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 2012  maggio 09 Mercoledì calendario

DE BENEDETTI: IO, BERLUSCONI, L’AVVOCATO. «PASSERA? CURA MOLTO L’IMMAGINE» - È

un fiume in piena, Carlo De Benedetti, nella lunga intervista-tv che domani sera su Rai2 inaugura la nuova serie di «Fratelli d’Italia», il programma ideato e condotto da Annalisa Bruchi e prodotto da Giovanni Minoli. Incalzato dalle domande della conduttrice, l’Ingegnere racconta l’esperienza in Olivetti ed esprime sui protagonisti della vita italiana giudizi che il Corriere è in grado di anticipare.
Passera «E’ uno che cura più l’immagine della sostanza. Uno che tende ad essere molto conciliatore e a non prendere mai posizioni molto definite. L’ho sempre considerato un eccellente assistente, e penso che quella fosse la sua vera e grande capacità. Poi ha fatto una carriera che mi fa piacere abbia fatto, ora ha scelto anche di andare in politica, perché mi pare che più che il ministro sia l’aspirante... l’aspirante di qualcosa che viene dopo. Lui è anche ministro delle Infrastrutture. E l’unica infrastruttura importante che si fa in Italia è la Tav. Ma io non ho visto Passera apparire a Torino. Allora mi chiedo se si studia il dossier a Roma o cosa fa. Penso che desideri non accoppiare la sua immagine a un elemento negativo».
Regina Coeli. Alla domanda sui ricordi delle ore passate a Regina Coeli ai tempi di Mani Pulite, De Benedetti risponde: “L’ispezione anale. E’ stata la cosa più umiliante. Una cosa che ti rimane nella vita. Un senso di violenza fisica”.
Agnelli. «L’Avvocato ha rappresentato un incredibile esempio di eleganza, di curiosità, di senso della bellezza, del gusto, e anche di arguzia, di spirito, di battute. Questi sono i lati belli. I lati brutti sono una certa superficialità, una certa “volagerie”: l’Avvocato non si è mai fermato un momento su una cosa, ma questa era la contropartita di tante altre doti. Non si può essere tutte le cose insieme».
Anita Ekberg. «A Torino con l’Avvocato abitavamo nello stesso palazzo. Ero un ragazzino, avrò avuto 14-15 anni. Una sera rientravo a casa, saranno state le 10 o le 11 di sera. Lo vidi entrare con Anita Ekberg. Sgranai gli occhi, perché era una donna straordinariamente bella, rimasi imbambolato e lui mi diede un consiglio, con un buffetto, i consigli che si danno ai ragazzi di quell’età, ecco... di aggiustarmi, insomma».
Berlusconi. «Credo che gli italiani ne abbiano avuto abbastanza». E i 564 milioni di euro? «Ho avuto la riparazione di un danno drammatico, non è che ho ricevuto un premio. La Mondadori era nostra e ci è stata portata via corrompendo un giudice. La difesa di Berlusconi dice che anziché averne corrotti tre ne ha corrotto solo uno. Va bene, vediamo cosa deciderà la Cassazione. Siamo assolutamente fiduciosi».
Bernabè. Ingegnere, vuole comprare La7? «No, innanzitutto per comprare una roba bisogna che ci sia qualcuno che la vende, e per adesso mi sembra che Bernabè sia ancora innamorato del giocattolo. Poi però sarà costretto a vendere. Non c’è problema».
Scalfari. Nell’Editoriale L’Espresso «io sono entrato come azionista di minoranza quando gli azionisti di maggioranza erano Caracciolo e Scalfari. L’azienda stava andando veramente male, per non dire che era quasi sull’orlo del fallimento. La salvai. Poi Scalfari e Caracciolo vendettero». «Nei contenuti dei giornali entro zero, nelle scelte dei direttori totalmente. Io ho scelto Ezio Mauro. Devo dire onestamente che l’ho concordato con Eugenio. Nel senso che gli ho detto: “Guarda, io voglio essere sicuro di avere in mano un giornale vero. Questo giornale sei tu, e il giorno che tu non ce la fai più io non vorrei trovarmi con in mano un oggetto che non è più un giornale. Per cui, mentre tu sei ancora vivo e vivace, voglio cambiare direttore". Eugenio era perfettamente d’accordo».
Rossella. «D’altronde Mauro aveva lavorato a Repubblica con Scalfari e in quel momento era direttore della Stampa, ed è la cosa per cui Agnelli me ne ha voluto di più. Perché è rimasto senza direttore per tre giorni, e poi si è dovuto ciucciare Rossella. Romiti a un certo punto ha trovato, nelle sue frequentazioni romane, che l’unico direttore in quel momento era lui. Quindi Agnelli si è trovato senza direttore, e per giunta con Rossella. Insomma, non era il massimo per l’Avvocato, no».
Jobs. «Con lui feci la più grande stupidaggine della mia vita. Ero in California, dove lavoravano 300 ingegneri della Olivetti. Ero con Elserino Piol, che mi disse: "Ci sono due ragazzi in un garage che stanno facendo progetti, passiamo un attimo…". Vidi ‘sti due, erano Wozniak e Jobs, che trafficavano con delle piastre elettroniche. Steve Jobs mi chiese se ero disposto a mettere un milione di dollari di allora, 1980, per avere il 20% dell’azienda. Io dissi a Piol: "Ma non stiamo a perdere tempo con questi due ragazzi, abbiamo cose più serie da fare". Da mangiarsi le mani. Anzi, le mani non bastano...».
Cuccia. «Le banche, e in particolare Mediobanca, e in particolare Cuccia, non credevano nella telefonia mobile. Cuccia era rimasto all’hardware, per lui l’elettronica manco a parlarne. Quando gli parlai dell’idea di entrare nella telefonia mobile, lui rispose: "Ma lei pensa di fare concorrenza alla Stet! Lei è pazzo!" Dissi: "E’ possibile, e io lo faccio". E Cuccia: "I suoi soldi se li va a trovare da un’altra parte, perché noi non glieli diamo". Infatti li andammo a trovare per il mondo».
La crisi. «Le cose peggioreranno ancora. La crisi si aggraverà e sarà molto lunga. L’Italia ne uscirà, perché poi i Paesi ne escono sempre: si tratta di vedere quanto impoverita uscirà l’Italia da questa crisi. Io penso fortemente impoverita».
Aldo Cazzullo