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 2012  maggio 08 Martedì calendario

SE L’EUROPA VA COMPATTA CONTRO L’AUMENTO DEL DEBITO

L’aumento dello stock del debito pubblico nazionale dei 17 Paesi membri dell’euro, finalizzato al rilancio della crescita nell’Eurozona, è un tabù per i mercati. E il rallentamento del calo del debito/Pil negli Stati della zona dell’euro, dove questo rapporto orbita ben sopra il 60% e tende a salire da anni, è un altro tabù per i mercati, soprattutto quando i politici intendono tirare il freno sui tagli alla spesa pubblica e sul target del pareggio di bilancio. A spingere i mercati su questa linea, quella dell’estrema intransigenza dopo l’era del "risk free government debt", è stata l’Eurozona stessa. E spetta all’Europa dei 17 ora convincere i mercati che l’insediamento di nuovi governi di centro-sinistra o la formazione di coalizioni di governo con l’appoggio di partiti estremisti contrari al rigore e all’austerità non faranno deragliare i debiti pubblici nazionali dal percorso virtuoso della riduzione.
Per chiudersi in questo angolo, l’Eurozona ha consentito che il debito/Pil dell’area lievitasse dai 6.000 miliardi del 2007 agli 8.200 del 2011, dati Eurostat. Il debito/Pil della zona dei 17 è così passato dal 66,3% all’87,2 per cento. Questa la media. I singoli casi sono ancora più eclatanti, partendo dal 2006-2007 per finire ai nostri giorni: il debito/Pil irlandese è passato dal 25% al 113%, quello spagnolo dal 36% all’80% e va verso il 90%, quello portoghese dal 63% al 112%, quello francese dal 64% al 90% e quello italiano dal 103% al 123% per non parlare dei casi speciali come quello della Grecia, dal 105% al 160%, dell’Olanda dal 45% al 70%, con una Germania che non ha potuto fare a meno di ritrovarsi in area 80% dal 65 per cento.
L’esplosione del debito pubblico europeo è stata causata inizialmente da una serie di salvataggi bancari a carico dei conti pubblici (nella gran parte delle principali economie a eccezione dell’Italia), dalla conversione di debiti privati in debito pubblico, dalle falle dovute allo scoppio di bolle speculative immobiliari ma a seguire anche dalla perdita di competitività e produttività in modelli e sistemi economici che hanno stentato ad adattarsi ai dogmi della globalizzazione. Il caso della Grecia ha anche mandato ai mercati messaggi persino più inquietanti: nonostante la fitta rete di controlli a livello comunitario, il bilancio pubblico greco è stato truccato per nascondere i buchi e come conseguenza i titoli di Stato greci sono stati ristrutturati imponendo una perdita ai privati del 70 per cento. Questo in piena Eurozona. Nel frattempo, Irlanda e Portogallo devono ancora riuscire a provare che il modello di salvataggio Ue-Fmi funziona. E la Spagna deve ancora risolvere il problema della ricapitalizzazione delle banche e della spesa degli enti locali e territoriali. La recessione, dove soft dove hard, ha complicato ulteriormente il quadro.
Di titoli di Stato denominati in euro ne circolano oramai 5.985 miliardi, come ha calcolato Unicredit Research: di cui 5.303 a medio-lungo termine, 564 a breve termine (BoT e T-bill). Nell’Eurozona quest’anno sono attese aste di titoli a medio-lungo termine per 800 miliardi, per rimborsare i bond in scadenza e finanziare i deficit pubblici: ne sono stati collocati 340, ne mancano 460. Barclays ha stimato che tra il 2013 e il 2015, le emissioni lorde di bond governativi a medio-lungo in euro (Grecia, Irlanda e Portogallo esclusi) ammonteranno a 2.200 miliardi, una media di circa 700 miliardi l’anno. Ogni anno scadono nell’Eurozona 600 miliardi di titoli di Stato a medio-lungo termine e 800 miliardi di titoli a breve (scadenze tra 3 e 12 mesi).
Questa valanga di bond governativi in euro, che fino al 2009 passava quasi inosservata come quella denominata in dollari Usa e in yen, è diventata un problema mondiale da quando la moneta unica ha iniziato a vacillare. Ridurre il debito/Pil europeo e lo stock dei titoli di Stato in euro si può. I tempi lunghi dei pareggi di bilancio potranno essere accelerati con gli union bond e con i project bond: i primi tagliano le aste nazionali, i secondi alleviano i debiti pubblici dal finanziamento
delle infrastrutture.