Francesca Basso, Corriere della Sera 09/05/2012; Stefano Agnoli, ib., 9 maggio 2012
2 articoli - «BENZINA, I PETROLIERI TAGLINO I PREZZI» — I primi risultati si vedono oggi ai distributori del Cane a Sei Zampe: l’Eni ha abbassato i prezzi dei carburanti di 2 centesimi
2 articoli - «BENZINA, I PETROLIERI TAGLINO I PREZZI» — I primi risultati si vedono oggi ai distributori del Cane a Sei Zampe: l’Eni ha abbassato i prezzi dei carburanti di 2 centesimi. È l’inizio. Del resto ieri Paolo Scaroni, amministratore delegato della multinazionale di cui il Tesoro è azionista, aveva detto: «Prevediamo che i prezzi scenderanno ancora e noi siamo i primi ad adeguarci». L’esecutivo ieri non ha lasciato molta scelta alle compagnie petrolifere e ai distributori. Nell’incontro che si è tenuto al ministero dello Sviluppo economico il sottosegretario Claudio De Vincenti è stato cristallino: «Il governo si aspetta da oggi stesso (ieri, ndr) una riduzione dei prezzi del carburante di almeno 4-5 centesimi al litro, oltre alla riduzione già avvenuta». E questo perché «il prezzo deve scendere in base al Platts», ovvero il listino internazionale. Il problema è arcinoto. Quando il prezzo del greggio sale, aumentano anche benzina e gasolio alla pompa, ma quando poi il barile scende, le grandi compagnie petrolifere non sono così rapide nel recepire la variazione al ribasso. «Nei primi mesi del 2012 — spiega De Vincenti — l’aumento del Platts ha comportato una crescita dei prezzi interni, con una riduzione dello "stacco Italia" (il nostro prezzo medio pesato rispetto a quello medio europeo, ndr) al netto delle imposte. Ma ad aprile alla discesa del Platts non ha corrisposto un’analoga diminuzione e lo "stacco" si è ampliato». D’accordo, a pesare sul prezzo dei carburanti ci sono anche le accise statali e regionali che negli ultimi mesi hanno fatto lievitare il costo del pieno, tuttavia c’è anche un problema di scarsa concorrenza che influisce sul prezzo finale e a cui il governo ha cercato di porre rimedio con il decreto sulla liberalizzazione della rete, che però farà sentire i propri effetti tra un anno, quando andrà a regime. Dunque stavolta l’esecutivo ha deciso di giocarsi un’altra carta, quella della moral suasion a cui difficilmente petrolieri e distributori possono restare indifferenti. E infatti si sono subito detti pronti a intervenire e a tagliare i centesimi necessari. Scaroni ha anche puntualizzato che «i prezzi scenderanno ancora ma non possiamo essere solo volontaristici, dobbiamo vedere l’andamento del mercato». Si tratta tuttavia di un invito a procedere, l’esecutivo non ha strumenti coercitivi. Ma «in un’economia di mercato — sottolinea De Vincenti — la moral suasion è importantissima». Resta fondamentale per De Vincenti «la concorrenza sul mercato, che verrà raggiunta attraverso l’applicazione delle norme recenti che introducono nuove forme contrattuali tra gestori e compagnie petrolifere, e quelle che prevedono per i gestori l’estensione della vendita di altro oltre ai carburanti, consentendo loro di ampliare il giro d’affari e dunque di ridurre i margini sulla benzina. Entro fine anno, poi, tutti i distributori dovranno disporre del self service». L’obiettivo è semplice: ottenere un allineamento alla media europea, visto che fino alla scorsa settimana lo scarto superava i 5 centesimi. E quella parte del prezzo finale legata all’Iva? «La sterilizzazione dell’Iva non è all’ordine del giorno — spiega De Vincenti — ma è una valutazione che stiamo facendo, stiamo verificando se ci sono le condizioni per applicare la legge del 2008». Intanto per Adusbef e Federconsumatori ci sarebbe «il margine per una diminuzione di oltre 8 centesimi al litro. E con l’Iva al 21%, vi sarebbe un’ulteriore riduzione di 1,7 centesimi». Francesca Basso DAL GARANTE ALLA «BENZIN POLIZEI». COM’E’ DIFFICILE CONTROLLARE I RIBASSI - Che ci sarebbe stato un intervento pesante del ministero sul prezzo dei carburanti era nell’aria. E all’Unione petrolifera, domenica scorsa, avevano già messo le mani avanti. Sentire il sindacato dei petrolieri sostenere «ci sono le condizioni per un ribasso» è parso quanto meno inusuale. Ma è da metà aprile in poi che si è progressivamente aperto uno spiraglio eccezionale, dovuto alla combinazione di diversi fattori: dai consumi di benzina e gasolio in continuo calo fino al prezzo del barile di petrolio spinto all’ingiù dai continui segnali di crisi in Occidente. Insomma, se si dà retta alle indicazioni della Nomisma Energia di Davide Tabarelli, due giorni fa (lunedì 7 maggio) la differenza tra il prezzo realmente praticato alla pompa e quello «ottimale» sfiorava addirittura i 10 centesimi al litro per la benzina e i 5 per il diesel. Nel primo caso, quindi, più del doppio del passo indietro chiesto senza mezzi termini ai petrolieri dal sottosegretario Claudio De Vincenti. E non pare esserci alcun "giochetto" di sorta sui numeri in campo, visto che il prezzo definito «ottimale» da Nomisma Energia somma il costo internazionale del carburante al margine lordo medio degli ultimi due anni, e tiene conto dell’accisa e dell’Iva. La mossa del governo — l’entrata a gamba tesa su petrolieri e raffinatori — non è stata quindi una sorpresa assoluta. Negli ultimi tempi a spingere i carburanti italiani così in alto nel ranking europeo (la benzina è la più cara in assoluto; il prezzo del diesel è secondo solo a quello del Regno Unito) non è stato solo il peso delle tasse, che resta comunque al 56% del totale ed è un peccato originale che la mano pubblica non intende cancellare. Anche il prezzo «industriale» — quello controllato dai produttori prima dell’intervento del Fisco — è in testa alla classifica continentale: la rilevazione ministeriale di fine aprile scorso mostrava che il litro di benzina italiano costava la bellezza di 6 centesimi in più che in Germania; 4,4 centesimi in più rispetto alla Francia; addirittura 9 nel paragone con il Regno Unito e 3,2 centesimi nel confronto con la Spagna. Numeri incontrovertibili, quindi. Ma con la sua ingiunzione di un rapido ribasso il ministero ha fatto anche qualcosa di più: ha nella sostanza avvalorato il principio della «doppia velocità» tanto osteggiato e vilipeso dal fronte dei produttori. Ovvero il principio (non dichiarato) secondo il quale il prezzo dei carburanti viene ritoccato al distributore assai più velocemente quando risale rispetto a quando scende. Una percezione che accomuna i consumatori, e che sarebbe invece (è la replica dei petrolieri) frutto di una distorsione psicologica: ci si accorge di quando i prezzi dei beni che acquistiamo diventano più salati e si è invece distratti quando scendono o rimangono invariati. «La doppia velocità non esiste, ma non sono riuscito a convincere neppure mia moglie che sia così», ha addirittura confidato quando lo si interpellava sulla questione (a riflettori spenti) l’amministratore delegato dell’Eni, Paolo Scaroni. Un dibattito che correrebbe il rischio di rimanere sterile se non si ricordasse che il 2011 è stato forse l’anno più nero per i petrolieri, dalla stessa Eni fino alla Saras dei Moratti, l’Erg dei Garrone e l’Api dei Brachetti Peretti. Una crisi non solo italiana, ma che può comunque aver stimolato qualche tentazione. Tra le diverse contromisure adottate dalle compagnie ci sono poi politiche commerciali che mirano a muovere sempre meno i prezzi praticati alla distribuzione e ad usare invece con maggior generosità la leva degli sconti, praticati per lo più al self-service. Se a queste pratiche si aggiunge il fatto che c’è un processo di liberalizzazione in atto (che coinvolge i gestori), si può comprendere come sul fronte dei prezzi al pubblico dei carburanti regni sovrana una grande confusione, difficile da ricondurre a principi di ordine e trasparenza assoluta. Una situazione complicata, comune anche ad altri Paesi europei con in testa la Germania, che proprio nei giorni scorsi ha deciso di istituire un’autorità anti-speculazione definita subito dai gestori come una sorta di «benzin-Polizei». In Italia, dal 2008, è attivo invece «Mr.Prezzi», che tra le competenze ha proprio il contenimento dei fenomeni speculativi. Tra le sue armi c’è anche «la cooperazione con la Guardia di Finanza». Ma è dubbio che con gli strumenti di cui dispone possa obbligare — lui o chiunque altro — al rispetto puntuale del diktat dell’esecutivo. Stefano Agnoli