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 2012  maggio 08 Martedì calendario

CALLIGRAFIA, MA CHE IMPORTA IN LEOPARDI

La perizia calligrafica con­tinua a essere indispen­sabile in molti procedi­menti investigativi e penali. Non ha più il dominio asso­luto di un tempo: le intercet­tazioni telefoniche, i control­li sui tabulati di cellulari e computer, concorrono a tali indagini. Ma la scrittura di un individuo resta sempre un da­to importante per la ricostru­zione della sua personalità, e anche delle possibili altera­zioni psichiche provate in de­terminati momenti. La firma è ancora fondamentale sugli assegni e sigilla le carte di cre­dito: che le parole «dette» vo­lino e quelle «scritte» per­mangano («verba volant scripta manent»), è una realtà che, nonostante mutamenti epocali, non cambia. L’ambi­to della grafologia, la discipli­na che interpreta la scrittura, si è comunque ristretto: non potremo più leggere i testi e le correzioni dei poeti e degli scrittori di oggi, che scrivono direttamente al computer. Non vedremo più le correzioni ai Can­ti apportate da Leopar­di, o quelle alla Terra de­solata dallo stesso auto­re, Eliot, e dall’amico Pound invitato a dargli una mano a tagliare e correggere. Il ’Fondo manoscritti’ di Pa­via, orgoglio della grande stu­diosa Maria Corti, dove si rac­colgono le prime stesure a mano di opere da Foscolo ad autori del secondo Novecen­to, resterà un nobile monu­mento alla memoria. Ma in ultima analisi non è un dan­no irreparabile: a noi interes­sa che cosa sono i Canti di Leopardi e La terra desolata di Eliot, nella forma in cui so­no arrivati a noi. L’analisi cal­ligrafica riguarda una nicchia di studiosi (importante e be­nemerita), non il mondo che deve trovare le risposte nei versi dei poeti, e basta.
E l’analisi calligrafica non può scomparire per questo, es­sendo inscindibile dalla let­tura di una parte altrimenti invisibile di noi, non meno di una radiografia o ecografia: come queste infatti sa legge­re dentro di noi, in quella zo­na a cui nessuna radiografia o ecografia può giungere, lo spazio misterioso della psi­che, nel senso antico e profondo di Anima. Certo, con minore affidabilità, es­sendo più ampio lo spazio di interpretazione.
Leggere la scrittura, di Barba­ra Majnoni d’Intignano (Ca­stelvecchi, pagine 222, euro 13,50), è, in questa prospetti­va, più di quanto dichiari il sottotitolo ( manuale pratico di grafologia ), pur mante­nendo quanto promesso. Ini­ziando il lettore ai fonda­mentali della grafologia ci in­troduce con un felice excur­sus antropologico e poi stori­co al rapporto dell’uomo con la scrittura, dai camuni, per ottomila anni, fino all’Età del Ferro, con i loro pittogrammi, ai Maya, con la scrittura a re­bus, ai cinesi con quella scrit­tura ideogrammatica, parte fonetica parte di segni, ai ge­roglifici egiziani. Fino alla sto­ria della scrittura nell’età mo­derna, alla relazione tra que­sta e il gusto nel barocco e nel­l’illuminismo, e fino, cosa fon­damentale, alla nascita della grafologia come disciplina, a opera di filosofi prevalente­mente tedeschi, le cui ricer­che verranno sistematizzate dal sacerdote Girolamo Mo­­retti, pienamente a cavallo tra i due secoli (1879-1962). Il li­bro passa poi a una parte pra­tica consistente nell’analisi della scrittura di personaggi celebri, che abbiamo assai gradito in questo mondo, co­me Giovanni Paolo II o di cui avremmo volentieri fatto a meno, come Adolf Hitler, ol­tre a protagonisti viventi del­la cultura e dell’industria e della politica che si sono sim­paticamente prestati, da Gi­no e Michele a Rocco Butti­glione, da Giorgio Albertazzi a Fausto Bertinotti (unica pec­ca: avrei preferito più artisti e meno personaggi pubblici o televisivi), collaborando a questo notevole studio dei rapporti dell’uomo con se stesso attraverso la parte più segreta e spontanea, la scrit­tura, il desiderio di mandare un segno a un altro, affinché sia letto e perduri.