JACOPO IACOBONI, La Stampa 10/5/2012, 10 maggio 2012
Tracollo Idv, mangiati da Grillo - Hanno in comune la carica protestataria e polemica. Alcune analoghe battaglie sulla legalità e la trasparenza
Tracollo Idv, mangiati da Grillo - Hanno in comune la carica protestataria e polemica. Alcune analoghe battaglie sulla legalità e la trasparenza. Per un certo periodo si sono avvalsi dello stesso guru della comunicazione, Gianroberto Casaleggio. Sono stati anche amici, il No Cav Day del 2008 a piazza Navona li aveva visti protagonisti insieme. Così affini che però ora rischiano di dover condividere pure gli stessi voti: Di Pietro e Grillo, l’Italia dei valori e la novità che ha terremotato il panorama politico, il Movimento 5 stelle. A sentire gli analisti di flussi elettorali, i voti hanno già cominciato a spartirseli. O, per essere più precisi, i grillini hanno già cominciato a sottrarli all’Idv. All’indomani del voto, il leader Di Pietro ha annunciato soddisfatto un raddoppio e in alcuni casi addirittura il triplicarsi delle preferenze per il suo partito rispetto alle precedenti amministrative. «Ma in una fase di cambiamento così forte, il raffronto è meglio farlo con le ultime consultazioni, le Regionali del 2010: le comunali del 2007 sono un’era geologica fa», spiega Roberto Weber della Swg. Così facendo, allora, i dati elaborati dall’Istituto Cattaneo sono impietosi: nonostante il grande successo di Leoluca Orlando a Palermo, sono 55 mila i voti in meno da Nord a Sud del Paese, una perdita del 58% a livello nazionale. E, soprattutto, questo calo ha un nome e un cognome: Beppe Grillo. «Ho davanti a me l’analisi dei flussi di tre città», legge Weber. «A Genova, Di Pietro ha ceduto un quinto dei suoi voti al Movimento cinque stelle. A Parma ha lasciato loro il 17%, a Como il 13. L’Idv è il più grosso “contribuente” del Movimento di Grillo che, se dovesse crescere ancora, porterebbe a uno svuotamento del partito di Di Pietro», prevede. Anche Nicola Piepoli, che pure ha raffrontato i dati dell’Idv con le ultime amministrative individuando una flessione solo «moderata», ritiene che «gli ha rubato voti Grillo». «Il Movimento 5 stelle con la sua straordinaria affermazione ha drenato il nostro potenziale di espansione: non ha provocato un nostro arretramento, ma una mancata crescita», ammette il capogruppo alla Camera dell’Idv, Massimo Donadi. Di certo, come sottolinea il professor Roberto D’Alimonte, «si pensava che Di Pietro potesse intercettare voti di protesta contro il governo Monti, essendo l’unica forza di centrosinistra in Parlamento all’opposizione: non è accaduto». «Siamo un partito giovane, con una classe dirigente che si sta costruendo, non abbiamo ancora una rete di amministratori rodati in grado di macinare consenso sul territorio», giustifica il risultato Donadi. Anche i grillini, però, sono giovani e inesperti ma hanno saputo raccogliere consensi a due cifre: «Hanno portato via voti a tutti, ma il loro vero serbatoio è stato il Pdl e la Lega», secondo il dipietrista. La linea dell’Idv, ora, è quella di richiamare ancora una volta alla foto di Vasto, alla creazione di «una coalizione di un centrosinistra riformatore», lasciando perdere Casini («alle elezioni non pervenuto») e il suo ormai defunto Terzo Polo («che è nato, sì, ma è quello di Grillo»). Obiettivo, evitare di rimanere travolti dall’urlo della piazza grillina, da una parte, e «scaricati» dal Palazzo, dall’alleato democratico, dall’altro. Al Pd l’appello è stato nuovamente lanciato, con Vendola c’è già stato un colloquio di Di Pietro. «Non aspetteremo all’infinito sospira Donadi -. Noi, comunque, ci metteremo subito al lavoro per costruire una casa comune». FRANCESCA SCHIANCHI *** Tramonta il sogno di Tonino, il partito di intellettuali e popolo - C’ era una volta l’Italia dei valori, gramscismo alla molisana, intellettuali e popolo. I militanti 5 stelle - ma soprattutto i suoi stessi errori - la stanno dimezzando. Appena nel 2009 l’ex pm andava a Mirafiori a fare comizi operaisti acclamati, sembrava il Franco Fortini di tempi, diciamo, un po’ poverelli; e d’altra parte riceveva l’endorsement di Claudio Magris, candidava il raffinato Giorgio Pressburger, e faceva eleggere Gianni Vattimo, secondo il quale - allora come ora - anche «nella cosiddetta antipolitica di Di Pietro che male c’era? Ci è stato detto per anni che, per combattere Berlusconi, occorreva condividerne qualcuno dei tratti, o no?». E infatti l’ex pm incassava un enorme successo alle europee drenando moltissimi voti ex Pd. Oggi invece, a parte Orlando che fa storia a sé, l’Italia dei valori barcolla, prende il 57 per cento in meno, parziale coincidenza col successo del movimento 5 stelle. E dire che almeno in parte certe istanze potrebbero sovrapporsi. Invece. Il partito un po’ intellettuali un po’ populo, direbbe Mourinho, scolorisce. L’ultimo cenno da Pressburger, per dire, è stata la sua partecipazione alla «Scuola europea dell’Idv», in estate a Strasburgo. Il programma, immortale, recitava: «Alle 14 lezione di Felice Belisario; a seguire, Giorgio Pressburger». Evidentemente qualcosa non ha funzionato, nell’Idv. Ma molto deve aver pesato una certa inclinazione alla candidatura discutibile, nel solco di quella leggendaria di Sergio De Gregorio nel 2008. Racconta Pancho Pardi, un dipietrista strano, fondatore dei girotondi, uno di quelli sempre rimasti di sinistra: «L’Italia dei valori non può considerare suoi quei voti contro il sistema dei partiti. Quest’elettorato critico fluttua, alla sinistra del Pd, per forza di cose può essere tentato da offerte più o meno seduttive rispetto alle precedenti». Dice Pardi che sì, «io candidature come Mennea, o come il lombardo Carraro, che un giorno dopo era con Berlusconi, non me le dimentico. Ma la politica di oggi non ha memoria, in un elettorato giovane conta di più la capacità di mobilitazione istantanea, una certa indipendenza dai modelli precedenti: e noi rispetto a Grillo appariamo consolidati, vecchi, loro sono molto più frizzanti». Il compagno Pancho non ritiene però incomunicanti le due basi elettorali: «I 5 stelle sono un fenomeno interessante, abbiamo verso di loro un’aspettativa senza pregiudizi; però l’alternativa noi la vorremmo fare nel centrosinistra, mentre loro ripetono sempre di non esser né di destra né di sinistra... e comunque, nel mare della politica sociale siamo tutti fratelli. Se ci prendono un po’ di voti, pazienza». Micromega di Paolo Flores nel settembre del 2009 denunciò le tante zone grigie nelle candidature dipietriste: un elemento che sicuramente ha pesato. Flores propose poi nel 2010 una specie di «partito della Costituzione» - unendo gli elettorati di Vendola, dei dipietristi, di Grillo e della sfuggente società civile - ma ecco la replica di Beppe: «Perché non lo fa lui, questo partito? Io sono un cittadino, Di Pietro in cinque anni ha fatto un partito, io ho fatto un movimento in cinque anni, che lui faccia il suo, se gli obiettivi saranno gli stessi ci scioglieremo, ma sarà una cosa naturale. Io ho paura degli intellettuali, a volte anche finti, perché arrivano sempre dopo». Così come l’Idv bocciò in seguito la proposta, sempre di Flores e Andrea Camilleri, di una lista Di Pietro-società civile alle europee. In quel momento, Tonino vinceva. Ora arretra, eprova lui a imitare il format della ripetizione del comico del boom: «L’Idv con Grillo? È come se mi chiedessero se voglio sposare la Schiffer. Chiediamo prima alla Schiffer se vuole sposarsi con me». JACOPO IACOBONI