Concetto Vecchio, la Repubblica 9/5/2012, 9 maggio 2012
DA QUEL GIORNO UN CALVARIO DI 34 OPERAZIONI" GLI ANNI DI PIOMBO SENZA FINE DI ANTONIO IOSA
«Il terrorista mi puntò la pistola alla testa. Lo implorai di risparmiarmi, ché avevo moglie e figli piccoli. Mi rispose: "Inginocchiati, stronzo". Poi mi sparò alle gambe, allora pensai: "Ora muoio"». Per Antonio Iosa gli anni di piombo non sono mai finiti: è appena uscito dall´ospedale Niguarda, reduce dall´operazione numero 34 dalla sera dell´agguato, il 1° aprile 1980 a Milano. Aveva questa colpa, agli occhi delle Brigate Rosse: di essere un democristiano, «un servo di Cossiga», e perciò ferirono lui e altri tre amici di sezione per vendicare l´eccidio di via Fracchia a Genova. «So cosa prova in questo momento l´ingegner Adinolfi e soffro per lui, purtroppo il peggio per un gambizzato arriva dopo, ed è uno sconvolgimento psicologico e professionale».
Era solo un cattolico di sinistra salito al Nord da Casalnuovo di Foggia nel 1952, figlio di un bracciante agricolo sfuggito alla miseria, un pesce piccolo della corrente Base, quella di Marcora e di Granelli, «nu fetentone diccì» dice lui con meravigliosa ironia. A Quarto Oggiaro, nel 1962, aveva fondato il Circolo culturale Perini, aperto al vento impetuoso del Concilio, e dove avevano trovato accoglienza anche i giovani del movimento studentesco, tra cui Curcio e Franceschini non ancora brigatisti. Una volta venne Pasolini, la Cederna fece una conferenza per perorare l´innocenza di Valpreda.
«Loro sono tutti fuori», rivela riferendosi ai sicari, ma senza astio. «Io invece il mio ergastolo lo sconto con questa gamba da sciancato che mi trascino dietro. Subii un´ischemia muscolare, ho tutte le ossa sformate e mi vengono le piaghe da decubito o da cattiva circolazione del sangue, e quando succede mi tocca tornare sotto i ferri. Sono tormentato dai formicolii, naturalmente non ho più guidato. Per una vita la notte ho sempre rivisto lo stesso film: Pasqua Aurora Betti, il capo della colonna Walter Alasia, col basco calcato sulla testa che ci mette in fila e ci fa fotografare con la bandiera delle Br in mano. Poi l´anno scorso dei mediatori giudiziari mi hanno chiesto di incontrarla. Ho detto istintivamente di sì, e quando finalmente l´ho vista - una sessantenne sdentata, carica di angosce - mi sono cadute le braccia: l´avevo mitizzata per trent´anni ed eccola lì, una disgraziata come me.
Le ho detto: "Volevate portare i proletari al potere e avete sparato a uno di cui la maggioranza silenziosa diceva che apriva il circolo ai comunisti. M´ha risposto che decideva tutto l´esecutivo. Alla fine siamo andati a mangiare la pizza insieme. Quello che mi gambizzò si chiamava Roberto Adamoli. Aveva 19 anni, lo conoscevo. Tempo fa mi venne voglia di andarlo a cercare, mi dissero che lavorava in un agritur in Toscana, ma poi m´è mancato il coraggio, ho lasciato perdere. I nomi degli altri due non li ho mai saputi, nemmeno la Betti me li ha voluti dire, non ha più importanza ormai».
Iosa ha 79 anni, chiacchierare con lui è come leggere un libro sul Novecento. «Diciamolo: i terroristi non avevano capito niente. Nel volantino scrissero: "Iosa inganna i proletari dei quartieri popolari, facendo cultura per il sistema politico dominante". Dopo l´agguato mi sono sentito umiliato, come di un uomo che è accusato ingiustamente. M´indigno quando sento Erri De Luca minimizzare in tv gli anni di piombo, o quel Cesare Battisti che rilascia interviste dalla spiaggia in Brasile. Ora, dopo 35 anni nemmeno Battisti dovrebbe scontare l´ergastolo, ma una pena simbolica se la deve fare, per rispetto verso i suoi compagni che la galera se lo sono fatta sul serio».