Marco Mobili, Il Sole 24 Ore 10/5/2012, 10 maggio 2012
ITALIA SVIZZERA, RIPARTE IL DIALOGO
Portare alla cassa la Svizzera sui ristorni per i lavoratori frontalieri è stata la chiave d’accesso per rimettere in moto il confronto tra l’Italia e la Repubblica elvetica sulla possibilità di tassare alla fonte i redditi di capitale maturati sui patrimoni depositati dagli italiani nei forzieri svizzeri.
Lo stesso viceministro all’Economia, Vittorio Grilli, ieri in Aula alla Camera rispondendo a un question time, ha evidenziato che «l’Italia ha comunque posto come condizione preliminare, rispetto a ogni utile obiettivo di comune convergenza, la risoluzione di controversie aperte, in particolare quella relativa al blocco da parte svizzera dei ristorni dei lavoratori frontalieri».
Ma l’altra grande novità di ieri sta proprio nella ripresa del dialogo sulle questioni fiscali e finanziarie, come ha confermato Grilli rispondendo all’interrogazione di Sandro Gozi, capogruppo Pd nella commissione Politiche della Ue. Il Pd, dopo aver sollecitato il precedente Governo con un’interrogazione di Massimo Vannucci (Pd) indirizzata all’allora ministro Giulio Tremonti, è tornato nuovamente alla carica per sapere se ora l’Esecutivo
è intenzionato ad avviare «con la massima urgenza, in attesa della modifica della direttiva 2003/48/CE in sede comunitaria», negoziati con le autorità elvetiche per chiudere un accordo bilaterale analogo a quelli stipulati con Germania e Regno Unito. Accordi cui si è aggiunto recentemente quello sottoscritto dall’Austria e che entreranno in vigore dal 1° gennaio 2013. Sul piatto della bilancia ci sono importi rilevanti che se recuperati potrebbero sostenere interventi urgenti sulla "crescita". Secondo le ultime stime nelle banche svizzere gli italiani avrebbero depositato 120-150 miliardi di euro.
Lo schema delle convenzioni è sostanzialmente lo stesso, ovvero l’applicazione di un’imposta liberatoria, dall’aliquota particolarmente elevata (la Germania l’ha portata al 41%), riscossa dalla stessa banca e versata anonimamente alle autorità fiscali. Con l’imposta "liberatoria" il contribuente manterrebbe l’anonimato, sempreché nel futuro sia disposto a farsi applicare su interessi, dividendi e redditi di capitale un prelievo alla fonte pari a quello che avrebbe subito nel Paese di origine. Dal canto suo la Svizzera otterrebbe dallo Stato terzo un migliore accesso al mercato per gli istituti finanziari svizzeri e l’uscita dalle black list esistenti.
Per un accordo Svizzera-Italia il percorso è ora tutto da costruire. Il primo incontro in cui si confronterà «un gruppo di pilotaggio» è già fissato per il 24 maggio. E secondo quanto reso noto ieri dall’Economia, lo stesso premier, Mario Monti, incontrerà a breve la presidente della Confederazione elvetica, Eveline Widmer-Schlumpf.
Le basi per riaprire un dialogo con la Svizzera sono state poste proprio nel corso della mattinata di ieri, quando il consigliere diplomatico del ministro dell’Economia, Carlo Baldocci, ha incontrato nell’ambasciata elvetica della capitale il segretario di Stato del Dipartimento Federale delle Finanze svizzero, Michael Ambúhl.
Ma come hanno fatto notare da Via XX Settembre, ci sono comunque alcuni parametri che andranno ben valutati, come lo scambio di informazioni sul modello Ocse e la compatibilità con alcune recenti scelte di questo Esecutivo: la tracciabilità dei pagamenti o la mini-patrimoniale sui depositi e sui conti correnti. Chi la riscuoterà? Le prime risposte al tavolo programmato per fine maggio.