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 2012  maggio 09 Mercoledì calendario

I GRANDI PICCOLI E I PICCOLI GRANDI

Succede sempre, quando crolla un mondo. Nel 1972 l’agonia del centro-sinistra portò la Destra Nazionale di Almirante al record dell’8,7%. Nel ’92 la morte della Prima Repubblica fu annunciata dall’inatteso exploit leghista: 8,6%. Nel ’99 il fallimento dell’Ulivo innalzò la Lista Bonino sulla vetta dell’8,5%. Con la fine del bipolarismo berlusco-centrico, stavolta tocca a Grillo. È un fenomeno, ma è già accaduto; ci sembra la causa, ma è l’effetto.
E non è l’unico prodotto della liquefazione del sistema. Se dovessimo immaginare il prossimo parlamento sulla base di questo test, pur così limitato e parziale, dovremmo concludere che ci sono almeno cinque grandi piccoli (Lega, Idv, Sel, Udc, 5 Stelle) e due piccoli grandi (Pd e Pdl). I due cosiddetti grandi insieme non fanno il 50% dell’elettorato. Tecnicamente parlando, è una situazione greca: non ne viene fuori nessun governo. La differenza con la tragedia greca è che lì c’è una rivolta contro l’euro della Merkel, qui c’è anche una rivolta contro gli euro di Lusi e Belsito. Ogni sistema politico ha l’antipolitica che si merita, e bisogna dire che i partiti italiani Grillo se lo sono guadagnato: al costo di 180 milioni all’anno. Del resto il comico ha illustri precedenti: non è sua l’invenzione del comizio-show e del discorso-barzelletta. Si può dire che è in linea con la nostra tradizione della commedia dell’arte politica. Meglio lui che i nazisti greci.
Ma, come abbiamo detto, il problema è più serio. Il vecchio è morto e il nuovo non c’è (a parte Orlando, che è l’eterno ritorno dell’uguale). Il Pdl, a dire il vero, non c’era nemmeno prima del voto, visto che i suoi capi garantivano che sarebbe sparito per lasciare il campo a qualcos’altro. In attesa di qualcos’altro, anche Casini non è più Udc ma non è neanche Terzo polo, e ha perso l’occasione di accendere una fiaccola nel buio per milioni di voti moderati, che invece ci sono eccome. La Lega si è inabissata, forse riemergerà grazie alla respirazione bocca a bocca dei buoni maroniti, ma al massimo si accontenterà di esistere. A Di Pietro e Vendola i grillini hanno rubato l’ormone della crescita. Resiste Bersani, che è andato meglio degli altri, ma è oscurato da troppi satelliti per poter diventare il sole di un nuovo sistema: è vero che senza il Pd non si governa, però sono sempre gli altri a governare con i voti del Pd.
In questa situazione, tutti sono più deboli; perfino il governo Monti, che nessuno toccherà perché nessuno vuole rischiare il voto adesso, ma da cui tutti pretenderanno impossibili misure popolari, nella speranza che non gli costi altri voti. Anche la legge elettorale che era in cottura nelle segreterie dei partiti è da buttare: sembra perfetta per replicare il caos greco. D’altro canto, senza più coalizioni, il Porcellum non è più solo impresentabile, è anche inservibile.
Quel che è peggio, il collasso del sistema politico coincide con la più grave crisi economica e finanziaria del dopoguerra. Raramente il nostro Paese ha avuto davanti un anno più pericoloso di quello che ci aspetta, con la Grecia sull’orlo del fallimento. E la fantasia istituzionale di Napolitano ha già prodotto il massimo che poteva con il governo Monti: altro non può fare.
Ci vorrebbe un de Gaulle, per fondare una Terza Repubblica; o un De Gasperi, per riunire i moderati; o un Clinton, per federare i riformisti. Grillo, lungi dall’esserne la soluzione, è anche l’ultimo dei nostri problemi.
Antonio Polito