Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  maggio 09 Mercoledì calendario

LA SETTIMANA PROSSIMA PARTE DRAGON, LA NAVICELLA SPAZIALE FINANZIATA DA IMPRENDITORI PRIVATI A CACCIA NELLO SPAZIO DI PREZIOSE MATERIE PRIME

LA SETTIMANA PROSSIMA PARTE DRAGON, LA NAVICELLA SPAZIALE FINANZIATA DA IMPRENDITORI PRIVATI A CACCIA NELLO SPAZIO DI PREZIOSE MATERIE PRIME –
Se la settimana prossima il Dragon partirà davvero verso le stelle - e il se è piuttosto robusto visto che da febbraio ci sono continui rinvii per problemi tecnici - quella missione non sarà soltanto l´inizio di una Nuova Era Spaziale, come si affrettano a prevedere in tanti, «un´era commerciale in cui saranno gli imprenditori privati i veri protagonisti». La partenza della navicella, fissata per il 19 maggio, sarà anche la rivincita dello Spazio sul CyberSpazio; il riscatto dell´esplorazione dell´Universo rispetto alla navigazione del web; e quindi, in definitiva, la riscossa delle stelle del cielo sulle star della Silicon Valley. Le quali infatti sembra che abbiano deciso di investire parte dei loro immensi guadagni in una nuova missione: allargare i confini sempre più stretti della Terra trovando il modo di utilizzare le risorse della nostra galassia.
Il primo indizio, come nei migliori libri gialli, è solo un indizio. Il 28 marzo scorso Jeff Bezos, fondatore di Amazon e per alcuni anche il vero padrone di Internet, ha scritto un post sul suo blog per dare un annuncio storico. Bezos ha rivelato di aver individuato in fondo all´Oceano Pacifico i cinque famosi F-1, i motori dell´Apollo 11 che il mondo vide accendersi il 16 luglio 1969 quando partì la missione che avrebbe portato il primo uomo sulla Luna. Pochi minuti dopo l´accensione i motori, come previsto dai piani Nasa, vennero abbandonati sopra il mare, un paio di giorni dopo Neil Armstrong passeggiava sulla Luna e da allora di quei cinque motori non s´era saputo più nulla. Nel 1969 Jeff Bezos aveva cinque anni, stava davanti alla tv e quel fatto ha continuato ad ispirarlo tanto da aver voluto fondare, già 12 anni fa, una società, Blue Origin, con lo scopo di rendere i voli spaziali più sicuri ed economici. Ma torniamo ai motori: un anno fa Bezos si è messo in testa di scoprire dove fossero finiti, ha allestito un team di specialisti e li ha trovati: a 5mila metri di profondità. Ora li andrà a prendere: uno è destinato al museo Smithsonian di Washington, un altro ancora al Museo del Volo di Seattle, non lontano dalla sede di Amazon.
Il secondo indizio potrebbe essere soltanto una coincidenza. Perché, in attesa di ospitare uno dei motori dell´Apollo 11, il Museo del Volo di Seattle lo scorso 24 aprile ha ospitato il lancio di una start up davvero curiosa: si chiama Planetary Resources e si propone l´obiettivo di andare a recuperare le immense quantità di metalli preziosi intrappolate negli asteroidi. Secondo gli studi fatti qualche anno fa dal professor John Lewis, autore di Mining the Sky, nel solo 3554 Amun, uno dei più piccoli asteroidi portatori di metalli individuati finora, ci sarebbero quantità di platino, ferro e nickel pari a circa 20 mila miliardi di dollari. «È come se fosse un assegno che aspetta solo di essere incassato», per usare la metafora del capo di Planetary Rources, Peter Diamandis, star della Silicon Valley, famoso tra le altre cose per aver dato il via all´X Prize, una gara internazionale per premiare tecnologie che ci cambiano la vita, e alla Singularity University, azzardatissima accademia dove ci si prepara a un futuro di immortalità. La Planetary Resources potrebbe apparire stravagante assai se accanto a Diamandis non trovassimo il fondatore di Google Larry Page, il suo presidente Eric Schmidt e uno dei top manager di Microsoft Charles Simonyi (oltre al regista di Titanic e Avatar, James Cameron). «Se Planetary Rosurces avrà successo, con il solo 3554 Amun diventerà la start up più ricca del mondo superando di molto il valore di Apple», ha calcolato Mashable, sito per antonomasia di social media che non a caso da qualche tempo dedica sempre più attenzione allo spazio.
Il terzo indizio ha tutto il sapore di una prova. Ed è la partenza del Dragon prevista per il 19 maggio. Si tratta della prima missione privata alla Stazione spaziale internazionale. Infatti com´è noto lo Space Shuttle da qualche giorno è andato definitivamente in pensione dopo una lunga e onorata carriera e oggi i collegamenti con quello che è diventato forse il principale laboratorio scientifico del mondo sono tenuti grazie alla Soyuz dei russi. Non è una cosa che faccia inorgoglire gli americani. Ma con Dragon le cose potrebbe cambiare. Dietro Dragon c´è Space X, e dietro Space X c´è Elon Musk: 41 anni, nato in Sudafrica, presidente di Solar City (principale società americana di energia solare), fondatore di Tesla Motors (auto elettriche) e soprattutto, 14 anni fa, di PayPal, ancora oggi il principale sistema di pagamento via web. La passione di Musk per lo spazio viene da lontano: per qualche tempo si era innamorato dell´idea di realizzare delle serre su Marte che avrebbero incentivato il turismo spaziale. Quando poi la Nasa ha annunciato che per ragioni di budget avrebbe fatto un passo indietro nelle missioni spaziali, ha creato la Space Exploration Technologies e ha detto alla Nasa: ci penso io. Ha realizzato un razzo, Falcon, arrivato alla sua nona versione; e una navicella spaziale, Dragon appunto, predisposta per attraccare alla stazione spaziale internazionale. Se funzionerà (stavolta per prudenza viaggia con un carico "perdibile" ma è attrezzato per portare gli astronauti), il costo di questo taxi per la Nasa, che finanzia Space X, è circa otto volte inferiore a quello di uno Shuttle. Cosa muove Elon Musk? Lo ha spiegato lui stesso su Twitter nei giorni scorsi: «Se vogliamo avere un futuro eccitante e radioso non possiamo essere confinati alla Terra». E ancora: «Il nostro obiettivo è rendere possibile la vita su più pianeti». Altro che OccupyWallStreet, ha detto; l´obiettivo di Musk è #OccupyMars, occupare Marte.
I tre indizi potrebbero far pensare che la nuova era spaziale sia soltanto l´hobby di alcuni giovani ricchi. Un proseguimento degli annunci per vip di Richard Branson che un paio di volte l´anno fa sapere di essere pronto a mandare i turisti fra le stelle con il suo SpaceShipTwo - che intanto ha già toccato le 500 prenotazioni da 200 mila dollari l´una, l´ultima, qualche giorno fa, quella dell´attore Ashton Kutcher. Ma quest´impressione è sbagliata. La privatizzazione dello spazio è una cosa piuttosto seria. Bloomberg-Business Week ha rivelato che tanti astronauti oggi sono dietro le start up che si propongono di creare servizi e quindi business spaziali: tra queste nuove imprese ce n´è anche una italiana: si chiama D-Orbit, è stata fondata dal 36enne Luca Rossettini e si propone di realizzare un dispositivo per recuperare i tantissimi satelliti abbandonati che inquinano lo spazio. Ma il progetto forse più in linea con la filosofia del web 2.0 viene dalla Danimarca. Si chiama Copenaghen Suborbitals, e si punta a mandare un uomo nello spazio con un progetto totalmente open source, dove ogni dettaglio viene condiviso e risolto in rete, e finanziato via web attraverso microdonazioni. Finora un milione e 300 mila persone hanno seguito il lavoro dei due giovani promotori, Christian Von Bengtson e Peter Madsen, e poco più di 2.000 hanno effettivamente donato dei soldi. Per il prossimo test, in programma a giugno, mancano 23 giorni e resta da coprire il 60 per cento del budget che è di 19 mila euro in tutto, il costo di una macchina utilitaria. Bastano 20 euro al mese per partecipare al progetto danese e sognare le stelle. È proprio una nuova era.