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 2012  maggio 08 Martedì calendario

TUTTA L’EUROPA MANDA AL DIAVOLO FRAU MERKEL


Anche le amministrative italiane, così come le presidenziali francesi e le politiche greche le ha perse soprattutto Angela Merkel. La cancelliera continuerà pure a macinare vittorie in casa, ma fuori dai suoi confini si sta rivelando una sorta di mantide religiosa. Basta un suo abbraccio per trovarsi mezzi morti. Scomparso Nicolas Sarkozy, eclissato Lucas Papademos, tramortito Mario Monti insieme alla sua maggioranza. Perché i voti di questo week end hanno mille ragioni diverse in paesi diversi, ma quel filo più che evidente che accomuna i risultati di Parigi, Atene, Genova, Parma e Palermo, la débâcle dei partitoni che hanno dominato la politica in questi ultimi anni, il successo clamoroso di Marine Le Pen in Francia, neofascisti ed estrema sinistra in Grecia, grillini e singoli leader anti-sistema in Italia. Ovunque si voti in Europa i popoli a cui torna in mano un diritto e un potere a lungo negato, gridano la loro rabbia nei confronti del sistema dominante nel vecchio Continente, quello dell’Europa del rigore predicata dalla Merkel e imposta ai vari paesi divenuti semplici satelliti della Germania.
I primi commenti dei leader politici in Italia sembrano avere compreso poco o nulla di quel che è accaduto, sia dentro i confini patri che in Francia e in Grecia. Ieri nei vari salotti televisivi che commentavano il voto se da una parte comprensibilmente gli esponenti del centrodestra sembravano tramortiti da un ko indiscutibile, quasi tutti gli esponenti del centrosinistra da Piero Fassino a Francesco Rutelli cercavano di rinfrancarsi con la vittoria socialista in Francia. E spiegavano che c’è rigore e rigore, che si possono mettere le tasse su ricchi e super-ricchi con le agognate patrimoniali e coniugare rigore con la crescita. Sarà pure bagaglio buono per una campagna elettorale, e c’è da attendersi comizi e slogan su patrimoniali, equità e varie amenità. È però armamentario banale, che si illude solo di rispondere alla protesta che nasce forte dal cuore dei popoli, e dimostra una volta di più la mancanza di un coraggio politico di cui è ogni giorno di più priva la classe dirigente di questo paese.
Si potrà anche andare a caccia dei ricchi e superi ricchi, ma non bisogna illudersi: nei Paesi dove si sono messe superpatrimoniali si sono ricavati poco più che spiccioli rispetto ai bilanci pubblici. In compenso si getta benzina sull’odio sociale, con tutto quel che ne deriva. Ci sarà pure un’alternativa possibile in politica economica fra le ricette che provocano due suicidi al giorno e quelle che rischiano di lasciare sull’asfalto ogni dì due gambizzati. Il rigore che si attua oggi in Europa, che le classi dirigenti predicano e i popoli rifiutano, non cerca nemmeno una terza strada. E ormai ha dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio di non sapere unire alle ristrettezze di bilancio politiche in grado di stimolare la crescita. L’era dell’Europa dell’euro si sta chiudendo con un fallimento evidente certificato dalle sofferenze e dalle scelte dei popoli. Non si può fare altro che archiviarla, e se proprio si vuole stare tutti insieme, riscrivere regole e trattati mettendo in minoranza l’interpretazione della Merkel, buona per la Germania e letale per quasi tutti gli altri Paesi.
Rigore e crescita insieme non stanno. Certo non questo rigore, e non si cambia passo semplicemente scegliendo di usare il martello fiscale sulla testa di questo o quel corpo sociale. Come già accadde e fu concesso proprio alla Germania e alla Francia in tempi di precedenti crisi economiche, bisogna allentare i vincoli di bilancio, congelare fiscal compact e vecchi parametri di Maastricht e consentire ai Paesi membri di finanziare la crescita in deficit. Se poi lo si fa sfondando i parametri apertamente o fingendo di non farlo con l’esclusione di alcune partiti contabili (investimenti pubblici, pagamento debiti verso imprese etc...) dai conteggi di Eurostat, poco importa. Ma è la sola strada percorribile ora.

Franco Bechis