Giuliana Ferraino, Corriere della Sera 10/05/2012, 10 maggio 2012
LA ROTTURA? AI TEDESCHI COSTEREBBE IL 20% DEL PIL
Costi economici pesantissimi, e un prezzo politico ancora più alto, con la perdita di influenza internazionale dell’Europa, che evaporerebbe come concetto. Sono le conseguenze della rottura dell’euro immaginate in uno studio da Ubs lo scorso settembre. A distanza di qualche mese, il contenuto dell’analisi non è cambiato, avverte la banca svizzera. Ma lo scenario è diventato più probabile. Così come si è allargato il partito dei catastrofisti.
La Grecia uscirà dall’eurozona «entro un anno», perché di fatto è già fuori, sostiene Tyler Cowen, economista della George Mason University, senza escludere che possa seguirla anche il Portogallo. Perfino un membro del direttorio della Bce, il tedesco Jörg Asmussen, ha evocato per la prima volta questa possibilità, dichiarando al quotidiano Handelsblatt che Atene «non ha alternative al programma di risanamento economico concordato, se vuole restare nell’euro» e che «la decisione di rimanere nella zona euro è in mano ai greci».
Gli effetti di un break-up della moneta unica con la fuoriuscita della Grecia? Default del suo debito sovrano; default dei debiti delle sue imprese; collasso del sistema bancario. E una svalutazione del 60% della valuta nazionale. Ma probabilmente si innescherebbe subito una reazione a catena, con contraccolpi negli altri Paesi dell’eurozona, in particolare quelli più vulnerabili, a cominciare da Portogallo e Spagna. Lo scenario è da tregenda: spread alle stelle, assalto agli sportelli di credito, per ritirare i propri depositi, stretta del credito, con paralisi dell’economia reale, disoccupazione. Ma una nuova Grande Depressione in Europa avrebbe inevitabili ripercussioni sull’economia globale, con un forte declino del commercio internazionale. Secondo le stime della simulazione di Ubs, la fine dell’euro porterebbe ad ogni contribuente tedesco un costo otto-dieci volte più alto del salvataggio di Grecia, Irlanda e Portogallo insieme, perché questi al massimo comportano un onere di mille euro a testa una tantum. Se invece fosse solo la Grecia a tornare alla dracma, ogni contribuente tedesco pagherebbe tra i 9.500 e gli 11.500 euro il primo anno e 3-4 mila euro negli anni successivi. Come dire: il 20-25% del suo prodotto lordo.
Giuliana Ferraino