Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  maggio 10 Giovedì calendario

ULTIMO ATTO PER RICHARD GINORI —

Dalla tavola dei Savoia alla messa in liquidazione. La porcellana Richard Ginori che per 277 anni di storia ha apparecchiato le tavole dell’alta società, è a un passo dal crac.
Schiacciata dai debiti (30 milioni) e sprofondata in una crisi di liquidità che ha messo a rischio l’attività produttiva, l’azienda di Sesto Fiorentino (ieri riunita in assemblea) ha deciso la messa in liquidazione della società e nominato il collegio dei liquidatori: Marco Milanesio (presidente), Nicola Lattanzi e Roberto Villa (presidente e azionista di riferimento delle porcellane fiorentine attraverso la Starfin). Una decisione inevitabile (in assenza di un’iniezione di capitali freschi) dopo che le perdite del 2011 (38,8 milioni con un patrimonio netto negativo per 19,3 milioni) hanno portato alla riduzione obbligatoria del capitale sociale. E ieri Borsa Italiana ha sospeso il titolo dalle negoziazioni. Il futuro è ancora da scrivere. La nota diffusa dopo l’assemblea parla di un possibile «accesso a procedure concorsuali, ivi compreso il concordato preventivo», tenendo conto che ci sono ancora tavoli di crisi aperti, al ministero dello Sviluppo economico, alla Regione Toscana anche per la cessione allo Stato del Museo della porcellana di Doccia. Ed è proprio il Museo (uno dei più antichi esempi di galleria d’impresa) a testimoniare il prestigio di una manifattura costellata di grandi successi e ricorrenti crisi finanziarie, che però non hanno mai intaccato la qualità e il glamour dei suoi prodotti. Museo voluto fin dall’inizio proprio dal fondatore, il marchese Carlo Ginori che costituisce la Manifattura di Doccia nel 1735. Per problemi finanziari nel 1896, i marchesi Ginori sono costretti a vendere la fabbrica a un intraprendente produttore di ceramiche milanese Giulio Richard (in realtà un piemontese di origine svizzera). Nasce così il marchio Richard-Ginori. Un’icona del made in Italy da sempre associato ai più bei nomi dell’architettura e della moda. Come quello di Giò Ponti che negli anni ’30 ne rinnova le forme all’insegna dell’Art Deco, ma anche Giovanni Gariboldi che introduce le forme impilabili (anni ’50) fino ai giorni nostri con i contributi (tra gli altri) di Achille Castiglioni, Enzo Mari e all’alleanza con Missoni per il Tableware.
Una storia formidabile, fatta di alti e bassi, di cambi di proprietà e di innovazione, che di recente è stata messa a dura prova dalla crisi e dal credit crunch. I più preoccupati i 350 dipendenti, innamorati del proprio lavoro, che rischiano di perdere.
Antonia Jacchia