Elsa Muschella, Corriere della Sera 10/05/2012, 10 maggio 2012
IL FINTO CANDIDATO DIVENTA SINDACO: NON MI DIMETTERO’ —
Se valeva per la casa vista Colosseo o i fondi padani di partito, varrà bene per una candidatura d’alta quota. Considerato l’insaputismo quale categoria emergente della politica italiana, si analizzi il caso elettorale di Cimolais (la provincia è Pordenone), comune all’ombra della cima del Campanile di Val Montanaia — 2.173 metri di pure Dolomiti friulane — popolato da 507 elettori.
La sera prima della presentazione delle liste, Gino Bertolo — 65 anni, residente a Venezia, già sindaco di Cimolais un paio di lustri fa e unico in corsa per lo stesso incarico in quello che con sincero affetto chiama «il paese di mia moglie» — chiede una cortesia a Fabio Borsatti, 50 anni, titolare dell’Hotel Dolomiti nella vicina Claut: che si candidi anche lui con una lista approntata alla bell’e meglio, per evitare di non raggiungere il quorum o eventuali commissariamenti. L’albergatore accetta. Risultato: l’ex primo cittadino perde con 117 voti e si ferma a tre seggi. L’outsider vince con 160 attestati di stima, conquista otto seggi e viene avvisato dal collaboratore del Messaggero Veneto, Fabiano Filippin, al quale replica incredulo: «Ma quale eletto? Io sto organizzando la festa della Juve, lasciatemi in pace».
Metabolizzato l’inequivocabile esito delle urne, il primo cittadino in pectore tiene a precisare: «Ma io non sono andato neanche a votare perché volevo che vincesse Gino. Mia figlia, mia sorella, mio papà e mia moglie hanno votato tutti per lui!». Lo sconfitto reagisce con maggiore contegno, anche perché in Comune si ipotizza un ruolo da vicesindaco come risarcimento sommario: «Non ci sono rimasto male, è stato un onore partecipare. È successa una cosa apparentemente anomala ma qui c’è poco da sorridere. Ma più che altro per una questione di carattere... antropologico. Arrivare ben oltre la ragione con livelli di comicità involontaria non è sicuramente una situazione che gli abitanti di Cimolais meritano, comunque stiamo costruendo una comunicazione congiunta che sarà diffusa nel giro di pochi giorni».
Fatta salva una doverosa solidarietà umana al signor Bertolo, l’imbarazzo istituzionale non evapora. Borsatti, che in due giorni ha imparato a sopportare il peso della responsabilità amministrativa, così parlava ieri: «Diciamo che sto costruendo qualcosa con dei ragazzi giovani e Gino potrebbe uscire da questa squadra». E l’incarico da vicesindaco? «Eh, se i giovani mi dicono che accettano le mie idee, io tenderei a escludere Gino. Il voto è stato unanime a mio favore e se dovessi farlo vicesindaco magari mi ritrovo le ruote della macchina tagliate, chi lo sa, in questo mondo balordo potrebbero farmi anche dei dispetti. Adesso abbiamo due settimane di tempo per mettere giù un programma che non abbiamo ancora fatto e anche se qui i gufi dicono che mi dimetterò non è vero: farò il sindaco nel migliore dei modi. Magari Gino non l’hanno votato perché risiede a Venezia. Sì, giusto, è stato un voto di protesta».
Di sicuro, la lista ideata quella sera è già una potenziale icona: la scritta Tremenisa con uno sbrego nero. «Non è uno sbrego, Tremenisa è un fiumiciattolo che quando piove tanto in paese s’ingrossa e fa danni». Ecco.
Elsa Muschella