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 2012  maggio 09 Mercoledì calendario

PDL, LEGA E IDV «DIMEZZATI». PERDONO ANCHE I DEMOCRATICI —

Chi più chi meno, rispetto al 2010 hanno perso tutti i partiti. Che però, va detto, si sono in parte dissanguanti a vantaggio delle liste civiche difficilmente catalogabili nel meccanismo dei flussi elettorali. La botta, comunque, è stata forte. La Lega ha lasciato sul campo 145 mila voti (-67%), l’Idv 55 mila (-58%), il Pdl 175 mila (-44,8%), il Pd 91 mila (-33%), Sel e federazione della sinistra 12 mila (-16%). Mentre l’Udc, nella difficoltà del Terzo polo, ci rimette solo lo 0,2% e addirittura migliora (+0,4%) dove non si allea con i grandi partiti. Stravince, invece, il Movimento 5 stelle che porta casa 200 mila voti (l’8,74%) pur presentandosi soltanto in 101 comuni su 941 in cui si è votato (dato contestato dal Pdl che accredita i grillini al 4,9% su base nazionale). L’astensionismo ha colpito duro al Nord e può «presumibilmente spiegare il collasso del Pdl e della Lega» ma si può ritenere che «almeno in parte questa dinamica abbia investito anche le regioni della zona rossa» (Toscana ed Emilia in prima fila).
L’analisi dei flussi dell’Istituto Cattaneo di Bologna — curata da Luca Pinto e Rinaldo Vignati e basata sui dati di 24 capoluoghi: 10 al Nord, 4 nella zona rossa, 10 al centro sud — risulta impietosa nei confronti di tutti i partiti anche se, ora, i segretari delle forze politiche si aggrappano ai distinguo, alle liste civiche che hanno succhiato il sangue a destra come a sinistra, alle alleanze sbagliate.
La Lega risulta più che dimezzata in Piemonte e in Emilia Romagna, regione dove il Carroccio era cresciuto maggiormente negli ultimi anni, e va malissimo nei Comuni con più di 15 mila abitanti: i record delle politiche del 2008 (331 mila voti), delle europee del 2009 (308 mila), delle regionali del 2010 (311 mila) sono praticamente svaniti. Unica consolazione per il Carroccio l’aver limitato i danni nella roccaforte del lombardo-veneto e nei Comuni più piccoli dove il calo si attesta intorno al 30% grazie a una «presenza fidelizzata».
A Parma i grillini hanno cannibalizzato anche lo zoccolo duro della Lega. Va detto — sottolineano i ricercatori del Cattaneo — che «le analisi sono effettuate su "elettori" e non su "voti validi" al fine di poter includere nel computo anche gli interscambi con l’area del non voto (astenuti, voti non validi, schede bianche)». Bene, a Parma si è assistito alla «diaspora degli elettori del Pdl che si sono sparpagliati un po’ in tutte le direzioni... anche considerando la pesante eredità dell’amministrazione uscente di centro destra travolta dagli scandali...». Inoltre, qui si è ingigantita la crisi del centrodestra «i cui elettori, abbandonando il candidato ufficiale, si sono orientati in prevalenza verso Pizzarotti (5 Stelle) e Ubaldi (Udc e liste civiche) non tralasciando anche il candidato di centrosinistra (Bernazzoli)». Ma c’è di più: «Il 38% di coloro che avevano votato Lega Nord nel 2010 è passato al candidato Pizzarotti (5 stelle). Una conferma di una certa matrice comune (anti-establishment politico) fra l’iniziale spinta leghista (quella di "Roma Ladrona") e la nuova proposta grillina...». Eppure, a Parma «il Movimento 5 stelle ha preso voti, oltre che dalla Lega, anche dall’Idv (e in parte pure dal Pd)».
Se a Parma i grillini hanno ottenuto un incremento di 13 punti percentuali (dal 6,9% al 19,95), ad Alessandria i voti si sono quadruplicati (da 1.248 a 4.687), a Verona triplicati, a Monza, Cuneo e a Belluno più che raddoppiati. Resta da vedere come sarebbe andata se il Movimento 5 stelle si fosse presentato in tutti i Comuni in cui si votava. In ogni caso Grillo marcia a tre velocità: «Al Nord il risultato medio è del 10,75%, nella zona rossa del 12,7%, al Sud del 3,6%». Perché queste differenze così rilevanti, si sono chiesti al Cattaneo? Un tale andamento è dovuto, tra l’altro, «alla maggiore incidenza del "voto di opinione" al Centro Nord e alla maggiore incidenza del "voto di scambio" in quelle del Sud». Va detto, però, che la capacità di penetrazione dei grillini è in forte crescita: nel 2010 erano presenti in 10 Comuni, nel 2011 in 78, nel 2012 in 101.
Nelle 24 città analizzate, rispetto al 2010, il centro destra ha perso 46 mila voti nella «zona rossa» (-58%) e 123 mila al Nord (-41%). Il Pdl paga un prezzo altissimo con punte al Nord (-61%, pari a 101 mila voti in meno) e nella «zona rossa» (60 per cento, 33 mila voti in meno) ma anche al Centro Sud (-40%).
Nelle medesime 24 città il centro sinistra ha perso 40 mila voti pari al 7% dei consensi ottenuti nel 2010: una limitazione del danno, puntualizza l’istituto Cattaneo, dovuta anche a una «significativa avanzata al Centro Sud (20 mila voti in più). Eppure — nonostante questa asserita tenuta dello schieramento — il pilastro principale del centro sinistra mostra alcune crepe non trascurabili: il Pd «ha subito una contrazione pari al 29 per cento dell’elettorato che lo aveva scelto nel 2010 (con un decremento di 91 mila voti). Una perdita che si attesta attorno al 30 per cento al Nord (-60 mila voti) e nella zona rossa (-19 mila), a fronte di una riduzione di consensi del 20% circa nei capoluoghi del Centro Sud (-12 mila voti).
Sul risultato dell’Udc, infine, l’istituto Cattaneo è un po’ avaro nel fornire cifre assolute e propone una lettura legata al tipo di alleanze scelte da Cesa e da Casini: rispetto al 2010 la lista dello scudocrociato perde lo 0,2% (scende dal 6,8% al 6,6%) nei 26 capoluoghi in cui si è votato. Ma «nei 17 Comuni in cui si è presentata svincolata dai partiti maggiori, presentandosi da sola o insieme a liste minori, guadagna mediamente lo 0,4%. Mentre nei Comuni in cui si è alleata con il Pd o con il Pdl ha perso, in entrambi i casi, lo 0,4%». Emerge, dunque, «la preferenza dell’elettorato dell’Udc per una strategia svincolata dalle maggiori coalizioni».
Dino Martirano