Federico Fubini, Corriere della Sera 09/05/2012, 9 maggio 2012
MA SENZA AIUTI LA GRECIA SARA’ LA NUOVA ARGENTINA
Il voto in Grecia è stato un referendum sui sacrifici chiesti dall’Europa e dal Fondo monetario in cambio di 174 miliardi, e il risultato non ha bisogno di un riconteggio. Ha votato sì solo il 33% della popolazione. La Grecia sarà pure fallita, opportunista, minata dalla corruzione, dall’evasione fiscale e dalla totale assenza di competitività. Ma i suoi elettori hanno parlato chiaro: e hanno detto di no al programma che viene loro imposto ed è questa la realtà da cui il resto d’Europa deve ripartire.
Cercare di imporre ancora una volta esattamente lo stesso piano di tagli e interventi può solo accelerare il collasso definitivo del sistema politico. Se né l’Europa né il Fmi si muovessero di un passo dalle loro richieste, si aprirebbe uno scenario prevedibile perché già visto in Argentina un decennio fa. Ad Atene si susseguirebbe una successione di governi di un mese, due settimane o pochi giorni. Il Paese diventerebbe definitivamente ingovernabile fino a un’uscita caotica dall’unione monetaria.
Se qualcuno pensa che un evento del genere a questo punto riguarda solo i greci, dovrà ripensarci. Come spiega Arnaud Marès di Morgan Stanley, il divorzio di un Paese dall’euro e la conversione dei depositi in euro nelle banche greche in nuove dracme cambia la natura stessa del denaro. In quel caso, è plausibile che i risparmiatori con conti nelle banche di altri Paesi della periferia europea temano che anche il loro Stato lasci la moneta comune. La loro reazione sarebbe disastrosa: potrebbero ritirare in massa i fondi dalle banche portoghesi, o spagnole, per spostarli in Germania o in Svizzera. Il sistema finanziario nelle economie più in difficoltà soffrirebbe ancora duramente.
È uno scenario da evitare a tutti i costi. Per questo i leader europei nelle prossime settimane dovranno percorrere un cammino in bilico fra due esigenze: mantenere le condizioni per un piano di salvataggio, senza fingere di non vedere che i greci hanno detto di no a questi sacrifici. Un percorso in realtà ci sarebbe: l’Unione Europea e il Fondo monetario potrebbero rinviare gli obiettivi del piano di risanamento di Atene di un paio di anni e nel frattempo spingere per investire i fondi strutturali di Bruxelles che la Grecia non ha speso. Lì serve aiuto allo sviluppo, non solo un programma di sacrifici. Servono ingegneri tedeschi per costruire un catasto (non esiste), in modo che si paghino tasse sulla casa. Servono esperti spagnoli che insegnino ai greci a rilanciare il turismo, o esperti italiani che li aiutino a creare marchi agricoli di qualità.
Senza una svolta del genere, la Grecia è la prossima Argentina. Ma in contesto più delicato.
Federico Fubini