VARIE 10/5/2012, 10 maggio 2012
APPUNTI PER GAZZETTA. LA SITUAZIONE POLITICA
REPUBBLICA.IT
ROMA - "Il Paese sta attraversando una fase difficile della sua storia ma, come Lei ama dire, l’Italia ce la farà perché è proprio nei momenti di difficoltà che emerge lo spirito di una nazione forte e capace di guardare lontano". E’ quanto si legge nel messaggio inviato a Giorgio Napolitano dal presidente del Consiglio, Mario Monti, in occasione del sesto anniversario della sua elezione a capo dello Stato. "Per il governo, e per me personalmente - prosegue il testo-, Lei rappresenta un punto di riferimento sicuro, una fonte di ispirazione che ci permette di impegnarci con determinazione nella realizzazione del mandato che Lei ci ha affidato".
L’incoraggiante messaggio del premier giunge in un momento in cui Monti è particolarmente impegnato a far passare in sede europea la necessità di distinguere una politica di investimenti necessari per favorire la crescita dal rigoroso controllo delle spese correnti delle macchine statali. Mentre, sul fronte interno, i suoi ministri si dimostrano, nelle loro espressioni, più attenti alle ricadute delle misure anti-crisi sulle fasce deboli del Paese.
Il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, vede la crescita assolutamente necessaria per sottrarre il Paese al rischio di una perdita di tenuta economica e sociale. "Il disagio sociale e diffuso legato alla mancanza di lavoro in Italia è più ampio di quello che le statistiche dicono" spiega il ministro. Quel disagio, sottolinea Passera, investe "metà
della nostra società". Il ministro del Welfare Elsa Fornero ammette: "La riforma delle pensioni è stata molto dura e ha creato dei problemi a molte persone e molte famiglie". "Problemi - Fornero, allo stesso tempo, assicura - dei quali il governo è consapevole". E il ministro della Salute, Renato Balduzzi avverte: "E’ un momento di difesa: attenzione alle fasce fragili".
Passera: "Ue, investimenti per la crescita". "Tutti sappiamo che da questa situazione possiamo uscirne anche più forti degli altri paesi. Lo spazio per crescere c’è e in parte dipenderà da quello che farà l’Europa, che deve smettere solo di parlare di crescita ma fare investimenti", dichiara il ministro dello Sviluppo Economico, riprendendo le argomentazioni dello stesso presidente del Consiglio, Mario Monti 1. Le accuse di respiro "comunitario" del ministro sono particolarmente dirette. "L’Ue non ha fatto la sua parte adeguatamente negli ultimi tanti mesi - amonisce Passera -. L’Ue non ha saputo garantire se stessa, ma adesso deve dimostrare di saper garantire se stessa e anche i più deboli, deve smettere di parlare di crescita e fare investimenti, distinguendo ciò che è spesa e ciò che è investimento". Più tardi, a Venezia, Passera precisa: "Talune tipologie di investimento non possono essere considerate alla stregua della spesa corrente. Monti ha la credibilità e il ruolo per convincere l’Europa a togliere da certi vincoli del fiscal compact tipologie di investimento come quelle per l’agenda digitale".
Passera fa un po’ di conti sul disagio sociale legato alla mancanza di lavoro: "Se mettiamo insieme disoccupati, inoccupati, sottoccupati e sospesi arriviamo a 5-6- forse 7 milioni di persone. Se moltiplichiamo per i loro familiari arriviamo alla metà della nostra società. Non sono soltanto a rischio i consumi e gli investimenti ma anche tenuta economica e sociale del Paese". Per il ministro, l’Italia può farcela, "e non è ottimismo di maniera". Perché "dalla globalizzazione può arrivare una spinta alla crescita" analizza Passera, elencando i settori in cui il Paese mantiene un vantaggio competitivo: "L’Italia ha dei vantaggi unici nel settore della moda, della casa, dell’autonomazione, della meccanica, della filiera agroalimentare e del turismo", se a tutto questo si aggiunge "il dinamismo" del sistema delle piccole e medie imprese, "da persone concrete, dobbiamo convincerci che lo spazio per crescere c’è".
Fornero: "Pensioni, governo consapevole dei problemi". La riforma delle pensioni "è stata molto discussa, anche nei problemi che ha creato a persone e famiglie. E sono problemi dei quali il Governo è consapevole". Così il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, intervenendo alla ’Giornata nazionale della previdenza’. "E’ una riforma - spiega il ministro - dura e molto severa, ma ricordo le circostanze di grave crisi finanziaria in cui è stata approvata. C’era la prospettiva di un vero baratro finanziario le cui conseguenze non dobbiamo dimenticare quando si ricordano i problemi creati dalla riforma". Il ministro Fornero poi sottolinea come "nessuna riforma del sistema previdenziale può funzionare senza un buon andamento dell’economia e una riforma del mercato del lavoro, che deve essere più inclusivo e dinamico di quanto sia mai stato".
Balduzzi: "Attenzione alle fasce fragili". "Soprattutto in tempo di crisi i criteri devono essere chiari ed è necessario rivolgere maggiore attenzione ai fragili, che non possono fare da soli. Chi è forte può stringere la cinta, chi è debole, invece, ha bisogno una rete". Anche il ministro della Salute, Renato Balduzzi, in visita questa mattina all’Istituto nazionale migrazioni e povertà (Inmp), esprime dalla sua prospettiva l’attenzione dell’esecutivo per i più esposti agli effetti della crisi, ma anche del rigore e delle riforme. "Per il nostro sistema sanitario nazionale - ha detto il ministro - la cartina di tornasole è proprio l’attenzione ai più deboli. I tempi che viviamo non sono favorevoli per grandi progetti, sono tempi di difesa. Importante è, però, non perdere le caratteristiche che determinano il funzionamento del nostro stesso sistema sanitario".
Grilli: "Fondamentali forti, ma fisco pesa. Ridurre settore pubblico". Sulle prospettive del "farcela", il viceministro dell’Economia, Vittorio Grilli, condivide l’ottimismo di Passera, perché "i fondamentali dell’economia italiana sono forti se confrontati ai concorrenti europei". "Il compito del ministero dell’Economia e delle finanze - scandisce Grilli -, non è quello di lanciare il cuore oltre l’ostacolo ma di lasciare i piedi per terra. Questo non vuol dire che un cuore non lo abbiamo anche noi. Le difficoltà che stiamo vivendo sono di tutti, nessuno escluso, e le dobbiamo vivere e vincerle insieme". C’è bisogno, sottolinea Grilli, "di una riduzione del peso fiscale: il peso fiscale alto non può essere un motore per la crescita". Ma questo obiettivo non può essere raggiunto in deroga a un risanamento del bilancio pubblico, per il quale "non devono esserci esitazioni né marce indietro. E’ un pre requistio di credibilità per la crescita del nostro Paese. Dobbiamo avere i conti in ordine". La strada per ridurre il debito pubblico, secondo Grilli, passa attraverso un settore pubblico più snello ed efficiente, con un risultato "non solo quantitivo, ma qualitativo - chiede Grilli -, consapevoli che si può avere una maggiore efficienza del sistema, dando servizi di maggior qualità. Bisogna evitare di dire che: ’si taglia la spesa e quindi tagliamo i servizi ai cittadini’".
(10 maggio 2012)
REPUBBLICA.IT - BERSANI
ROMA - "No alle elezioni politiche a ottobre: confermo l’appoggio leale al governo. Chiediamo solo che il governo ci ascolti". I segretario del Pd, Pier Luigi Bersani rilancia i concetti già espressi nell’intervista di oggi a Repubblica 1. E, dopo le amministrative - che Bersani considera un successo per il suo partito - , torna a ribadire la necessità che la legislatura arrivi al termine. "Abbiamo chiesto provvedimenti ed equita’ per le imprese e francamente non capisco questi ritardi. Mi auguro che in settimana le cose comincino a risolversi" dice il segretario all’assemblea di Rete Imprese Italia.
"Se le imprese saltano - aggiunge Bersani - l’occupazione cala". Si tratta quindi di far girare un po’ di liquidità per le imprese e "stiamo aspettando che il governo faccia qualcosa in questo senso". Sul problema dei pagamenti alle imprese da parte della pubblica amministrazione, invece, "occorrono soluzioni immediate, meglio un po’ subito che tutto chissà quando..."
Esodati. Chiede ascolto il Pd. E lo chiede, in particolare, sul tema del lavoro. Mandando un messaggio al ministro Elsa Fornero. "Ho sentito che dice: ’prendo scelte impopolari’. Qui non si tratta di popolarità o impopolarità, qui è questione di gente che rimane due anni senza pensione, senza salario, senza ammortizzatori. Non esiste, non è possibile. Adesso che
c’è un primo provvedimento sui primi 65mila esodati va bene ma al tavolo con i sindacati si faccia una ulteriore ricognizione rigorosa e non generica e sulla base di quella si reperiscano le risorse necessarie".
Pdl. Poi Bersani punta il dito contro il Pdl alle prese con il crollo elettorale e forti tensioni interne. "Mi auguro che i loro problemi non si scarichino sull’italia"
Napolitano. Per il segretario del Pd il presidente della Repubblica "è un punto di riferimento imprescindibile per tutti gli italiani. Nel sesto anniversario della sua elezione, desidero esprimergli la mia personale gratitudine. La serietà e il rigore con cui svolge il proprio mandato rappresenta un ancoraggio sicuro in un momento di gravissima difficoltà per il Paese. A lui va il ringraziamento mio e di tutto il Partito democratico".
(10 maggio 2012)
REPUBBLICA.IT - GALLUZZO
FIRENZE - Una certa solitudine l’ha evocata lui stesso, richiamando «le notti» passate a immaginare una via di uscita sui debiti commerciali della pubblica amministrazione. Le imprese chiudono, i ritardi dello Stato le strangolano, ma la soluzione comunitaria di Monti passa da Berlino, e la Merkel non ha ancora detto di sì.
Ancorché passeggera, la sensazione di sentirsi impotente è affiorata, sul filo dell’ironia, con altri concetti: «Come sarei felice di saldarli subito, domani mattina, quei debiti»; «peccato che non posso farlo», ha proseguito dopo, evocando spread , giovani, futuro, responsabilità.
La fatica del sacrificio in cui si è imbarcato comincia a farsi sentire. Ieri mattina, nel salone dei Cinquecento, a Palazzo Vecchio, i «sei mesi di governo» sono diventati di colpo molto più pesanti (« longer, much longer », il premier parlava in inglese) degli anni passati alla Commissione europea. Il giorno prima, a chi chiedeva se avesse letto le mail dei cittadini sulla revisione della spesa pubblica, aveva risposto, più o meno, così: «Avrei dovuto, visto che non ho nulla da fare...».
Chiamatela se volete amarezza, forse sono i primi segnali di una stanchezza, di certo nelle ultime ore la comunicazione del premier è cambiata. Risponde alle critiche; dice e poi rettifica; provoca lui stesso reazioni, in primo luogo nel Pdl, che rischiano di complicare la navigazione dell’esecutivo. Persino nello staff qualcuno avrebbe ravvisato la necessità di una maggiore moderazione. Ma anche Monti ha il suo carattere, che non ha solo i tratti della sobrietà, per scomodare un luogo comune.
Negli ultimi giorni, provocando un filo di allarme nei colleghi di governo, si è anche spinto più in là: i ragionamenti sull’appoggio esterno del Pdl (che poi, in realtà, è già tale) lo hanno lasciato stupefatto; quelli di una potenziale, costante, revisione parlamentare sui provvedimenti più importanti del governo, così come le polemiche sull’Imu, lo hanno invece innervosito al punto da arrivare a pronunciare davanti ad altre persone, per la prima volta, l’ipotesi di togliere il disturbo.
Chi lo conosce, nel governo, interpreta in questo modo: «È stato abituato a incassare elogi, interni e internazionali, incassa meno bene i riti, le critiche e il linguaggio della politica italiana». Persino i titoli di prima pagina dei quotidiani vicini al centrodestra provocano reazioni, per lo staff invece si potrebbe sorvolare.
«Si è tecnici sino a quando non si mette piede nel Palazzo», gli è stato suggerito dai collaboratori. Come dire: non ti curar di loro. Evidentemente non è così semplice. Monti tecnico lo è stato per tanti anni: in fondo anche alla Commissione europea, dove un certo tipo di politica, aggressiva, personale, entrava di rado. C’erano sì le lobbies e interessi delicati e mille lotte di potere, ad esempio con giganti come Microsoft; mancava l’attacco alla persona, che oggi stenta a digerire.
Su tutto ovviamente ha un peso ulteriore, e primario, l’enorme preoccupazione per la situazione, che continua a definire «drammatica», del Paese: con le banche il governo aveva ipotizzato, per luglio, l’obiettivo di uno spread a 250; se restasse intorno a 400, come in questi giorni, la differenza in termini di interessi, per le casse dello Stato, sarebbe di circa 15 miliardi di euro. Per non parlare del rischio, dopo il voto di Atene, ma non solo, che la situazione dei mercati «sfugga di nuovo di mano».
Cifre e timori che provocano frustrazione, mentre si fronteggiano critiche che si ritengono ingiuste. O mentre si chiedono ai partiti suggerimenti, collaborazione concreta, ricevendo in cambio riserve, distinguo, e persino l’accusa di aver ridotto il Paese in questo stato.
Sua madre gli diceva, tanti anni fa: fai tutto quello che puoi e che vuoi, ma «non andare a Roma, non ti mischiare con la politica». I problemi, e l’amarezza di oggi, sembrano avverare, in parte, quell’avvertimento.
SERGIO ROMANO SUL CORRIERE DELLA SERA DI STAMATTINA
Le elezioni amministrative hanno risvegliato tutte le peggiori tentazioni della politica italiana. Il Pdl vorrebbe arrestare il proprio declino imponendo al governo una politica meno rigorosa. Nel Pd qualcuno comincia a pensare che converrebbe cogliere l’occasione per chiudere la fase del governo tecnico e anticipare la fine della legislatura. E le frange premiate dal voto, come il movimento di Beppe Grillo, vorrebbero le elezioni subito per consolidare il capitale conquistato.
A nessuno sembra essere passato per la mente che il quadro generale uscito da questo voto rende l’Italia molto più simile alla Grecia di quanto non assomigli alle altre maggiori democrazie europee. La Spagna ha mandato a casa il governo socialista di Zapatero, ma ha dato a un altro partito il diritto di governare. La Francia ha congedato Nicolas Sarkozy, ma ha dato la sua fiducia a un uomo che avrà il diritto di restare per cinque anni alla guida del Paese. Né Mariano Rajoy, né François Hollande hanno in mano le chiavi della crisi. Ma nei prossimi mesi, vale a dire quando occorrerà trovare ai vertici dell’Europa la migliore combinazione fra rigore e crescita, la Spagna e la Francia saranno governate da persone che hanno il diritto e il dovere di farlo. Quale sarebbe la governabilità dell’Italia se da un’elezione anticipata emergesse un quadro simile a quello degli scorsi giorni?
Temo che i partiti italiani non abbiano capito il senso e lo scopo della formula adottata dal presidente della Repubblica dopo le dimissioni del governo Berlusconi. Mario Monti e i suoi tecnici avrebbero dovuto restaurare la credibilità finanziaria dell’Italia, riformare il mercato del lavoro, creare le condizioni per una economia più libera e competitiva. I partiti avrebbero dovuto assecondare il governo ma dedicarsi contemporaneamente ad altri compiti che non possono essere, in una democrazia, «tecnici». Avrebbero dovuto modificare la legge elettorale, ridurre il numero dei parlamentari, rompere l’incantesimo del bicameralismo perfetto, dare a se stessi uno statuto giuridico corrispondente alle loro responsabilità, dare al Paese un esempio di rigore finanziario riducendo drasticamente il denaro pubblico di cui si sono spensieratamente serviti dopo un referendum che diceva chiaramente quale fosse, a questo proposito, il pensiero del Paese.
Ebbene, nulla di ciò che avevamo il diritto di attenderci in materia di riforme istituzionali è stato fatto. È questa una delle ragioni del malumore del Paese, che soffre la crisi e sopporta il peso delle tasse, e del successo di Grillo. Se i partiti vogliono rimediare, il tempo stringe e la porta attraverso la quale dovranno passare per avviare il cantiere delle riforme non resterà aperta più di tre o quattro settimane. Una riforma costituzionale richiede, infatti, una doppia lettura fra Camera e Senato e mancano dieci mesi alla fine della legislatura. Se non ne approfitteranno, il prossimo voto sarà peggio dell’ultimo.
PAOLA DI CARO SUL CORRIERE
ROMA — La battuta di uno dei big del Pdl dà bene il senso della situazione: «Monti fa il professore, ci vorrebbe mettere in riga come i bravi studenti: ma dovrebbe saperlo che, ogni tanto, gli studenti alla scuola gli danno fuoco...». E se è opinione diffusa nel partito che chi sta spargendo combustibile è Mario Monti, e quando ci sono tanti accendini in giro il rischio diventa grosso, si capisce come la voce insistente di una telefonata ieri tra lo stesso premier e Silvio Berlusconi per cercare di calmare le acque e ritrovare un modus vivendi almeno nei toni del confronto sia verosimile, sebbene conferme ufficiali non ne arrivino.
D’altra parte, la linea di Berlusconi è ben sintetizzata dall’avvertimento che ha dato ai suoi: schiaffi in faccia non dobbiamo nè possiamo prenderne più, le cose devono cambiare. E così non sorprende che anche ieri, dopo averlo fatto a caldo, Mario Monti sia tornato a spiegare il senso della sua uscita sulle responsabilità del disagio sociale che hanno portato anche alla catena di suicidi della disperazione di imprenditori, e non solo, ridotti sul lastrico.
Ma la tensione nel Pdl resta altissima, come conferma una interrogazione parlamentare presentata ieri da oltre 40 deputati per avere chiarimenti sull’infelice uscita del presidente del Consiglio: è un «dovere etico e politico» smentire ogni riferimento a presunte colpe del Pdl nella catena di suicidi delle ultime settimane, scrivono i furiosi firmatari, perché altrimenti «ci saranno conseguenze e valutazioni politiche». Una specie di sfida all’Ok Corral, lanciata soprattutto da ex An come il vice capogruppo Bianconi, l’ex ministro Meloni, la Beccalossi, ma resa ancora più pesante dai consensi di big del calibro di Brunetta e, sembrava in un primo momento, della Gelmini, che invece in serata ha chiarito come si fosse trattato di un equivoco: «Pensavo fosse su tutt’altra materia, non aderisco». Risponderà il ministro per i rapporti con il Parlamento Giarda all’interrogazione, ma le vere risposte che dovranno arrivare nei prossimi giorni sono altre.
Sì perché, come dice un fedelissimo del Cavaliere, è vero che «siamo tra Scilla e Cariddi», tra l’appoggio obbligato al governo che significa sconfitta al voto e disaffezione degli elettori e un’eventuale rottura con Monti che potrebbe però portare al disastro. Berlusconi ha analizzato la situazione esattamente in questi termini martedì notte nel vertice fiume con il suo stato maggiore e ancora ieri con i suoi interlocutori: «È davvero difficile decidere cosa fare. Le elezioni in fondo sono andate meno peggio di quanto pensavamo, in un momento così difficile per il Paese avevamo sondaggi perfino peggiori. In certi casi abbiamo sbagliato i candidati, in altri non c’è stato niente da fare, la Lega non voleva allearsi e abbiamo perso, guardate il caso Tosi. Ma è vero che l’azione di governo ha gettato l’Italia nel pessimismo, nel Paese c’è ormai un clima di disperazione».
Dati alla mano, che dimostrerebbero come la contrarietà al governo Monti negli ultimi mesi tra l’elettorato del Pdl sarebbe salita dal 73% all’89%, praticamente un plebiscito, l’ex premier ha raccontato che «basta andare in giro per capire quanta fibrillazione c’è tra la gente: praticamente chiunque mi incontra mi chiede di staccare la spina al governo». Ma, e qui si torna alle domande che non hanno risposta se non quella obbligata della responsabilità, «la mia grande preoccupazione è legata allo stato dell’economia, è una situazione disperante».
Per questo — continua Berlusconi — il voto è «una cosa alla quale non possiamo non pensare, siamo tutti tentati, lo sapete, io compreso». Ma un po’ l’intervento di Gianni Letta, che come sempre negli anni ha ricordato a tutti i rischi, i problemi, l’impossibilità di fatto di tendere la corda fino a spezzarla, un po’ le stesse considerazioni dell’ex premier che «ci serve anche del tempo per organizzarci per il voto, e comunque se forzassimo la mano adesso il Paese potrebbe davvero precipitare, rischieremmo di fare la fine della Grecia», hanno riportato la linea ufficiale a quella dichiarata da giorni: sì al sostegno al governo, ma condizionato e a muso duro, su tutto.
Da qui l’avvertimento di Alfano a Monti sulla riforma Brunetta sulla Pubblica amministrazione, che non «va toccata», da qui i continui aut aut a non pensare nemmeno a «nuove tasse», e a ragionare invece su come si possa abolire l’Imu dal prossimo anno. Alzare il volume sulle richieste, premere perché la linea cambi, condizionare le decisioni del governo: questi gli obiettivi per l’immediato. Ma intanto Berlusconi lavora a quello che dovrà essere l’assetto futuro del centrodestra.
Se nel partito le guerre intestine cominciano ad essere di difficilissima gestione - basta pensare alla rissa ormai quotidiana tra Galan da una parte, gli ex An dall’altra -, il Cavaliere sembra guardare oltre: Alfano non si tocca, ma la sfida — l’unica possibile — è costruire davvero qualcosa di nuovo nell’area moderata: «Io — spiega — penso a un rassemblement dei moderati, un contenitore sul modello francese, penso all’unione in una federazione di tutti quelli che non vogliono lasciare il Paese nelle mani della sinistra. È a questo che voglio lavorare, perché altrimenti per l’economia italiana sarà davvero durissima».
Proseguono così i contatti con il Terzo Polo, ancora a livello molto informale in verità. Ieri si sono parlati a lungo Casini ed Alfano, il tourbillon degli incontri è ancora all’inizio, ma il Cavaliere ci spera: «Farò tutto quanto è in mio potere per riaggregare i moderati». E per farlo serve «un po’ di tempo, dobbiamo costruire una proposta credibile prima di andare al voto». Ma se davvero il quadro reggerà, nel Pdl non lo sa più nessuno: «Vedremo, davvero, vedremo...», sospira cupo Berlusconi.
Paola Di Caro
D’ARGENIO SU REPUBBLICA DI STAMATTINA
ROMA - Un Pdl stordito dalla débâcle elettorale cerca di ritrovare se stesso attaccando Monti. In serata 42 onorevoli e senatori di Berlusconi firmano un´interrogazione parlamentare in cui ingiungono al premier di spiegare il significato della frase dell´altro ieri sulle «conseguenze umane della crisi». È un «dovere etico e politico» che il premier vada in aula a dire «a chi si riferisse». Altrimenti, è la minaccia, ci saranno «conseguenze e valutazioni politiche». Il Pdl si aggrappa a quanto avvenuto martedì, quando il Professore aveva invitato ad astenersi dalle critiche chi aveva provocato «le conseguenze umane della crisi» portando l´economia nel disastroso stato in cui si trova, salvo poi precisare, pochi minuti dopo, che non stava accusando il Pdl dei suicidi (entrambi mai nominati nel suo intervento) legati alla recessione.
L´interrogazione viene firmata da tutte le componenti pidielline, non solo dagli ex An Meloni, Beccalossi e Bianconi (la corrente da subito contro Monti) e Brunetta. C´è anche un giallo sulla Gelmini, che prima appone la sua firma, poi la ritira giustificandosi che non aveva letto il documento. Il testo che ha spaventato l´ex ministro recita: «È un dovere etico e politico per Monti spiegare in modo compiuto cosa mai intendesse con l´espressione "conseguenze umane" - in relazione evidente con i suicidi - e a chi si riferisse se non al Pdl». Poi si parla di tentativi «auto assolutori» del governo (accusato anche di partecipare, come il resto d´Europa, al salvataggio della Grecia) fino a suggerire a Monti come evitare la crisi. Ovvero dichiarare in Parlamento che la colpa del disastro non è di Berlusconi, ma degli speculatori internazionali e delle banche. Argomenti abusati negli ultimi mesi del Cavaliere a Palazzo Chigi, ai quali seguono le allusioni. I firmatari consigliano al premier di accusare dei mali italiani anche Goldman Sachs ed «enti e associazioni internazionali che incidono sulla governance economica internazionale». Tutte «realtà ben note al Professor Monti».
E pensare che il premier ieri aveva cercato di abbassare i toni. Ieri mattina a Firenze nel corso della Conferenza sullo stato dell´Unione aveva riconosciuto a Berlusconi «di avere fatto molto sulle riforme strutturali», limitandosi ad aggiungere che «ora si deve fare più». Poi attaccando la politica - il problema non è l´Europa, ma i media che guardano solo al breve periodo e i politici sempre meno leader e più «follower» - Monti ha sottolineato subito di non parlare di Italia. Ma gli attacchi del Pdl sono andati avanti tutto il giorno, con un nervosismo forse aumentato da Maroni che ha negato l´appoggio a Berlusconi nei ballottaggi delle comunali dando «libertà di voto» ai suoi. Scatenato Crosetto - già demolitore di Tremonti negli ultimi mesi del centrodestra - secondo cui Monti «sta volutamente cercando lo scontro per avere una scusa per dimettersi» e poi correre con i centristi alle elezioni. Toni sempre più forti, con La Russa che scarica su Monti la colpa della rottura con la Lega e la sconfitta elettorale. Bondi si lancia invece a critiche sull´operato del premier in Europa. E crea polemiche anche il ministro Fornero: «Siamo in ritardo nell´attenzione ai più sofferenti e ai più deboli. Qui ammetto qualche mia responsabilità». Le risponde il leader Cgil Susanna Camusso: «I mea culpa servono a poco se non si cambia orientamento».
BEI SU REPUBBLICA
ROMA - Una telefonata di Gianni Letta a Monti (anche se a Roma si è sparsa la notizia che abbia chiamato direttamente il Cavaliere), avvenuta nella serata di martedì, ha contribuito per un giorno a rendere meno acuminato il discorso pubblico del premier a Firenze. Ma il riguardo usato ieri verso Berlusconi non deve ingannare, perché sui contenuti il capo del governo non intende arretrare di un millimetro. «Io - ripete in privato il premier - posso vivere senza vertici di maggioranza, ma non posso accettare la paralisi. Se avessero fatto durare un anno di più il governo Ciampi, oggi forse non saremmo in questa condizione».
Certo i tamburi di guerra che si risuonano da via dell´Umiltà preoccupano e segnalano un deciso innalzamento del livello di scontro. Per palazzo Chigi non è molto credibile che 41 deputati, compresi ex ministri di Berlusconi come Brunetta e Meloni, abbiano firmato una durissima interrogazione a Monti - rinfacciandogli persino il passato in Goldman Sachs o nella "Trilateral" - senza che il Cavaliere non ne fosse quanto meno informato. E senza che sia venuta una pubblica presa di distanze da parte dei capigruppo. Così il ragionamento dei collaboratori vicini al premier si sposta su ipotetico scenario di crisi di governo provocata dal Pdl. Di questo rischio dicono che Monti abbia parlato nei giorni scorsi anche con il capo dello Stato, trovando Napolitano ugualmente in allarme per l´escalation della parte più oltranzista di via dell´Umiltà. Ma a rassicurare in parte Monti è il fatto che il voto in autunno, benché palesemente evocato nel corso della riunione notturna a palazzo Grazioli di due sere fa, non è ritenuto più una minaccia credibile.
Eppure che il Cavaliere si stia facendo convincere dai falchi è più che un sospetto. Ieri sera a via del Plebiscito è stata ricevuta per un´ora Daniela Santanchè, la più anti-Monti di tutti, un piccolo evento significativo della rotta che potrebbe intraprendere Berlusconi. E quando il vertice del Pdl di martedì sera si è trasformato in una tonnara ribollente contro Monti, l´unico a predicare prudenza è stato Gianni Letta. Un´esposizione "pacifista" che gli ha attirato il sospetto di intelligenza con il nemico per via delle imminenti nomine nelle authority. «Finora i miei li ho tenuti calmi - ha spiegato Berlusconi a uno di quelli che lo sono andati a trovare - ma Monti sta tirando troppo la corda e così non si può andare avanti». Non che il Cavaliere abbia già deciso di passare all´opposizione. Ma ha dovuto promettere agli "indignados" che convocherà una riunione dell´ufficio di presidenza del partito (ieri si parlava del 17 maggio) per prendere una decisione al riguardo.
Di certo Monti, per quanto preoccupato, non si può permettere di deviare dal percorso stabilito. Per cui se il Pdl dovesse porre troppi limitazioni, «il governo andrebbe avanti comunque», se necessario con la fiducia, per sfidare Berlusconi a votare contro. Un passaggio che non viene ritenuto al momento probabile: «Gli italiani non gli perdonerebbero l´ennesimo disastro. Lui è il primo a saperlo. E poi come fa in queste condizioni a andare al voto? Con chi ci va?». Tuttavia anche il Professore si rende conto della difficoltà del momento. È consapevole di dover fare qualcosa, anche perché il Pd sta spingendo con uguale pressione per ottenere un segnale concreto che aiuti le classi più disagiate a superare la crisi. «Monti - confida un ministro - ci ha detto che ora dobbiamo pensare anche al cantiere sociale. Tra pochi giorni si vedrà qualcosa». Dalla nebbia che avvolge i progetti del governo emerge dunque un possibile allentamento del patto di stabilità interno, sulla scia di quanto sta chiedendo Bersani ormai da mesi. Consentire ai sindaci di spendere almeno una parte di quello che hanno in cassa potrebbe dare fiato al sistema produttivo e creare un po´ di occupazione. Non a caso il premier ieri a Firenze ha ammesso che il patto di stabilità interno, quello che vincola appunto gli enti locali, «è suscettibile di miglioramenti». Parole seguite dall´annuncio, nella tarda serata di ieri, di un contatto tra lo stesso Monti e presidente dell´Anci Graziano Delrio, «per stabilire l´agenda di un prossimo incontro da organizzare su tematiche di interesse comune».